Senza cultura la democrazia è in pericolo [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 5 maggio 2022. La città in pillole. Un giorno, bisognerà ringraziare chi ha inventato “con la cultura non si mangia”. La frase è, ormai, un’opportunità per interrogarsi cosa sia la cultura. Lo ha fatto anche l’attuale ministro della cultura, nel suo ultimo libro, ribaltando il senso della frase con un punto interrogativo che interpella sullo stato di salute dell’art. 9 della Costituzione.

Come allora non richiamare alla memoria e al dibattito pubblico, quanto accadde nell’Assemblea costituente che affidò alla Repubblica lo sviluppo della cultura e la tutela del patrimonio culturale. Come non menzionare, Concetto Marchesi e Aldo Moro. Ne sono stati estensori e relatori. Uno latinista e l’altro giurista. Il primo comunista e il secondo democristiano. Idem sentire nel mettere in relazione la tutela del paesaggio e la ricerca.

Che straordinaria intuizione quell’unicum legislativo. Non ci può essere riconoscimento dei luoghi di vita individuale e collettiva – tale è il paesaggio – senza educazione, formazione, ricerca. Sommati, sono l’identikit della cultura. La deroga da questi pilastri fondativi preoccupa; perché, in pericolo, è la stessa democrazia. In tempi di assoluto spaesamento, la comparsa, nei talk più diffusi, per tacere della rete, di un vero e proprio squadrismo verbale e di linguaggi inappropriati, fa rimpiangere la severa ecologia della parola di questi due grandi.

Maestri, prima che sommi accademici. Bussola non solo nelle discipline di cui erano scienziati, di rango internazionale, e amatissimi docenti ma nelle pratiche di relazione e di reciproco riconoscimento. Se non si riconosce questo profilo, significa che non c’è cultura. Vero è che questa fa paura a ogni autoritarismo che, come sempre, si preannuncia nel linguaggio per inverarsi nelle azioni.

Ebbene sì. La cultura fa paura, se, ancora, interminabile è il catalogo delle distruzioni dei luoghi dove è stratificata la storia delle collettività. I due Buddha di Bamiyan, fatti saltare dai talebani, 20 anni fa, annunciavano i saccheggi nei siti archeologici e nel Museo nazionale di Kabul ma, contestualmente, misoginia, discriminazione, tortura, morte; praticate dagli stessi autoritari personaggi. Accadde quando fu fatto saltare, in Bosnia ed Erzegovina, il ponte di Mostar e a Sarajevo fu bruciata la Biblioteca.

Nella storia è accaduto spessissimo, anche a Cagliari. Ecco il senso dei musei: sono la più grande opportunità di confronto e di condivisione di memorie. A partire, finalmente, dal Museo archeologico nazionale di Cagliari.

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