Il benessere e il domani da progettare [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 22 dicembre 2022. La città in pillole. Arriva puntuale come il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere di Giacomo Leopardi, la 33ª indagine sulla Qualità della vita del Sole 24 Ore, con voti, classifiche, auspici e speranze. Certifica il livello di benessere nei territori.

Interessante perché viene dopo la prima pandemia vissuta a livello mondiale. Come le precedenti, si dirà. Dalla prima nell’Iliade o da quella di Atene nel V sec a.C., di cui narra Tucidide, il generale che capì della peste più di Pericle, o quell’altra che attraversò l’impero bizantino, nel VI secolo, e anche Cagliari, o l’ultima, raccontata da Alessandro Manzoni, definitivamente, a noi contemporanea per i comportamenti personali e sociali.

Ma la nostra, il Covd-19, è stata vissuta, rispetto alle altre, in simultanea, perché ha girato con mezzi veloci e sotto gli occhi dei media. Soprattutto, con soluzioni che hanno agito a livello planetario o, meglio, nella parte di mondo di cui, per tremila anni, delle pandemie si hanno narrazioni.

Pertanto, l’indagine del Sole 24 Ore conta assai nel nostro piccolo mondo antico, ancora, convinto di essere il baricentro. Qualora lo sia, Cagliari, a sua volta, può ridiventarne uno dei fulcri. Come negli ultimi 7000/6000 anni. O quasi. L’ascesa della città fino al diciottesimo posto della classifica interroga sugli indicatori. Specie su quelli che fanno la differenza e che appaiono indeboliti e, certamente, rivelatori di un futuro fragile.

Sono ambiente, cultura, istruzione, demografia. Riferiscono che Cagliari non progetta un domani di lunga durata e di largo respiro come, invece, racconta il suo interminabile passato. Se poi si confrontano i dati del Sole 24 Ore con quelli, certamente, più complessi presentati, di recente, dall’Ufficio Studi della Banca d’Italia, si intravede una sorta di sindrome minoritaria in chi ha la responsabilità della programmazione su scala regionale e urbana.

La classe dirigente che i cittadini eleggono per governare sembra, a tratti, quasi venire dietro ai processi prospettati altrove o da altri soggetti. Eterodiretta da gruppi esterni e, a scala locale, da imprenditori, terzo settore, gruppi informali che, individuato un obiettivo, lo conseguono.

Una prospettiva intrigante perché altrettanto politica per il suo essere progettante e, talvolta, democraticamente, partecipata dagli elementi più vitali della civitas. L’augurio? Il Natale porti altrettanta azione politica e più consapevolezza dei luoghi da amministrare. La città è tale se abita futuro.

 

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