Aldo, Lado e Braibanti [di Carlo A. Borghi]

Aldo Braibanti

“Il mio sguardo d’artista è sempre stato tattile anche quando era dotato di vista e mando avanti le mani così tocco le cose che non palperei se ci vedessi con gli occhi” – gli dicevo al telefono. Lui mi diceva: “Io faccio sempre più fatica a scrivere e quel poco che riesco a scrivere su foglietti di quaderno ogni volta sparisce insieme alla penna”. Anamorfosi, mentre gli parlavo. Immagini deformate ad arte per poter essere psicotrope. Mi trovo in viaggio nell’andito di una galleria prospettica e catottrica. Tutto qui è riflesso e rifrazione. In fondo al cannocchiale spunta una figuretta che mi aspetta. È Aldo Braibanti.

Solo un binocolo catottrico è capace di infilare una perspectiva curiosa alla Borromini, alla Niceron e alla Baltrusaitis di Anamorfosi o Thaumaturgus Opticus. Provo ad accorciare la distanza spazio temporale che mi separa da lui: da Cagliari centro a Castell’Arquato provincia di Piacenza. Visto così e da qui era piccolo come una formica, una delle sue tante e tanto amate compagne formiche. Castell’Arquato è un borgo medievale famoso per il suo torrione massiccio e arcigno, a un tiro di schioppo o di balestra da Fiorenzuola d’Adda dove Aldo Braibanti è nato. Nel dopoguerra, in quel Torrione lui ed altri audaci poeti e musicisti (tra i quali Marco Bellocchio e Silvano Bussotti) avevano sperimentato accoppiamenti tra parola e suono e l’unione tra arte e vita. Aldo Braibanti viveva in un piccolo appartamento moderno incastonato tra filari di case a schiera.

Piccolo soggiorno, camera da letto, cucina e bagno. Viveva lì da quando era stato sfrattato dalla sua dimora storica a Portico d’Ottavia, in Roma. Nei pochi metri quadri che occupava non c’era posto per i suoi vasti archivi cartacei. Sono finiti segregati in un deposito. Quelli sono tutta la sua eredità materiale e intellettuale ma inaccessibili. Ci sentivamo al telefono, abbastanza spesso. Alla fine degli anni 70 era sbarcato a Cagliari con la sua compagnia teatrale chiamato da Spazio A all’interno di una rassegna di teatro sperimentale e controculturale. Il nostro uomo-formica emetteva ormai una voce sottile e filante come un violino pizzicato ad arte o una chitarra elettrica suonata coi denti. Quella voce aveva 91 anni ma non li dimostrava. Lui sosteneva di averne 93. Tutto un secolo, suppergiù. La sua voce era a tratti limpida e a tratti distorta e deformata come una anamorfosi. Era una voce ecologica e anarchica priva di scorie tossiche. Bastava il suo suono per recuperare tutto l’archivio della sua condizione umana e artistica.

Lui era Formica ma a momenti era anche cicala e in quanto tale cantava e suonava come suonerebbe un Bussotti, uno Scelsi o una rondine. Osservandolo e ascoltandolo in una perspectiva obliqua prendeva l’aspetto di uno scarabeo. Lo scarabeo conserva l’idea del sole lassù e trattiene la sostanza della terra quaggiù. Siamo sempre stati dalla sua parte, fin dai tempi del processo per plagio. Siamo stati ancora dalla sua parte più in là al momento dell’assegnazione, in base alla Legge Bacchelli, di un vitalizio come cittadino illustre in stato di necessità e ancora più in là ai tempi dello sfratto esecutivo.

Dopo 45 anni resta ancora sul mio tavolo il volume di interventi intitolato Sotto il nome di plagio – Bompiani – 1969. Quattro pagine di Alberto Moravia con il titolo La cultura sotto accusa. Cento pagine di Umberto Eco con il titolo Le parole magiche. Trentaquattro pagine suddivise tra Adolfo Gatti, Mario Gozzano, Cesare Musatti con il titolo Il parere degli esperti. Quarantacinque pagine di Ginevra Bompiani con il titolo L’opinione pubblica rifà il processo. In copertina El sueno de la razon produce monstruos. La pratica semiologica contro la censura repressiva. Copie disperse, invendute o usate si possono trovare in qualche bancarella di libraio di strada. In quel momento l’anticonformismo di stampo beat e beatnik, attraversando il Mar Rosso dell’Autunno Caldo, mutava in anticonformismo schierato e politicizzato. Il perbenismo supernutrito dal consumismo restava un osso duro. In quel momento il modulo lunare e il modello di vita americano sbarcavano sulla Luna.

Ora Aldo, anche via telefono, era come uno di quegli insetti che quando ci sono testimoniano della salubrità dell’aria, della terra, dell’acqua e del fuoco. Come una lucciola, quindi c’è speranza, da qualche parte. Come un Minotauro in un labirinto o in una galleria prospettica, quindi c’è speranza. Il marchio Barilla nel 1987 si era ingoiato il marchio Pasta Braibanti. L’Italia è fatta di pasta, pizza e perbenismo. Si sa cosa c’è dove c’è Barilla. Ora, dove c’era Aldo c’era Lado, il suo piccolo cane di compagnia, poeta anche lui.

Lado anagramma e anamorfosi di Aldo. Un tris di primi: ateismo – marxismo – anarchismo in salsa omosessuale ed ecologista. Allora ai tempi del boom e del post-boom faceva la differenza. La voce di Aldo faceva ancora la differenza. Passa uno scarabeo, per sua sfortuna sul pavimento di sole piastrelle. Non è il suo terreno. La sua casa sarebbe la nuda terra, quella coltivata e fertilizzata dallo sterco di mandrie. Non sa che fare o cosa dire, non sa cosa arrotolare per rappresentare il sole che comunque ci è e ci fa. Intanto acchiappa una spaesata e scompagnata formica e se la mangia.

Volendo risvegliare lo sguardo e contemporaneamente riposare gli occhi dentro una deformazione prospettica torna utile una visita al Collegio di Trinità dei Monti tra le seicentesche anamorfosi di Jean Francois Niceron e Emanuel Maignan con San Francesco di Paola in preghiera e San Giovanni che scrive l’Apocalisse.

Epilogo: notte del 6 e alba del 7 aprile – a Cagliari arrivano le rondini – a Fiorenzuola d’Adda si spegne Aldo Lado Braibanti. Il piccolo Lado lo ha badato fino al suo ultimo respiro. Le ceneri di Braibanti verranno disperse tutte, meno un pugno di polveri che andrà nella tomba di famiglia. Continuava a tenersi distante dal vuoto di senso del post-modernismo liberista e mercantista. Contava tanto sulla interazione e sulla tensione dialogica tra i corpi. Aldo è lì, nella sua antologia frammento-frammenti. Intanto, il cane Lado cerca famiglia.

One Comment

  1. GIANDOMENICO CURI

    UN TESTO CHE E’ UNA MERAVIGLIA! DAVVERO. UNA DELLE COSE PIù BELLE LETTE SU BRAIBANTI. GRAZIE

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