Le vittime di un’elezione imprevedibile e radicale [di Michele Ainis]

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Corriere della Sera 10/06/2006. Il caro estinto avrà anche lasciato qualche vedova. Non molte, a giudicare dagli ultimi risultati elettorali, dove i funerali del Centro si sono consumati in una chiesa vuota di fedeli. Tracollo dei centristi e dei centrini, astensionismo record (50,5%); e i due fenomeni sono indubbiamente collegati. Però sul primo non abbiamo letto neppure un necrologio, mentre il secondo riceve per lo più letture minimali, quando non venga addirittura sventolato come un indice di maturità della democrazia italiana.

Difficile da credere, se c’è da credere alla verità dei numeri. Mettiamo pure in un cassetto i ricordi della nonna, dimentichiamoci le prime otto elezioni generali (1948-1979), con un’affluenza mai inferiore al 90% del corpo elettorale. Ma sta di fatto che le Politiche dell’anno scorso hanno segnato il minimo storico in Italia (75%). E sta di fatto inoltre che, fra il primo e il secondo turno di queste Amministrative, si è dileguato un elettore su cinque (21% in meno di votanti). Se è il passaggio alla maturità, suona fin troppo repentino: nessun adolescente imberbe si sveglia con la barba lunga dalla sera alla mattina.

Ma è altrettanto fulminante – di più: brutale – la scomparsa dei partiti di centro, equidistanti fra la destra e la sinistra. Perché non è affatto vero che quello spazio politico sia stato risucchiato dai gorghi della Prima Repubblica. Non è vero che la Democrazia cristiana morì senza lasciare eredi. E non è vero che la Seconda Repubblica abbia poi allevato un bipolarismo duro e puro. In questi vent’anni si sono sempre fronteggiati un centro-destra e un centro-sinistra, ecco com’è andata.

Alleandosi ora con l’uno ora con l’altro, Casini, Mastella, Dini, Segni, Follini, Buttiglione ne hanno determinato le fortune. Marciavano divisi, ma le loro truppe non erano affatto esigue: per dirne una, alle amministrative del 1998 le formazioni di centro raccolsero il 25% dei consensi. Ciascuna fiera della propria identità centrista, come testimonia per esempio lo slogan elettorale dell’Udc nel 2006 e nel 2008 («Io c’entro»).

Semmai la differenza con mamma Dc stava negli atteggiamenti, nelle strategie politiche. La prima – per usare le categorie di Norberto Bobbio – formava un centro «includente», con la pretesa d’assorbire la Destra e la Sinistra, d’annullarle in una sintesi superiore. Mentre i suoi nipotini hanno rappresentato un Centro «incluso», cercando il loro spazio fra le ali, senza però negarne la legittima esistenza. Ma adesso?

L’ultima incarnazione del Centro – quella tecnocratica di Monti – ha rastrellato alle Europee un misero 0,71%, passando in un anno da 3 milioni a meno di 200 mila voti. Ormai Scelta civica ha più eletti che elettori. E in generale il Centro incluso è stato escluso, il Centro includente è diventato inconcludente.

Sicché la domanda è una soltanto: perché? Quale virus letale ha sterminato quest’antica dinastia politica? Può darsi sia lo stesso virus che in Italia sta uccidendo il ceto medio, tradizionale serbatoio di voti per i partiti moderati. Può darsi che agisca il disincanto rispetto ai troppi fallimenti dei politici centristi nel passato. O può darsi che la colpa sia dei pensionati, dato che alle nostre latitudini ospitiamo la popolazione più vecchia del pianeta (ci supera soltanto il Giappone). È la diagnosi di Grillo per spiegare il suo deludente risultato, anche se lui non è di centro: la Dc praticava la politica dei due forni, Grillo invece cuocerebbe i suoi avversari al forno. Però è indubbio che i vecchi dovrebbero essere assennati, mentre i nostri vecchi sono disperati. Ed è altrettanto indubbio che nel corpaccione della società italiana circola una rabbia livida, impaziente, che erompe nelle urne attraverso scelte estreme.

Da qui un umore instabile e nevrotico, che ad ogni elezione ci consegna una sorpresa. A sinistra cade Livorno dopo settant’anni, espugnata dal Movimento 5 Stelle. A destra cade Pavia, ma in tutto i ribaltoni sono stati 13 nei principali capoluoghi. Ormai la sorpresa sarebbe l’assenza di sorprese. Non è più troppo sorprendente, tuttavia, la direzione del voto, o anche del non voto. L’uno e l’altro esprimono una furia iconoclasta, un anelito alla rottamazione universale, per usare la parola più alla moda. Gli italiani sono diventati radicali, ecco perché il Centro non trova più seguaci. Di conseguenza sono diventati radicali anche i politici italiani, senza più mezze misure.

Magari è meglio così, la nostra crisi non si cura con il misurino. Tutto sta a non perdere il senso della misura.

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