Senza prendere per i fondelli [di Raffaele Deidda]

Pubblica-Amministrazione

Anni fa effettuai corsi di comunicazione per i dipendenti del comune di Cagliari, categoria uscieri. In seguito sarebbe stato il turno di impiegati e funzionari. Avevo già svolto le stesse attività per quadri e dirigenti della Regione ed ero più incuriosito che preoccupato di passare dai dirigenti della Regione agli uscieri del Comune. Si diceva che sarebbe stato un problema “tenere a bada” gruppi di 25 uscieri senza rischiare la caduta dell’attenzione e l’anarchia in aula. Si lavorò invece proficuamente. Bandite giustificazioni e resistenze al cambiamento con alibi del tipo: “Si, noi vorremmo ma i funzionari non ci permettono..” o “Queste cose le dovete dire ai dirigenti…ai direttori generali…ai politici”. Nelle organizzazioni ogni componente, senza distinzioni di grado e di qualifica, è tenuto a fornire la prestazione lavorativa al massimo della qualità in base al ruolo ricoperto.

Raggiunto l’accordo che sarebbero state visitate le tecniche più opportune per migliorare la comunicazione ed il rapporto fra cittadino ed Ente pubblico di cui gli uscieri erano il front office. Molti di loro non si erano conosciuti prima ma trovarono stimolante lo scambio di esperienze e manifestarono interesse anche per i termini bench marking e best practice, di cui acquisirono significati ed utilità per le loro mansioni e i loro ruoli. Narrarono esperienze di relazione e di come si erano risolte con un approccio adeguato a situazioni potenzialmente conflittuali, tali da porre in cattiva luce l’Ente.

Uno raccontò di un cittadino (“sa…di quelli in canottiera e pieno di tatuaggi”, disse) che si era presentato esagitato e aggressivo in Comune urlando: “Bollu una domu, o sciasciu tottu!” (“Voglio una casa o spacco tutto!”). L’usciere lo aveva invitato alla calma, spiegandogli che per richiedere un alloggio era necessario fare una richiesta scritta ed essere inserito in una graduatoria. Lo aveva blandito facendosi raccontare da cosa nascesse il suo bisogno, come avrebbe voluto fosse la casa, di quante stanze e quali altre caratteristiche dovesse avere. L’aveva aiutato a compilare il modulo. Il cittadino aveva lasciato gli uffici del Comune tranquillo e soddisfatto.

Riportai ad un altro gruppo la storia e uno chiese se si potesse definirla un esempio di “best practice”: “Dunque, arriva un cittadino incazzato, di quelli in canottiera e pieno di tatuaggi. Minaccia di sfasciare tutto se non gli daranno una casa, giusto? Poi interviene il collega usciere che gli dice: ‘calmarì, ndi chistionaus…cummenti da bolis sa domu, de cantu stanzas, etc. (‘calmati, parliamone…come la vuoi la casa, di quante stanze etc’).Boh..”

“Quindi? Prosegua, prego”, dissi. “Ma le pare credibile che quel cittadino così arrabbiato si sia lasciato convincere dal collega? So io cosa sarebbe successo, sì.” “Ce lo dica”, spronai. “Sarebbe successo che quel signore avrebbe afferrato il collega per il colletto e gli avrebbe detto: ‘ma.. ita mi ses pighendi po culu?’ (‘ma… mi stai prendendo per i fondelli?’). Esplose la risata.

Quel giorno si è affermato un principio universale: la Pubblica Amministrazione deve venire incontro alle esigenze dei cittadini e soddisfarne, laddove possibile, i bisogni. Non può permettersi, però, di prenderli per i fondelli.

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