La rivoluzione “personal” [di Leonardo Mureddu]

Regency-casco

Sessant’anni fa, era l’autunno del 1954, nel mondo si diffuse come una fiammata nell’alcol una novità magica, evocativa, misteriosa: la radio a transistor. Il piccolo ricevitore in grado di stare comodamente in una tasca o in una borsetta e di riprodurre molte ore di musica e intrattenimento con una piccola batteria.

Il primo fu il modello “TR1” prodotto a Indianapolis col marchio “Regency”. La storia della prima “radiolina” è lunga e interessante, la si può leggere, con documenti audio e video, in uno dei tanti siti americani dedicati a questo tema, per esempio www.regencytr1.com. Tra l’altro si scopre che la produzione di una radio a transistor era da tempo una “patata bollente” che le grandi aziende si passavano l’una all’altra, per la paura di un fiasco commerciale. La grande Texas Instruments, leader nella produzione di semiconduttori, teneva da mesi nel cassetto un prototipo perfettamente funzionante, ma trovava sempre qualche scusa per rimandare il lancio. Ci voleva una piccola azienda, giovane e dinamica, e senza troppo da perdere in caso di insuccesso. Ma fu un successo, anzi, un boom.

Prima di quel momento la radio era un mobile della casa, collegato alla rete elettrica e a un’antenna, oppure era un costoso accessorio per le auto di lusso. Esistevano anche le radio portatili, ma le valvole richiedevano grosse batterie che andavano sostituite piuttosto spesso. Dunque, l’ascolto della radio era un’esperienza il più delle volte collettiva, come il cinema e in seguito la televisione. L’immagine è quella di un salone ben arredato, con una buona acustica e delle comode poltrone, dove la famiglia si intrattiene in un piacevole ascolto della radio.

Il piccolo transistor propone per la prima volta il concetto di “dispositivo elettronico personale”, e rende finalmente “wireless” ciò che prima dipendeva sempre da un filo, almeno per l’alimentazione. Aggiunge libertà, ma questa volta non alla comunità, ma al singolo individuo.
Casualmente, ma non troppo, lo sviluppo della radio a transistor coincide con un’altra rivoluzione, quella del Rock & Roll, nell’immagine collettiva inscindibile da un’idea di spazi liberi, di indipendenza, di gioventù. Una radio a transistor poggiata su un muretto, che miagola gli assoli frenetici di una chitarra elettrica, circondata da ragazzi in jeans e maglietta, ecco l’immagine. Ma anche una bella signora, costretta a lunghe ore sotto il casco per avere la permanente all’ultima moda, può finalmente abbandonare le noiose riviste e dedicarsi all’ascolto della radio.

Poi ci pensarono i giapponesi a elaborare fino alle estreme conseguenze il concetto di miniaturizzazione, riducendo dimensioni e prezzi. Ma soprattutto diffondendo il concetto di “personale”, che da allora si radica in ogni aspetto della nostra vita: ascolto, visione, scelte musicali, e poi il personal computer, il telefono cellulare, il navigatore satellitare, il personal trainer (ma questa è un’altra storia).
* Tecnologo Istituto Nazionale di Astrofisica, Cagliari

 

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