L’insostenibile leggerezza della generazione dei “Bombamore” [di Silvano Tagliagambe]
Quando Tony Blair, il leader laburista del Regno Unito, culla della democrazia occidentale, decise di dare, con tutto il prestigio del suo paese, un sostegno pesante e decisivo alla campagna di Bush junior per abbattere Saddam Hussein ed “esportare la democrazia” in Iraq questa scelta fu osannata da intere schiere di esponenti della nomenclatura, analisti, commentatori, giornalisti di tutta Europa. Italia compresa. Anzi i nostri opinion leader furono tra i più zelanti seguaci dei due crociati. Fiumi di inchiostro e intere pagine di quotidiani e periodici furono sprecati per spiegare quanto fosse avveduta e indispensabile quella mossa: gli sparuti oppositori e i pochi che eccepivano e avanzavano dubbi furono additati al pubblico ludibrio come nemici delle libere istituzioni e dell’esigenza di salvaguardare i sacri valori dell’Occidente. Oggi, In vaste zone della Siria e dell’Iraq “liberato”, è stato costituito un califfato il cui obiettivo dichiarato è quello di ridefinire gli interi confini del Medio oriente. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante si estende da Aleppo, nel nord della Siria, alla regione di Diyala, nell’est dell’Iraq. Attualmente occupa un territorio di più di 35mila chilometri quadrati con oltre 6 milioni di persone che vivono sotto il suo controllo. La rapida conquista del territorio iracheno, oltre a quello siriano, da parte di queste sedicente Stato dimostra con brutale e incontestabile evidenza tutta la fragilità della soluzione messa in piedi con la forza delle armi dai liberatori occidentali. I patriarchi cattolici e ortodossi del Medio Oriente, riuniti all’inizio di settembre a Bkerké, in Libano, hanno tirato le somme e fatto il bilancio di quella scelta sciagurata: il popolo cristiano d’oriente è assediato dai jhadisti e costretto ad abbandonare terre nelle quali era insediato da 20 secoli, 14 dei quali condivisi pacificamente con i musulmani, arrivati 600 anni dopo la nascita di Gesù. Il Califfato Islamico ha emesso un decreto che obbliga i cristiani a convertirsi all’Islam o a pagare la jiziya, la tassa imposta alle minoranze non musulmane per poter restare lì, naturalmente con la N di Nazareno sul muro, per chiarezza e conseguente minaccia. L’appartenenza religiosa viene dunque equiparata allo statuto di minoranza etnica. La scadenza imposta è perentoria: due giorni di tempo per decidere, trascorsi i quali l’unica possibilità per i cristiani è quella di abbandonare le proprie case e proprietà per evitare di essere massacrati. Nel frattempo la chiesa degli armeni è stata privata della croce, trasformata in un centro culturale islamico, dove si insegna la sharia. Quale sia la democrazia esportata in Iraq e la sua capacità di rappresentanza e di tenuta è sotto gli occhi di tutti: così come nessuno può negare che il brillante risultato che si è ottenuto, in cambio di questo simulacro, è la forzata emigrazione in massa di coloro che fino a questo momento hanno assicurato concretamente la continuità della presenza dei valori che sono orgoglio e vanto della civiltà occidentale. Un esito così disastroso e inequivocabile nella sua fin troppo eloquente accumulazione di insuccessi avrebbe dovuto stimolare almeno un minimo di riflessione autocritica da parte di coloro che, con i loro strepiti starnazzanti, hanno fornito un rumoroso consenso di massa all’azzardo dei due “campioni della democrazia” Tony e George W. Nulla di tutto questo. Il grido di dolore del Patriarca di Antiochia dei Siri Mar Ephrem Joseph Younan è stato liquidato con nonchalance, l’accorato appello alla coscienza degli uomini di buona volontà del cardinale libanese Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, che ha parlato di piaga dell’umanità che esige una reazione forte e chiara, non ha avuto alcun seguito, così come è calata una imbarazzata cortina di silenzio sul disgusto ostentato da papa Francesco per l’indifferenza della Comunità internazionale, dell’Unione europea e delle opinioni pubbliche mondiali di fronte a questa tragedia. Le armi di distruzioni di massa, pretesto per dare il via alla campagna di imposizione della democrazia con la forza degli eserciti, si sono rivelate virtuali, al contrario di quelle, moderne, sofisticate e soprattutto “tangibili”, di cui possono disporre i fondamentalisti islamici, sostenuti anche finanziariamente, come se non bastassero i proventi dei giacimenti petroliferi di cui è ricco il territorio da loro occupato, da diversi Stati arabi. Così, a furia di esportare la democrazia a colpi di artiglieria pesante e con la copertura di bombardamenti tanto intelligenti da mietere un numero sempre maggiore di vittime innocenti, stiamo realizzando il sogno, aggiornato alla situazione geopolitica attuale, del mitico dottor Stranamore: causare un muro contro muro, uno scontro distruttivo tra due mondi, l’Oriente arabo musulmano e l’Occidente cristiano. Esito di cui possono menare legittimamente vanto tutti coloro, governanti, politici, intellettuali, opinion leader e via dicendo, che in tutti questi anni si sono impegnati a insegnare, “al colto e all’inclita”, a “non preoccuparsi e ad amare la bomba”, come recitava, profeticamente, il sottotitolo del film di Stanley Kubrick. |