Il politico e il barbiere [di Silvano Tagliagambe]

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Nel suo contributo che riprende e sviluppa le mie considerazioni su Talete, il pozzo e le stelle, Vito Biolchini fa un’osservazione arguta e cruciale. “Anche gli intellettuali”, quelli ‘prestati alla politica’ egli scrive, “hanno bisogno degli intellettuali (così come nessun chirurgo si opera da solo e perfino il Papa va a confessarsi da un prete qualunque). L’attività politica ai massimi livelli scaraventa su chi è chiamato ad avere responsabilità una quantità tale di informazioni che non può essere elaborata da una sola persona. Per questo chi governa ha bisogno di essere sostenuto idealmente da un movimento culturale, e praticamente da uno o più riscontri esterni”.

Questa sua argomentazione ripropone una celebre questione. Un certo villaggio ha tra i suoi abitanti un solo barbiere. Egli è un uomo ben sbarbato che rade tutti – e unicamente – gli uomini del villaggio che non si radono da soli. La domanda è: “Chi rade il barbiere?”. Se si fa la barba da solo, viola la premessa secondo cui egli rade tutti gli uomini del villaggio che non si radono da soli. Se non si rade, allora il barbiere viola la premessa secondo cui egli rade tutti gli uomini che non si radono da soli.

Ridotta ai suoi termini più semplici, questa situazione ci pone di fronte a due insiemi di uomini del villaggio: coloro che si radono da soli e coloro che non si radono da soli e, dunque, si fanno radere dal barbiere. Il problema effettivo è: a quale gruppo appartiene il barbiere? Di fatto, a nessuno dei due, in quanto, come si è visto, la sua presenza nell’uno o nell’altro produce una conclusione contraddittoria.

Il paradosso, presentato per la prima volta in questa forma nel 1918 dal filosofo inglese Bertrand Russell, è la versione semplificata di un altro paradosso del medesimo autore, quello dell’insieme di tutti gli insiemi che contengono se stessi come propri elementi, con il quale Russell smontò, in una lettera datata 16 giugno 1902, il proposito di Frege di fondare la matematica su basi logiche inconfutabili. La missiva giunse proprio mentre il secondo volume degli Grundgesetze der Arithmetik era in procinto di essere stampato.

Comprendendo subito le difficoltà che il paradosso poneva, Frege con grande signorilità e onestà intellettuale, scrisse: “Uno scienziato può difficilmente scontrarsi con qualcosa di più indesiderabile che avere i fondamenti spazzati via proprio quando il lavoro è terminato. Sono stato messo in questa situazione da una lettera del signor Bertrand Russell, quando l’opera era in procinto di essere data alle stampe”. A causa di queste vicende, alla fine egli si sentì costretto ad abbandonare molte delle sue idee sulla logica e la matematica. Questo per far capire l’impatto devastante che ebbe questa antinomia.

Evidentemente – così argomenta Biolchini – in Sardegna ci sono intellettuali che si mettono, unilateralmente, nei panni del barbiere di Russell. Essi ragionano così: “Gli intellettuali sono – per definizione – coloro che hanno la nobile funzione di aiutare tutti coloro che non sanno risolvere i loro problemi da soli. Io, anche ora che ho incarichi politici, non smetto per questo di essere un intellettuale. Ergo, per poter continuare a far parte di questo insieme, devo aiutare gli altri e governarli senza dover essere, a mia volta, aiutato. Altrimenti sarei un politico qualunque e non un intellettuale prestato alla politica, come mi onoro di essere”.

Ciò che manifestamente non torna in questo modo di pensare è un aspetto nascosto nelle pieghe dell’antinomia di cui ci stiamo occupando. Se passiamo dal piano della logica a quello del vissuto, il barbiere non può continuare a essere “un uomo ben sbarbato” se non si risolve a venire in qualche modo a capo della situazione paradossale in cui Russell lo ha messo. O si rade da solo, o sceglie di andare in un altro villaggio a cercare un suo collega. Ed è questa la scelta cruciale che, passando anche qui dal piano della logica a quello dell’esperienza quotidiana, devono compiere gli intellettuali che sono al governo, in questa regione come altrove.

O imboccano la via seguita persino dal Papa, che pur con tutta la sua autorità – fa bene Biolchini a ricordarcelo – non si confessa mai da solo e si confida con un prete qualunque, senza per questo sentirsi minimamente sminuito nella sua autorevoilezza, o rischiano di ridurre la Sardegna a una terra incolta per mancanza non di un barbiere che la sappia radere, ma di politici che la sappiano governare.

L’unica soluzione possibile per evitare questo esito infausto è quella di uscire dalla logica delle consorterie chiuse per entrare finalmente in quella di una società aperta, Che, lo ricordiamo a beneficio dei distratti, per Popper è, fondamentalmente, una società tollerante in cui vengono non solo ammesse, ma incoraggiate e valorizzate le peculiarità, le capacità e le competenze di tutti e, più in particolare, il pensiero critico e la contestazione dei tabù.

Una società nella quale ciascuno può diventare il creatore del proprio destino, anziché un profeta, ascoltato o inascoltato che sia.

One Comment

  1. carla deplano

    Le interessanti riflessioni di Tagliagambe e Biolchini ci pongono di fronte ad un’annosa questione: quis custodiet ipsos custodes? Dopo l’insieme di insiemi, il chirurgo, il barbiere del villaggio e il Papa mi viene in mente lo psicologo che ha bisogno del proprio psicologo …

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