Liberi di scegliere [di Redazione]

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Caro Augias, ho 64 anni, nell’agosto del 2011 mi è stata diagnosticata la SLA, scrivo grazie ad un computer a comandi oculari. Dalla metà del 2013 sono immobilizzato, con un tubo che collega, 24 ore al giono, il mio naso ad un respiratore meccanico. Non avendo più il riflesso difensivo della tosse mangio e bevo con il terrore che qualcosa vada di traverso …”.

Questo è l’incipit di una lettera lucida e terribile che Walter Piludu ha inviato a La Repubblica a cui risponde Corrado Augias. Walter è uomo noto a Cagliari e in Sardegna, segretario della Figc, presidente della Provincia di Cagliari, ora è costretto ad essere prigioniero del proprio corpo. Chiede di poter decidere del suo fine vita. Chiede che ciò avvenga nella sua Terra, circondato dai suoi affetti e non in Svizzera dove sarebbe possibile.

Walter sa e lo scrive, che quella decisone implica scelte filosofiche, religiose e morali, che nella nostra società sono ancora in molti a non concepire la libertà di scelta e su come porre fine, se lo si desidera, alla propria esistenza; scrive anche che è giusto che si ci possa ritrarre dalla decisone anche all’ultimo momento, nel caso lo si voglia. Eppure vi è l’impressione che una richiesta come questa passerà ancora una volta nel silenzio. Si leveranno voci, che senza mai nominarlo, parleranno di eugenetica, di omicidio legalizzato, mentre in molti ospedali avviene che una eutanasia pietosa accada in maniera segreta e mai confessabile.

Siamo nel regno dell’ipocrisia spinta, si fa ma non si dice. Walter con la sua lettera, rivendica il diritto a richiedere una morte dignitosa, l’ultimo bisogno che a lui ed ad altri viene negato. Quanta differenza dall’amore predicato alla crudeltà dei dogmi. Eppure i tempi sono maturi, la libertà di scelta è sempre di più valore acquisito in fasce ampie della nostra società. Solo blocchi culturali e se si vuole, di interpretazioni religiose restrittive, lo vietano.

Ma fino a quando? Walter non combatte una battaglia solo per sé, lo fa per tutti noi, per il nostro diritto inalienabile ad una fine dignitosa. Noi non possiamo che esprimergli tutta la nostra gratitudine, per la forza d’animo e il coraggio che dimostra in questa sua esperienza. Che il suo grido venga accolto. Noi per quel che possiamo contribuiremo a diffonderlo.

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