L’espansionismo dei Sardi nuragici nel Mediterraneo occidentale (2) di Massimo Pittau

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Le Isole Baleari. Circa l’espansionismo dei Sardi Nuragici nel Mediterrano occidentale interviene una importante notizia di Stefano di Bisanzio, il quale parlando delle Baleari le definisce «isole tirreniche» e «isole attorno alla Tirsenia» (perhì tēn Tyrsēnían) (StSN § 55).

A questa notizia i moderni studiosi della civiltà degli Etruschi – come abbiamo visto, chiamati anch’essi Tirreni o Tirseni in virtù della loro parentela coi Sardi Nuragici o Tirreni/Tirseni della Sardegna – non hanno attribuito mai alcuna importanza, anzi l’hanno lasciata cadere del tutto. E ciò è avvenuto evidentemente perché già a prima vista risulta molto problematico accettare la tesi di una presenza dei Tirreni dell’Etruria nelle troppo lontane isole Baleari e inoltre queste non risultavano affatto «attorno all’Etruria».

Quella notizia di Stefano di Bisanzio invece può e deve essere accettata come fondata, purché si ritenga che i Tirreni presenti nelle Baleari fossero non gli Etruschi della lontana Penisola Italiana, bensì i loro consanguinei Tirreni della vicina Sardegna e inoltre che la «Tirsenia» attorno alla quale si trovavano le Baleari fosse non l’Etruria, bensì l’isol di Sardegna. Questa nostra interpretazione è confermata in maniera clamorosa dal fatto che esiste in Sardegna, a stretta vicinanza della costa sud-orientale, cioè “tirrenica”, dell’isola il villaggio di Tertenía, il cui nome corrisponde quasi perfettamente alla Tyrsēnía, citata da Stefano (TSSO 926).

Però anche a questo proposito sono in primo luogo i numerosi e chiari monumenti e reperti archeologici quelli che spingono a ritenere che la civiltà degli antichi abitanti delle Baleari fosse anch’essa una propaggine della civiltà nuragica della Sardegna. Sia sufficiente fissare l’attenzione su queste strettissime e chiarissime corrispondenze archeologiche: innanzi tutto i cosiddetti talayots balearici corrispondono esattamente, nella struttura architettonica e nella destinazione religiosa e pure funeraria, ai nuraghi della Sardegna. Considerato poi che nella sola piccola isola balearica di Minorca ne sono stati contati ben 195, si aveva ben ragione a considerare anche i Baleari “Tirreni“, ossia «costruttori di torri»! (StSN § 55).

In secondo luogo le tombe baleariche chiamate navetas (= «navicelle») corrispondono perfettamente alle tombe nuragiche chiamate “tombe di gigante” o gigantinos, le quali anch’esse hanno la forma di una barca capovolta e con una poppa tagliata e appiattita. Solo che in generale i gigantinos sardi hanno assunto anche un’altra forma architettonica e pure simbolica, dopo che la originaria sagoma della navicella si è trasformata in quella della sacra protome taurina, col prolungamento della poppa tagliata della barca nelle due ali laterali imitanti le corna del toro.

Inoltre è certo che sia le navetas baleariche sia i gigantinos sardi a forma di barca in effetti corrispondono, nel loro valore simbolico e religioso, alle «navicelle funerarie» nuragiche, che si ricollegano alle «navicelle funerarie» degli antichi Egizi, con le quali essi ritenevano che i defunti facessero il loro ultimo viaggio verso l’oltretomba. Però la simbologia funeraria della barca “capovolta” innanzi tutto rispecchia il tumulo di terra che si determina sempre su una salma che sia sepolta nel terreno; in secondo luogo è legata all’altra concezione propria degli Egizi secondo cui quello dei morti sarebbe il “mondo dei capovolti“; in terzo luogo è legata alla concezione, comune a molti popoli antichi, secondo cui l’astro della Luna/Proserpina, dea della notte e del mondo tenebroso dei morti, fosse anch’esso una navicella che navigava nel cielo (StSN § 55).

Ancora è da citare il fatto che il culto della bipenne, quello della svastica e quello del toro, come simboli del dio Sole, sono attestati nelle Baleari proprio come nella Sardegna nuragica. Poi è ancora da citare il ritrovamento a Maiorca di spade che hanno l’impugnatura a forma di “antenne“, simili a quelle ritrovate in Sardegna e pure in Etruria.

Infine sul piano delle usanze funerarie è da ricordare quella degli antichi Baleari di gettare dei sassi sul cadavere di un individuo morto, fino a crearvi sopra un grosso cumulo; usanza che è esistita anche nella Sardegna interna fino ai primi decenni del Novecento (StSN § 55).
Sul piano linguistico innanzi tutto è da citare la quasi perfetta corrispondenza del toponimo Baleari (lat. Baleares, greco Baliarheĩs) col nome di un antico popolo della Sardegna chiamato Balari (Balarhói) da Pausania (X 17, 9).

In secondo luogo è notevole il fatto che dal noto Itinerario di Antonino di epoca imperiale romana l’isola di Minorca sia chiamata Nura, ossia esattamente come viene chiamata dal medesimo Itinerario l’importante città sarda di Nora, nel golfo di Cagliari, e così pure un antico centro abitato della Sardegna nord-occidentale, che ha lasciato il suo nome alla zona della Nurra, posta fra Sassari, Porto Torres ed Alghero. D’altra parte è anche molto probabile che l’appellativo *nura, corrispondente al nome delle tre citate località sarde e balearica, sia la base del vocabolo nuráke/nurághe, come lascia intendere anche una antica favola eziologica che presentava la città di Nora come fondata da Norake proveniente da Tartesso nella Iberia meridionale (Pausania X 17, 5; Solino IV, 1; Sallustio hist. rel. II, 5).

Questa città era famosa per la ricchezza dei suoi giacimenti di argento, come è chiaramente indicato pure dal nome del suo più famoso re, Argantonio, che è connesso appunto col vocabolo argentum. La favola di Norake come fondatore di Nora va ovviamente respinta, dato che dal punto di vista linguistico c’è da ritenere che sia Norake ad aver derivato il suo nome da Nora e non viceversa; esattamente come è stato Romolo ad aver derivato il suo nome da Roma e non viceversa. Quella notizia però avrà un qualche fondamento di verità, perché è stata confermata da reperti archeologici rinvenuti nel territorio della attuale Huelva e cioè proprio nella zona di quel favoloso regno, reperti che già da tempo sono stati accostati ad altri del tutto simili rinvenuti in siti nuragici della Sardegna.

Molto significativo è anche il fatto che non soltanto il tratto di mare situato fra la Sardegna e le Baleari, ma addirittura l’intero bacino occidentale del Mediterraneo, posto fra la Sardegna e le Colonne d’Ercole, venisse chiamato Mare Sardo (StSN § 55).

E pure notevole e significativa è quest’altra corrispondenza lessicale: protosardo galoppo/u, goloppo/e, coloppo, paloppo, baroffu, taloppo, toloppo/e, tzoloppe «pizzutello, varietà di uva bianca pregiata ad acini grandi e allungati, da tavola e per uva passa», che è da confrontare col catal. calop, palop «specie d’uva grossa e saporita» (Baleari, Valenza), finora di “origine sconosciuta” per il Corominas (DECLC). Le varianti con la p- saranno l’effetto di un incrocio col lat. palum, dato che i pali sono molto usati nella viticoltura (LISPR).

Circa le strette connessioni esistenti fra le Baleari e la Sardegna in epoca preistorica molto notevole è questa considerazione di recente espressa dall’archeologo spagnolo G. Rosselló Bordoy: «Intrusione di un nuovo gruppo umano attorno al -1300 che si stabilisce nell’isola di Maiorca e soggioga i precedenti occupanti. Gruppo umano di origine orientale, imparentato più o meno direttamente con le culture che si stabiliscono in Corsica e Sardegna» (StSN § 55).

La presenza dei Sardi Nuragici o Tirreni della Sardegna nel bacino occidentale del Mediterraneo non poteva non scontrarsi col nascente imperialismo, marittimo e terrestre, di Cartagine. E ciò sarà avvenuto non molto tempo dopo la fondazione nell’814/813 a. C. di questa città che, da colonia fenicia, finì col diventare la capitale e l’erede di tutta la potenza marittima, economica e politica dei Fenici-Punici. I punti di attrito e di scontro fra i Sardi Nuragici e i Cartaginesi si trovavano innanzi tutto in zone marittime e precisamente nelle Baleari, nelle quali si erano stanziati i primi e nelle quali i Cartaginesi avevano nel 654/653 conquistato l’isola di Ebuso (= Ibiza), strappandola molto probabilmente proprio ai Nuragici (StSN § 72).

In secondo luogo c’è un’altra importante e addirittura stupefacente notizia che lascia intravedere che i Tirreni della Sardegna non solamente navigavano oltre le Colonne d’Ercole, fino al favoloso regno di Tartesso, ma addirittura affrontavano anche l’aperto Oceano Atlantico. Narra infatti Diodoro Siculo (V 20, 4) che i Tirreni avrebbero avuto l’intenzione di mandare una loro colonia in un’isola dell’Atlantico – probabilmente Madera – ma che furono contrastati in questo loro progetto dai Cartaginesi, molto verosimilmente poco prima o poco dopo lo stesso anno 654/653.

Anche questa notizia è stata completamente trascurata dagli storici della civiltà etrusca, evidentemente perché, essendo stata fino al presente riferita ai Tirreni dell’Etruria, essa è stata ritenuta del tutto inverosimile. Questa notizia invece cessa di essere inverosimile se venga riferita non ai troppo lontani Tirreni dell’Etruria, bensì a quelli molto più vicini della Sardegna, cioè ai Sardi Nuragici, i quali potevano partire alla volta dell’isola dell’Atlantico partendo dalle loro basi della Sardegna oppure senz’altro da quelle più vicine delle Baleari (StSN § 72).

La Penisola Iberica. L’espansionismo dei Sardi Nuragici o Tirreni della Sardegna non si è fermato nelle isole Baleari, ma quasi certamente si è imposto anche nella costa nord-orientale della penisola iberica, proprio dirimpetto alla Sardegna.
Innanzi tutto sono già molto significativi due accenni del poeta latino Ausonio, il quale da una parte afferma che il fiume Ebro (Hiberus) getta le sue acque nel mare che egli chiama «Tirreno», dall’altra presenta la città di Tarraco,-onis (odierna Tarragona) come «tirrenica».

La prima notizia – l’estendersi del Mare Tirreno sino alle coste orientali della Iberia – è confermata da altri tre autori latini, sia pure piuttosto tardi, Giulio Onorio, Paulino di Nola, Pseudo Aethicus e inoltre da una lunga iscrizione latina del I-II d. C. (StSN § 56). Questa notizia, a nostro giudizio, va spiegata nella stessa maniera in cui si spiegano la denominazione e l’estensione del Mare Sardo.

Questo era l’intero mare che circondava la Sardegna, ad occidente ma anche ad oriente (è del tutto ovvio ritenere che la famosa «Battaglia del Mare Sardo», combattuta da Caere (= Cerveteri) e Cartagine contro i Greci di Alalia si sia svolta ad oriente della Sardegna). In maniera perfettamente analoga il Mare Tirreno era l’intero mare che circondava la Sardegna, ad oriente ma anche ad occidente, e propriamente significava mare che circonda l'”isola delle torri“, cioè l'”isola dei nuraghi“. Pertanto dire Mare Sardo e dire Mar Tirreno era la stessa identica cosa. E con ciò viene confermato chiaramente e fortemente che la «Tirsenia» attorno alla quale – per testimonianza di Stefano di Bisanzio – si trovavano le isole Baleari era la Sardegna e non affatto l’Etruria.

L’altra notizia di Ausonio che presenta la città di Tarraco,-onis come “tirrenica” è anch’essa del tutto accettabile se si considera che il toponimo è stato già connesso con Tarracina (odierna Terracina), località laziale fino a cui si estendeva il dominio dell’etrusco re di Roma Tarquinio il Superbo, ed inoltre entrambi i toponimi da un lato sono caratterizzati da altrettanti suffissi “tirrenici” (-on-, –in-), dall’altro richiamano i toponimi protosardi Tarácculi (Galtellì) e Taraculu (Tonara) (corrige TSSO 273). Oltre a ciò, nella stessa regione della Tarraconese antica erano ricordate due città, Celsa e Lesa, le quali trovavano esatto riscontro nell’etnico Kelsitanói e nella città di Lesa della Sardegna antica (StSN § 56).

Ovviamente anche qui s’impone il problema se i Tirreni che, secondo l’accenno di Ausonio, si erano stanziati nella costa iberica e precisamente a Tarragona, fossero i Tirreni della Sardegna oppure i Tirreni dell’Etruria. Ed anche in questo caso non crediamo che possano sorgere dubbi consistenti: erano i Tirreni della Sardegna: lo dimostrano in primo luogo la vicinanza maggiore che c’è fra la Sardegna e l’Iberia che non fra questa e l’Etruria, in secondo luogo alcune stringenti corrispondenze linguistiche, toponomiche e lessicali.

Innanzi tutto è da richiamare il nome della regione della Spagna nord-orientale chiamata Cerdanya, il quale finora risultava privo di etimologia: a nostro avviso lo si può riportare all’antico nome Sardanía con cui i Greci chiamavano la Sardegna, ma pronunziato Sardánia alla latina. Notevole inoltre è il fatto che nella medesima zona della Cerdanya esistano anche i seguenti toponimi, che sono anch’essi molto significativi per la tesi che stiamo sostenendo di una effettiva e consistente presenza di Sardi nella zona: Cerdà, El Cerdanyès, Coll de Cerdans, Cerdeja, Cerdanyola, Serra de Cerdanyola.

Inoltre è da citare il ballo popolare della Catalogna chiamato sardana, il quale è stato già avvicinato al «ballo tondo» dei Sardi in termini di affinità coreografica e anche di derivazione etimologica. E noi aggiungiamo che è soprattutto la corrispondenza linguistica a legare quel vocabolo catalano – pur’esso fino ad ora privo di etimologia – al nome degli antichi Sardiani o Sardani della Sardegna (StSN § 56).

In generale, a proposito dei rapporti che sono intercorsi fra la Sardegna da un lato e la Iberia dall’altro, è molto importante fare la seguente considerazione e precisazione: tutti i linguisti, con in testa il grande Max Leopold Wagner, fino ad ora si sono inconsciamente fatti condizionare dai rapporti che sono intercorsi fra le due terre in epoca piuttosto recente, quando abbiamo visto la Iberia prevalere ed espandersi nella Sardegna, coi Catalani prima e gli Spagnoli dopo. Senonché questa situazione si determinò realmente proprio in epoca storica, mentre in epoca preistorica i rapporti sono stati del tutto opposti: è stata la Sardegna ad espandersi in Iberia e non il contrario. E ciò è accaduto in virtù del fatto che gli antichi Sardi Nuragici erano più forti nelle armi e nei mezzi e più avanzati nel progresso tecnico e pure civile rispetto alle varie e piccole popolazioni che abitavano la penisola iberica. Anche in fatto di incontri di culture e di civiltà ovviamente vale la norma che “il più spiega il meno e non viceversa“.

In questo modo e per questa ragione trova una adeguata spiegazione una quarantina di corrispondenze lessicali fra la lingua dei Sardi Nuragici e quelle dell’antica Iberia, compresa la lingua basca, corrispondenze che sono state già osservate e studiate con particolare cura dai linguisti Max Leopold Wagner e Johannes Hubschmid: a nostro avviso si tratta di appellativi e di toponimi protosardi entrati nell’Iberia per effetto della espansione dei Sardi Nuragici in quella penisola. Eccone l’elenco, probabilmente non completo:

Protosardo Iberico

Aritzu (villaggio; TSSO) Aritzu (Navarra)
árrana «tarma, tignola» arna «tarma» catal.
Asuni (villaggio) Asun (Huesca)
Atzara (villaggio; TSSO) Azara (Huesca)
áurri, aúrri «càrpino» aurri basco, navarrese
Buggerru (villaggio) Bigerra (città antica)
cáncala «zecca gonfia» cáncano «pidocchio» spagn.
carba, carva «ramo d’albero» carba «sterpeto» asturiano karbasta «palo con rami» basco
cárcara «voragine» (NVLS) Carcar (Navarra)
catranza, cadranza «sudiciume» carda,-ina portoghese
chighirista «cresta di gallo» kikirista «cresta g.» basco
cocorosta «cresta di gallo» kukurusta «cresta g.» basco
colóstri, (g)olóstri «agrifoglio» colostia, korosti basco, nav.
cósti(ke), cóstighe «acero» gastigarr «acero» basco
cragaddu «tartaro, crosta» carrall «tartaro» catal.
cúccuru «sommità del cranio» kukurr «cresta» basco, cucuruta «cima» asturiano
gáddara, gráddula «gall(ozz)a» gállara «gall(ozz)a» spagn.
Gallura, mediev. Gallul(a) Gallur (Teruel)
gangorra «strolaga minore» ganga uccello palustre spagn.
ghiddostre «erica arborea» gíllar, ilhar «erica» basco
giágaru, jácaru «cane da guardia» ciakurr, tzakurr basco, cachorro «cane» spagn.
Goni (villaggio) Goni (Navarra)
Ísili (villaggio; TSSO) Isil (Lleida)
Lácara/i/u (fonti) Lacar (Navarra)
Orbái (5 topon.) Orba (Alicante)
Oscái, Oschéi (3 topon.) Osca (ant. Huesca)
Othan (ant. Ottana, villaggio) Osan (Huesca)
saccaju «ovino di 1 anno» segall «ovino II anno» catal.
saccaju «ovino di 1 anno» segaila «capra 1 anno» basco
silurthis «vipera d’acqua», Elurci (Ilbono) Ilurcis (Celtiberia)
Surri (idronimo) Surri (Lleida)
thurru, tzurru «getto d’acqua» txurru, chorro «getto d’acqua» basco, spagn.
troccu «dirupo, burrone» troka «canalone» basco
túrgalu «canalone» Turgalium (= Trujillo) Spagna
Úccari (topon.) Ucar (Navarra)
Úsini, ant. Usune (villaggio) Usun (Navarra)
tzingorra «ceca/olina, anguillina» txingurri «formica» basco
Sardasái (topon. Esterzili) Sardassa (topon. Navarra)
Talavá(i), Talavè, Talavòe (TSSO) Talavan, Talavus,-ia (LS 279)

Uri (Comune di U., SS). Questo toponimo trova riscontro in almeno altri sette Uri esistenti in Sardegna nei territori di Nulvi, Oschiri, Osilo, San Vito, Sarule, Sennori, Simaxis. Secondo tre linguisti, Johannes Hubschmid (Mediterrane Substrate, Bern 1960, 75-76), Giovanni Alessio (RIL, LXXIV, 732) Max Leopold Wagner, La Lingua Sarda², pag. 260) questo toponimo protosardo Uri potrebbe corrispondere al basco ur «acqua». A favore di questa ipotesi etimologica noi aggiungiamo che la radice ur(r)- da una parte si trova in numerosi idronimi sardi, dall’altra è diffusa in tutta l’Isola, per cui è abbastanza probabile che effettivamente significasse «acqua» e anche «fonte, fontana» e pure «abbeveratoio».

C’è infatti da considerare che in una terra perennemente sitibonda, come è ed è stata la Sardegna, il conoscere le fonti, anche col loro nome, era una questione veramente importante e perfino essenziale per la vita degli uomini e dei loro bestiami. Presentiamo qui di seguito l’elenco – certamente non completo – di questi toponimi e idronimi, tutti di evidente matrice protosarda come dimostrano i vari suffissi e suffissoidi da cui sono caratterizzati: Uralái (Irgoli), Uralla (Albagiara, fontana e rivo), Urasa (Solarussa, rivo), Urasala (Sorradile), Urassala (Scano M.), Urau (Cuglieri, fontana), piskina d’Urea (CV XIII 7), Uredda (Siamanna), Uréi (Laconi, canale), Urele (Baunei), Flumini Uri (San Vito), Úrighe (Birori), Urulu (Orgosolo, sorgente), Roja Urossolo (Ortueri, canale), Urotzo (Sorradile, sorgente), Uruspa (Sorso); Uraressi, Urei, Ures(s)a, Uri, Urieke, Urule (CSPS); Urasanna, Uria, Urosolo, Urri, Urrolo, Urru (CSMB), Ures (CSLB), Urri (Orani), Úrighe (Birori), Úrigu (Aidomaggiore). Infine è significativo pure il fatto che una città etrusca Uri esistesse anche in Campania.

Un’altra importante considerazione finale: la presenza di lessemi (appellativi e toponimi) protosardi nella Penisola Iberica si inquadra alla perfezione nella situazione che si è verificata in epoca preistorica e protostorica nelle terre del bacino del Mediterraneo: essa costituisce un nuovo e chiaro esempio del fatto che la “civiltà” si è espansa dall’Oriente all’Occidente, dalla zona della Mezzaluna fertile verso l’Asia Minore e le isole del Mar Egeo, verso la Penisola Ellenica, la Sicilia, la Penisola Italiana, la Sardegna, le Baleari e la Penisola Iberica. Ex Oriente lux!

Bibliogafia e Sigle

DECLC Corominas J., Diccionari Etimòlogic i Complementari de la LLengua Catalana, Barcelona, V ediz., 1988.
DES Wagner M. L., Dizionario Etimologico Sardo, I-III, Heidelberg 1960-1964.
LISPR Pittau M., La Lingua Sardiana o dei Protosardi, Cagliari 2001 (Libreria Koinè Sassari).
LS Wagner M. L., La Lingua Sarda – storia spirito e forma, Berna 1951, II ediz. Nùoro 1997.
NPRA André J., Les nomes de plantes dans la Rome antique, Paris 1985.
NVLS Pittau M., Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico, Domus de Janas edit. Selargius 2014.
OPSE Pittau, M., Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi – saggio storico-linguistico, Sassari 1996.
Prer. Pais E., Sardegna prima del dominio romano, in «Atti della R. Accademia dei Lincei», VII, 1880-1881.
StSN Pittau M., Storia dei Sardi Nuragici, Selargius (CA) 2007, Domus de Janas edit.
TSSO Pittau M., I toponimi della Sardegna – Significato e origine, 2 Sardegna centrale, Sassari, 2011, EDES (Editrice Democratica Sarda).

 

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