I paladini della democrazia [di Pietro Casula]

ROMA - SENATO - PROTESTA DELL IDV - ITALIA DEI VALORI CONTRO IL DECRETO BLOCCA PROCESSI

A Roma, la Renzi Srl ha coronato con successo la definitiva separazione della politica dal popolo. E tutti stanno a guardare. Renzi si compiace di essere Avantgarde. Sempre avanti. Primo di tutti. E in un certo senso c’è anche riuscito. La domanda che ci poniamo è se queste brutte pagine scritte in questi giorni dal Parlamento italiano, siano frutto dell’incapacità di controllare la situazione, o di un progetto rissoso, bellico studiato a tavolino. Il risultato è decisamente devastante: per l’immagine delle istituzioni, per le opposizioni esasperate per la mancanza di un dialogo, e per il governo che
preme sempre più invece di fermare questa spirale dittatoriale.

Renzi vuole concludere in fretta ma, è evidente ormai, che questa fretta rende più difficile una modifica della Costituzione sulla quale perfino il PD manifesta scetticismo. Non è stata certo una buona idea l’incursione notturna del premier in parlamento la scorsa settimana. Certo, si è offerto in pasto al pubblico – ingordo di risultati, e online – il tormentoso iter del lavoro parlamentare fino a notte fonda. Ma lo spettacolo inscenato a Montecitorio è più da stadio curva sud che da Parlamento democratico e l’intervento del premier è stato duro e minaccioso – una vera provocazione – che rischia di produrre effetti devastanti anche sul processo delle riforme. E tutti stanno a guardare.

Le conseguenze parallele alla rottura del patto del Nazareno si stanno, intanto, manifestando. Mi domando: dove sono andati a finire i giuristi, i professori, il popolo viola, tutte quelle anime belle che solo tre anni fa si radunavano, andavano in piazza, davanti ai palazzi del governo tenendosi per mano e contestando le riforme, contro un „regime“ berlusconiano che attentava la Costituzione per i suoi interessi?

Oggi che Renzi la Carta Costituzionale la tratta come fosse carta straccia viene contestato per la sua deriva autoritaria proprio da Berlusconi che alza gli scudi contro il pericolo Renzi. Che poi la Serracchiani, giovane vicesegretaria del PD molto più nota per la sua arroganza che per motivi politici, invece di una riflessione profonda, commenti con ironia e disprezzo la presa di posizione del leader del centrodestra, non aiuta di certo a ricucire lo strappo. E il mantra che i renziani ripetono ad infinitum “andiamo avanti anche da soli“ convince sempre di meno e qualche dubbio sul „metodo Renzi“ solleva qualche dubbio anche nelle file del PD. Il gioco die due (o anche tre) forni non funziona in circostanze come queste.

Il PD dopo aver rotto con Berlusconi, sta litigando con i cinquestelle, con il presidente della Camera Boldrini, botte da orbi con Sel, è nuovamente afflitto da una divisione al suo interno difficilmente superabile. E noi, pubblico elettorale, assistiamo, muto ed immobile, a questo dramma con elementi di particolare tensione e a tratti grottesco, con un premier intenzionato a rispondere colpo su colpo e la minaccia delle elezioni anticipate – se non si fa come dice lui – per piegare il Parlamento. Ma il Parlamento non è alle dipendenze del governo, per fortuna!

Non è facile prevedere il punto d’incontro, la via d’uscita da questo perdersi in attivismo smanioso a catastrofico. Già una volta abbiamo commesso su un peccato simile: la riforma del Titolo V pretesa a colpi di maggioranza dal centrosinistra di allora, e con il Porcellum, ormai universalmente noto, imposto dal centrodestra. Entrambe le leggi, percepite come trofei di una guerra partitica sono, notoriamente, alla fine fallite.

La capacità di Matteo Renzi non si misurano certamente con il numero delle sedute notturne che impone al Parlamento e nemmeno per l’efficacia delle minacce di sciogliere le Camere e andare al voto anticipato, con cui tiene in scacco i parlamentari.

Ci auguriamo vivamente, però, che Renzi ri-dia quanto prima un senso a questa storia, idea di cambiamento o rottamazione che dir si voglia, costruendo sul serio un asse politico per le riforme e accettando le conseguenze di metodo e di merito che ne derivano. Restare dietro il muro contro muro significa rischiare la paternità del fallimento del progetto per cui aveva preteso – e ottenuto – la guida del governo. Stiamo sereni. Very bella Italy.

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