Il referendum greco e i cani di Pavlov [di Silvano Tagliagambe]

Partenone-Atene

Il 17 del mese scorso, ben prima che venisse convocato il referendum in Grecia, denunciavo in questo stesso sito “la minaccia del disimpegno politico attraverso la politica stessa, che oggi si manifesta in modo eclatante attraverso la vistosa caduta d’interesse per la pratica del governo, per gli affari pubblici e per la partecipazione, testimoniata dalla crescente e ormai dilagante astensione dal voto”.

Da questo punto di vista la risposta giunta ieri da Atene è confortante in quanto segna una significativa controtendenza rispetto a questa deriva, con la manifesta volontà della popolazione di giocare in modo attivo, da protagonista e fino in fondo, una partita che riguarda non solo il destino del proprio paese, ma l’idea di Europa che si deve affermare nell’immediato futuro. Meno incoraggianti sono i segnali che sono giunti dalle istituzione europee e dai leader di alcuni paesi dell’Unione, che anziché lasciare che il popolo greco facesse liberamente la sua scelta, hanno cercato in vari modi di entrare a gamba tesa sulla consultazione, provando a condizionarne l’esito in un modo che mi ha ricordato gli esperimenti di cui si è servito a suo tempo Pavlov per studiare le connessioni tra il sistema cognitivo e quello emotivo.

A tal scopo il fisiologo russo, il cui nome è legato alla scoperta nel 1903 del riflesso condizionato, sottopose un gruppo di cani a una situazione di stress acuto, provocato attraverso una micidiale combinazione di un pesante esercizio fisico, di una stimolazione sensoriale prolungata ed eccessiva, della mancanza di sonno, dell’isolamento dai normali contatti sociali e di forti stati emotivi di rabbia e di paura. In conseguenza di questo sovraccarico, fisico ed emotivo, gli animali raggiungevano un punto in cui non reagivano più, per poi crollare.

Pavlov chiamò questo stato “inibizione transmarginale”, in accordo con la sua teoria, secondo la quale il funzionamento della mente è basato soprattutto sul grado di inibizione che essa presenta. Immediatamente dopo essersi ripresi dal collasso, i cani manifestavano la totale perdita di quanto avevano appreso in precedenza (processo di disapprendimento) e dovevano essere riaddestrati da capo. Poiché tutti i precedenti schemi comportamentali erano andati persi, lì si poteva addestrare a comportarsi in modi diversi senza alcuna interferenza o resistenza dovute a abitudini e a routines consolidate.

Non si può negare che questo tipo di esperimento presenti una forte analogia con il trattamento riservato alla popolazione greca, indubitabilmente sottoposta a un sovraccarico di stress, con il condimento, anche in questo caso, di forti stati emotivi di rabbia per il passato e di paura per il proprio presente e futuro. Non è quindi irragionevole supporre che si intendesse raggiungere il medesimo stato di inibizione trasmarginale a cui Pavlov aveva portato i suoi cani, sottoponendo un intero popolo a un processo di disapprendimento delle proprie abitudini consolidate, dei suoi stili di pensiero e delle sue forme di vita, in modo da consentire di poterlo riaddestrare da capo, educandolo al rispetto dei codici e delle regole della concezione speculativa dell’economia, insofferente verso tutto quanto ostacoli la libera affermazione e il dominio delle élites.

Qualora avesse avuto successo un esperimento del genere si sarebbe potuto ripetere anche con altri paesi, che si trovassero in una situazione non del tutto dissimile da quella greca. Un motivo in più, questo, per salutare con soddisfazione le notizie che ci sono giunte ieri da una terra che ha dato molto in passato all’Europa e al mondo, e che forse in futuro dovremo ringraziare anche per aver fatto da barriera all’incondizionata affermazione di pratiche che con la democrazia, della quale usurpano il nome, hanno davvero ben poco a che fare.

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