La Sardegna si salva producendo di più [di Fulvio Tocco]

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Occorre un Piano straordinario per favorire dei piccoli investimenti a tappeto sulle aree di pianura, di collina e di montagna. L’azienda Agris di Villasor, abbandonata dalla politica, vale oro per l’agricoltura sarda, è inspiegabilmente inutilizzata. Approvato il Piano di Sviluppo Rurale, occorre pensare ad un Piano Straordinario d’interventi per rendere produttive le campagne della Sardegna.

Per non essere fraintesi, per Piano Straordinario s’intendono degli interventi che vanno canalizzati secondo una programmazione a sé e su percorsi inesplorati della pubblica amministrazione regionale che consentano di soddisfare un bisogno di chi intende investire rapidamente in attività produttive e che magari non è in condizioni economiche di avventurarsi su costosi progetti. Le azioni ordinarie (importanti anche quelle per il mantenimento del sistema) non consentono, come già sperimentato, di fare dei passi avanti all’economia generale.

Occorre escogitare delle iniziative (consentite dalla legge chiaramente) per favorire dei piccoli investimenti a tappeto sulle aree di pianura, di collina e di montagna. Abbiamo l’azienda Agris di Villasor, abbandonata dalla politica, che vale oro per l’agricoltura sarda e rimane incomprensibilmente inutilizzata. Per esempio, basterebbero dei piccolissimi interventi (le strutture e le infrastrutture sono efficienti) per renderla utile alle attività di trasformazione della frutta da guscio. Invece abbiamo perduto ancora un altro anno.

La Sardegna si salva producendo di più. Molto di più, considerando la quantità dei prodotti importati quotidianamente: importiamo frutti con guscio, frutta e verdura di ogni genere e mangimi in abbondanza. Tutta ricchezza che si perde e che potrebbe essere prodotta in casa creando qualche opportunità di lavoro in più. Magari per alcuni occorre un piccolo aiutino per impiantare un terreno irriguo di famiglia o un terreno di montagna, e che senza quell’aiutino non lo faranno mai!

Occorrono delle risorse contenute, regolate magari dalla norma del “de minimis primario” che fissa dei tetti assai ragionevoli per un intervento straordinario, da usare con formule semplici e veloci per sostenere l’agricoltura e creare massa critica per le attività di trasformazione (del mandorlo per esempio) che in Sardegna non decollano per questo motivo.

Peccato che anche le stesse Organizzazioni Professionali Agricole non diano la stessa lettura del territorio e dei suoi bisogni. Certo che andare in Europa o dal Ministro Martina e dire abbiamo un programma per abbattere le emissioni in atmosfera, incentivando la coltivazione dei legumi su larga scala per rinaturalizzare i seminativi, per importare meno derrate proteiche e meno concimi azotati, significa andare con una proposta concreta che dà una mano all’Italia in Europa (Protocollo di Kioto) e non con il cappello in mano.

Per riavviare l’economia regionale è necessaria una pubblica amministrazione vitale e innovativa per stimolare investimenti immediati ed efficaci sul territorio rurale.

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