Dalla Sardegna alla Toscana, ecco gli orrori dei musei italiani [di Michele Sasso]

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L’Espresso.it 26 agosto 2015 . Indicazioni a corredo delle opere scritte a mano. Siti archeologici chiusi. Opere dimenticate in cantina. Nessuna visita guidata. Ecco la triste estate di alcune perle del nostro patrimonio

I “giganti” di Mont’e Prama nel museo di Cagliari. A Cinzia Lai, trentenne originaria della Sardegna e trapiantata a Milano, sono cascate le braccia quando durante le ferie ha visitato il museo archeologico di Cagliari :«A darci il benvenuto sulla parete all’ingresso c’era una grande crepa. All’entrata nessun materiale informativo e nessuna indicazione. Le opere e il palazzo sembravano abbandonate al loro destino».

Questo è il museo nazionale, il più importante della regione. In questo polo sono ospitati reperti, statuette in pietra e in bronzo raffiguranti piccoli guerrieri armati di arco o spada, capitribù, divinità femminili, donne e uomini al lavoro della civiltà nuragica. Nella totale incuria, come raccontano le foto scattate dalla stessa Cinzia Lai, che racconta così la sua esperienza: «Molte descrizioni delle vetrine erano inesistenti o non rispettavano l’ordine degli oggetti presenti nelle teche. Nessuna traduzione in inglese, cartellini strappati o corretti a mano. Non si capiva nulla. Di fronte alle placche rotte, ai pannelli scritti e corretti a mano mi sono chiesta se esista un direttore o un responsabile. Per delle semplici correzioni al pc e una nuova stampa non servono chissà quali fondi. Capisco perché eravamo solo una dozzina in visita».

In questo museo statale sono custoditi anche i giganti del Mont’e Prama, i colossi rinvenuti nel 1974 nella necropoli di Cabras e diventati, con gli scavi ancora in corso, una delle scoperte più importanti in Europa. Dopo un sonno di 2800 anni, sacerdoti guerrieri alti più di due metri, pugilatori dagli occhi cerchiati, busti di arcieri, gambe di titani dai parastinchi intagliati sono esposti al pubblico. Gli occhi cerchiati dei colossi sono diventati un brand per esportare le bellezze dell’isola (i giganti sono presenti anche sulle maglie della squadra campione d’Italia di basket di Sassari), ma che dal vivo delude per l’incuria della sede che li ospita. Il fastidio di Cinzia Lai è comune in altri racconti d’estate.

Le archeologhe bigliettaie. Chi arriva all’isola d’Elba e decide di visitare la celebre Villa romana delle Grotte (risalente al I° secolo avanti Cristo) si deve accontentare di questo avviso sul cancello:«Per l’anno 2015 la villa resterà chiusa».Nessuna visita per i turisti, mentre il sito rimane coperto da erbacce e rovi. Il pasticcio burocratico è iniziato un anno fa quando la Fondazione Villa romana delle Grotte, proprietaria dell’area, ha rescisso il contratto con la cooperativa Archeo Color, che aveva rilanciato l’area con iniziative che andavano oltre l’archeologia, ottenendo un discreto riscontro di pubblico.

Da allora i cancelli della villa sono rimasti chiusi nell’attesa di un accordo tra il Comune di Portoferraio e la Fondazione. «Il problema della mancata riapertura della Villa – ha raccontato al Corriere Fiorentino l’archeologo Franco Cambi – si intreccia con la frammentazione politica elbana che si perde in ripicche locali per niente produttive». A causare la rottura del contratto ci sarebbero stati alcuni problemi di sicurezza del sito, ma anche i costi di mantenimento della struttura (troppo pochi i cinquemila visitatori dell’anno scorso) e il rischio concreto che le archeologhe impegnate negli scavi finissero a fare le bigliettaie.

Le opere smarrite. Sempre in Toscana ma sulla terraferma quattro anni fa è stato inaugurato il Museo delle arti e dei mestieri. Si trova a Sasso Pisano, frazione medievale di Castelnuovo Val di Cecina, in provincia di Pisa, e una volta volta aperto nelle intenzioni del comune e del privato che ebbe per primo l’idea, il Museo doveva diventare una vetrina delle eccellenze artigianali e manifatturiere locali. L’idea sembra funzionare, tanto che riceve i patrocini del Quirinale, Palazzo Chici e diversi ministeri tra cui quello per i Beni e le attività culturali. E insieme ai patrocini arrivano anche le donazioni di privati: una serie di opere inedite donate dal cantante Andrea Bocelli e quelle dello stilista Salvatore Ferragamo; donazioni anche dalla Scuola Normale di Pisa e dall’Accademia Navale di Livorno.

Un mondo di eccellenze che però ad oggi nessuno può visitare, perché a distanza di quattro anni dalla sua inaugurazione il museo delle arti e dei mestieri della Toscana ancora non apre i battenti. Nel frattempo, però, tele, acquarelli, libri e vasellame sono stati abbandonati in alcuni locali privati, mentre altre sono andate smarrite. Tanto che i donatori si sono rivolti al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e i senatori del Movimento cinque stelle hanno presentato a luglio un’interrogazione. Ancora senza risposta.

Dopo la truffa i nulla. In Sicilia attorno ai beni culturali non ci sono bookshop, nessuna caffetteria, niente audio guide, zero merchandising. Collezioni e siti archeologici sono abbandonati al proprio destino, senza un’importante voce di entrate. Da quattro anni si attende il nuovo piano per i servizi aggiuntivi, la parte più redditizia dei musei che affida ai privati ristorazione, vendita di magliette, visite guidate e libri.

Dopo lo scandalo che ha travolto la società Novamusa la Regione non ha ancora definito tempi e modalità dei nuovi affidamenti. Anzi l’unico atto del governo regionale (nel 2013) è il blocco del bando di gara per l’affidamento ai privati. Un passo indietro. Nel 2011 il gran capo di Novamusa, Gaetano Mercadante, viene accusato di peculato per avere intascato 19 milioni di euro frutto della vendita dei biglietti. La sua società ha in affidamento tutti i siti di Messina, Siracusa e Trapani, inclusa la visitatissima Valle dei Templi.

Si muove anche la Corte dei conti, accertando che Novamusa non versava le quote concordate a Regione e Comuni sui biglietti acquistati da tre milioni di visitatori del teatro antico di Taormina, dell’area greca di Siracusa e dei parchi archeologici di Segesta e Selinute. La giunta di Rosario Crocetta dopo il blocco decide di non decidere mentre l’ammontare dei mancati introiti lievita: 60 milioni di euro in quattro anni, 15 milioni bruciati. Mentre nel 2014 Toscana e Campania (entrambe con 6 milioni e mezzo di visitatori annui come la Sicilia) raggiungono un fatturato complessivo di 40 milioni di euro tra biglietti venduti e servizi accessori.

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