Sciatterie al Museo Archeologico. Pannelli illeggibili, reperti come in cantina, babele cronologica [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 29/08/2015. Sciatterie al Museo Archeologico di Cagliari. Pannelli illeggibili, reperti come in cantina, babele cronologica. La Denuncia. Piazza Arsenale, dai bagni alla turca ai preziosi reperti sistemati in un balcone.

Tacere sullo stato in cui versano monumenti e musei a Cagliari rende tutti colpevoli. L’indifferenza significa tradire la propria terra, la sua storia, e se stessi. Lo ha insegnato al mondo Antonio Gramsci. Lezione altissima elaborata a partire dalle geografie, materiali ed immateriali, della sua infanzia che disegnano un paesaggio cognitivo che ancora forma molti sardi. Geografie negate nei luoghi formali, a partire dal Museo Archeologico Nazionale dove le narrazioni sono involute e sciatte.

Se respingono i sardi come possono parlare all’ospite? Se ci si dimentica che quel museo viene dalla tradizione della wunderkammer (camera delle meraviglie o gabinetto delle curiosità), come si possono progettare allestimenti con finalità didattiche? Il museo fu inventato dal genio italiano per far conoscere il patrimonio spirituale e quindi con obiettivi pedagogici. Perché, come scrisse Ernesto De Martino, “gli uomini generano tutti i loro beni culturali, anche quelli che sono accompagnati dalla coscienza di una loro fondazione divina”. Ma solo in questa parte di mondo i beni culturali sono diventati autocoscienza. Tale consapevolezza ha dettato l’art. 9 della Costituzione e l’art. 101 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”: il museo è «struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio».

Come recuperare allora il senso didattico del museo e dei beni culturali? E’ necessario che sul tema della memoria, materiale ed immateriale, tutti si esprimano fugando qualsiasi tatticismo. Ne va della democrazia. Non a caso efferati terroristi individuano il museo, fabbrica di saperi e di dialogo, come luogo da distruggere. Se il valore deriva dall’autocoscienza è urgente interrogarsi su cosa rappresentino per un sardo il museo o il paesaggio? Cosa per un decisore? Sono quinte sceniche? O parafrasando Leopardi uno sgabello per piccoli cabotaggi?

Chi voglia decodificarli, quali strumenti utilizza e dove si praticano le pedagogie necessarie per il “riconoscimento” di un luogo culturale senza cui non c’è comunità? I sardi frequentano i musei? O si tratta di un sistema autoreferenziale come lascerebbero intendere la pochezza dei numeri; il “Piano triennale dei Beni Culturali”, firmato da Pier Luigi Sacco, dimenticato dal 2008 nella Commissione Cultura del Consiglio regionale; la deriva del “Sistema omogeneo di identità visuale dei luoghi e degli istituti della Cultura” (POR 2000-2006 Asse II – Misura 2.1.)?

Bisogna ringraziare L’Espresso perché, denunciando lo stato del Museo e del suo prezioso contenuto, interroga le classi dirigenti sarde. Come può accadere che i bagni siano latrine alla turca o che pannelli esplicativi nel portale dell’Arsenale siano il supporto di transenne dimenticate dal Comune insieme con altri illeggibili? Sparito il bar, cestini stracolmi, verde non curato. Un Museum Shop imbarazzante per allestimento e perché mischia eccellenze e paccottiglia. Una malcerta illuminazione peggiora la lettura di pannelli, illeggibili per lunghezza e linguaggio. Ogni spazio si va riempendo. Uno stoccaggio di reperti tipo cantina e una babele cronologica. Due statue di Mont’e Prama spiaggiate in un sottoscala.

Si rimpiange la Galleria delle statue nel Laboratorio di Restauro di Li Punti a Sassari, finanziata dalla Regione che evidenziò di quale cultura progettuale ed operativa la Sardegna sia capace. Al netto del disagio della situazione espositiva i capolavori del Museo Nazionale innamorano comunque. Non lasciamo sole la statuina femminile di S’Adde di Macomer, o quelle di Cabras del Neolitico Medio, o le cruciformi del Neolitico Recente , o il Vaso globulare di sant’Elia, o quelli rosso corallo di Monte Claro o le cuspidi in ossidiana o le zagaglie. Guardiamo con occhi amorosi bronzetti, asce, accette e spade rituali di un popolo quello nuragico da cui discendiamo. Uno sguardo alle statue romane di Cagliari e alle terrecotte figurate di santa Gilla o ai gioielli di Olbia e Tharros.

Un salto alla Pinacoteca per i Retabli di San Francesco di Stampace e sogniamo di vederli nella loro sede naturale e per l’acquamanile arabo trovato a Mores. Fu protagonista di una memorabile mostra all’Istituto del mondo arabo di Parigi. La Sardegna di oggi merita tutta la grandezza di ieri perché per dirla con Shakespeare “Il passato non è che il prologo del futuro”.
*La versione qui proposto è quella integrale.

6 Comments

  1. Luca

    Nel vedere tanta bellezza e cultura sciupata nelle mani di un gestore, forse non all’altezza,provoca al primo impatto tanta rabbia; mi chiedo se la situazione, descritta dal”Espresso”e commentata efficacemente nell’articolo ,non abbia radici ben più profonde di quelle attuali,se ci sia insomma una sorta di consuetudine gestionale ,di immobilismo che ci trasciniamo da sempre.Pensandoci bene il museo è sempre stato così,e forse l’abitudine, la sua rovina.
    L’abisso con altre strutture europee è evidente: ma senza allontanarci dal capoluogo basterebbe citare la “Galleria Comunale D’Arte”, il “Museo D’Arte Siamese Stefano Cardu” o anche altre piccole o grandi realtà in giro per l’isola,per capire che ci sono strade migliori.Spero che ci sia una mobilitazione sopratutto da parte della politica,perchè il mondo della cultura da solo non bastaNon voglio rassegnarmi a pensare ancora una volta che il Museo Archeologico di Cagliari, la mia citta sia proprio cosi : bello e immobile come una statua

  2. Sandro

    Condivido pienamente quanto esposto nell’articolo e aggiungo se coloro che sono responsabili delle esposizioni museali nostrane abbiano mai visitato non solo i grandi musei europei ma anche quelli molto curati di piccoli centri.

  3. Carlo A. Borghi

    Cara Moman. Questo articolo buca lo schermo e arriva al sodo. Peccato però per quel fantomatico aggettivo: immateriale. Legarlo alle parole cultura, memoria e geografie provoca equivoci e fraintendimenti. Sarebbe meglio stare con i piedi per terra e tutti dentro la pratica conoscitiva della cultura materiale, l’unica che può portarci al cambiamento.

  4. Francesca Gallus

    Ahimè, quanta approssimazione nel salire sul carro dell’Espresso, che, dimenticando cosa significhi giornalismo, affida a una fantomatica visitatrice, chissà se mai esistita, il lamento del visitatore! In quello scritto si dice fra l’altro che non vi sono traduzioni in inglese delle dida, una cosa marchianamente falsa.
    In quell’articolo il Museo Archeologico di Cagliari viene additato come uno dei peggiori d’Italia assieme ad un Museo delle arti e dei mestieri della Toscana, che si troverebbe in una frazione di un comune in provincia di Pisa (e questo, mi permetto, basterebbe da solo a marchiare il pezzo come uno delle massime bufale mai scritte).
    Cara Maria Antonietta, grandissima stima e grandissima amicizia e incommensurabile gratitudine ti devo e ti riconosco, ma che la Cittadella dei Musei sia di proprietà dell’Università degli Studi di Cagliari e alla Soprintendenza Archeologia* della Sardegna, sia stato dato in uso solo ed esclusivamente l’edificio che contiene il Museo, lo sai tu e lo sanno come te i tuoi lettori.
    Quindi, se il bar è chiuso, se il verde non è curato, se, se, se…, ne risente, quotidianamente, tutto il “condominio” della Cittadella. Le maglie dei rapporti tra burocrazie sono sempre molto strette.
    Passando alle specifiche osservazioni del tuo pezzo, leggo che giudichi le didascalie illeggibili per lunghezza e linguaggio. Leggo di scelte espositive che ti ricordano cetacei fuori dal loro elemento, leggo altre impressioni opinabili, ma, poichè sutor ne ultra crepidam, dirò solo che i bagni sono una delle reali debolezze del Museo (come edificio) nell’offerta al visitatore. Dopo molto chiedere la Soprintendenza ha avuto finalmente dall’Università, nel 2014, l’uso anche di quegli spazi adiacenti al Museo. Spero di riuscire a portare a termine la loro manutenzione straordinaria entro pochi mesi da oggi. Il compito è affidato a me che scrivo. E spero che per qualche anno questi nuovi servizi possano essere efficienti e utilizzabili al meglio, sino alla prossima, indispensabile manutenzione straordinaria.
    Mi espongo molto con questo commento, lo so, ma, come diceva il Sig. Mario, ex custode della Cittadella, rovesciando soggetto e complemento di termine, io sto a cuore a questo Museo.

    *(Ahimè, devo usare questo nuovo, orrendo, nome ufficiale)

  5. Graziano

    Non sono stato, di recente, al MAN di Cagliari, quindi non posso ne confermare ne smentire quanto riportato dall’Espresso. Posso però manifestare qualche perplessità sulla sua veridicità. Per un semplice motivo, e cioè che prima di questa nostra visitatrice conterranea non ricordo articoli di giornale o commenti di altri lettori/visitatori altrettanto critici, anzi ho sentito pareri abbastanza positivi, soprattutto da quando sono esposti i “Giganti”. Che si possa e si debba fare meglio lo ammette la stessa responsabile, e non faccio fatica a credere quanti impedimenti, per lo più burocratici, ostacolino una gestione ottimale del complesso museale.

  6. carlo arthemalle

    Ho preso coscienza del valore del nostro patrimonio archeologico molti anni fa (1985) visitando una mostra nel capoluogo lombardo intitolata, appunto, “Nuraghi a Milano. Poi alcuni anni dopo (1988), visitando una mostra a Palazzo Grassi – Venezia dedicata ai Fenici, mi sono definitivamente convinto che noi sardi non meritiamo assolutamente i beni di cui siamo custodi. Un museo che non funziona è solo in parte addebitabile al personale incaricato. La responsabilità è dei politici che non si accorgono che la struttura funziona male e che il personale non è all’altezza. Per il museo di Cagliari occorrono un po’ di soldi e una persona che si metta in gioco realizzando un obiettivo prefissato in tempi certi. Pigliaru, se ha difficoltà a capire l’archeologia dimostri almeno di sapere che cosa è l’economia; faccia le scelte giuste e il museo archeologico sarà in grado, in non molti anni, di ripagare l’investimento. Carlo Arthemalle

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