Rocca punta a Rcs e alle nozze tra Corsera e Sole [di Paolo Madron]

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Lettera 43.it 29 Gennaio 2016. Il presidente di Assolombarda vuole prendersi Rcs e fondere Corriere e Sole. Fiat pronta a lasciare via Solferino per entrare nel gruppo L’Espresso con La Stampa. Sarà un anno cruciale, questo 2016, per un’editoria che stenta a rianimarsi, unico forse tra i vari settori industriali che non risente dei refoli della ripresa.

E quando la ripartenza stenta ad arrivare, e soprattutto quando con i tagli dei costi si è raschiato il fondo del barile, restano due strade: ci si aggrega, sperando che dall’unione di anatre zoppe ne nasca una buona, o si cambiano i padroni dei giornali. Perché per stare sul mercato occorrono competenza e forti investimenti, non basta strologare di innovazione se non hai le spalle robuste per poterla sostenere, non bastano più i salotti buoni per i cui membri quello della carta stampata è l’ultimo degli interessi.

RCS, l’hair cut è inevitavile. Tradotto sullo scenario italiano, il quadro attuale rivela dunque tutta la sua obsolescenza e il fiato corto. Occorrerà cambiare, e niente sarà come prima: in questo disaffezione, stanchezza, indisponibilità a pompare altri soldi sono di per sé buone ragioni per guidare il mutamento. Anche per l’editoria, insomma, è arrivato il momento in cui le azioni non si pesano ma si contano. L’asse della svolta viaggia tra Milano e Torino, con un’ importante appendice romana. Ma andiamo con ordine.

Ad aprire le danze sarà Rcs, fresca di nuovi vertici e di un piano industriale che, dopo i primi apprezzamenti, pare convincere sempre meno il mercato. E comunque non c’è piano industriale che possa risultare credibile se non si riduce drasticamente e in fretta l’enorme mole del debito (400 milioni) che grava sul gruppo. E qui le banche saranno chiamate al sacrificio, nel senso che un hair cut sembra una soluzione inevitabile.

Rocca e quel fascino per la carta stampata. Ma la società deve affrontare anche un altro problema: la disaffezione del suo azionista di riferimento, la Fiat, che da settimane non perde occasione per far trapelare la sua volontà di uscire. Complice una capitalizzazione ai minimi, l’addio dei torinesi può fornire il destro per rimescolare, o meglio semplificare, un azionariato folto e bizantino, facendo finalmente emergere una figura forte che incarni con pienezza il ruolo di editore. Il protagonista dell’operazione ha un volto, quello del 67enne Gianfelice Rocca. L’attuale presidente di Assolombarda non nasconde in proposito la sua ambizione, e sta cercando qualcuno che lo affianchi nell’impresa. Su di lui la carta stampata deve avere un certo fascino, se è vero che dalla sua sponsorizzazione del bolognese Alberto Vacchi nella corsa alla presidenza di Confindustria ha chiesto come contropartita la presidenza del Sole 24 Ore.

Lo scenario di un doppia fusione: Corriere-Sole e Repubblica-Stampa.
A questo punto la domanda è lecita: ma cosa c’entrano i destini del Corriere della sera con quelli del quotidiano economico ? C’entrano eccome, perché per Rocca l’approdo finale sarebbe quello di unirne i destini sotto lo stesso tetto. Insomma, si sta facendo strada l’idea di accorpare i due giornali complice il fatto che anche Confindustria dovrà rinunciare, almeno in parte, al suo ruolo di editore. Abituata per anni ad avere nel Sole la sua cash cow, costretta dalla lunga sequela di perdite (ma nel 2015 dopo un grosso lavoro di ristrutturazione l’ebitda sarà positivo) per rilanciare l’impresa dovrà indebitarsi o mettere mano al portafoglio. Cosa impensabile per un’organizzazione già nel mirino di molti suoi affiliati per la sua pletoricità. Ecco dunque che il matrimonio con Rcs si prospetta come un’ottima occasione per fare un passo indietro, senza che ciò abbia il fastidioso sentore della ritirata.

De Benedetti pensa a nuovi soci. Ma torniamo a Torino, e alla Fiat, suo malgrado il perno del cambiamento. Molti hanno visto nel passaggio di Mario Calabresi dalla Stampa a Repubblica i prodromi di un intesa con Carlo De Benedetti che va oltre il semplice cambio di direzione. L’Ingegnere, ancorché felicemente ottuagenario, sa bene di dover dare un futuro al gruppo Espresso che veda la sua famiglia non più come unica proprietaria. Oltretutto, i suoi figli, specie Rodolfo, i cui interessi lo portano tra l’altro a gravitare sempre più in Svizzera, non hanno mai mostrato un particolare attaccamento agli asset editoriali, delegandone volentieri e con totale fiducia la gestione a Monica Mondardini.

La signora, forte della sua reputazione di manager vincente, ha preso in mano anche le redini della Cir, ovvero la holding industriale dei De Benedetti. Proprio in questi giorni il suo nome gira tra quelli dei candidati alla successione di Mario Greco alla guida delle Generali.

Del resto, è da lì, esattamente dalla filiale spagnola della compagnia, che Mondardini proviene. Il giornale torinese come gioiello del Gruppo Espresso. Come per CorriereSole, anche sulla direttrice Torino-Roma corrono ipotesi di fusione. Il progetto prevederebbe un conferimento della Stampa da parte degli Agnelli-Elkann e la formazione di un unico gruppo dove il quotidiano torinese figurerebbe come la propaggine del Nord, ovvero il più prestigioso gioiello della catena di giornali locali che EspressoRepubblica controlla attraverso Finegil.

Un’integrazione complementare, alla cui giustificazione non serve, se non ad aggiungere un tocco di aneddotica, ricordare il legame tra Gianni Agnelli e suo cognato Carlo Caracciolo, che darebbe storicità e blasone alle nozze (anche se, a onor del vero, quando il Principe bussò alla porta dell’Avvocato per avere soldi per L’Espresso, questi non si mostrò per nulla generoso). Queste le ipotesi sul tappeto, oggetto di incontri, abboccamenti, passi indietro e indomite ripartenze. Naturalmente, sullo sfondo ci sono anche altri giochi, in primis quello per la nomina del nuovo presidente di Confindustria. E, ancora di più, la declinazione sui media del renzismo, che dietro il conclamato distacco mostra sempre di più la sua volontà di invadenza.

È difficile, insomma, pensare che la profonda ristrutturazione del sistema non veda, oltre a vecchi e nuovi editori, anche Palazzo Chigi nella cabina di regia.

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