Il libro di Giulia Maria Crespi è molto più di un’autobiografia [di Romano Cannas]

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Pubblichiamo l’abstract dell’intervento tenuto nella II Tavola Rotonda: Una Donna nell’editoria della Prima Repubblica della presentazione del libro Il mio filo rosso: Il «Corriere» e altre storie della mia vita (Einaudi. Passaggi) di Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fondo Ambiente Italiano presentato a Cagliari come sesto appuntamento di Alla ricerca della storia perduta organizzato lunedì 18 gennaio a Cagliari dalla Presidenza regionale e dalla Delegazione di Cagliari del FAI (NdR).

Un filo rosso per legare insieme successi, gioie, dolori, tragedie, sconfitte. Giulia Maria Crespi, 92 anni portati benissimo, una delle protagoniste del Novecento italiano, usa questa metafora per svelarsi e svelare i “nodi” , ossia i momenti decisivi della sua vita, che hanno spesso coinciso con tanti momenti cruciali della storia del nostro Paese. Per questo il libro pubblicato da Einaudi (Il mio filo rosso, il Corriere e le altre storie della mia vita) è in realtà molto più di un’autobiografia. È la storia del secolo breve raccontata sul filo della memoria da una donna speciale che appartiene ad una delle più importanti famiglie della borghesia illuminata lombarda.

Altro stile, altri valori rispetto alla razza padrona. La famiglia Crespi, leader dell’industria tessile italiana, conquista però un posto in prima fila nel gotha del capitalismo familiare del primo Novecento grazie al controllo del Corriere della sera, il più diffuso e autorevole giornale italiano per circa un secolo. Un controllo che non passa attraverso il condizionamento della linea del giornale ma, al contrario, con il rispetto, quasi sacro, dell’autonomia che la proprietà garantisce ai direttori e alla redazione. Una lezione di straordinaria attualità per capire, almeno in parte, la crisi che attraversano oggi i quotidiani che appaiono incapaci di affrontare i grandi cambiamenti epocali della comunicazione.

Aldo Crespi, l’amatissimo padre di Giulia Maria, è stato uno dei rari esempi di editore puro nel panorama dei giornali italiani. “Ci vogliono interviste e inchieste“. Una visione moderna che con gli anni si è persa quasi del tutto. Le inchieste si fanno ovviamente andando in giro a cercare le notizie senza accontentarsi delle “veline“, delle “verità ” confezionate dagli uffici stampa. Ma viaggiare costa e la figura degli invitati oggi è quasi scomparsa soprattutto nei piccoli giornali perché la maggior parte degli editori pensa solo a tagliare le spese senza capire che così i giornali diventano sempre meno attraenti e le vendite crollano.

Il Corriere dei tempi d’oro vendeva ogni giorno un milione di copie. Oggi circa un terzo. Quel giornale, ora a disposizione di tutti grazie all’archivio digitalizzato e messo in rete, ci riporta ad una stagione straordinaria di inviati che misero “sotto inchiesta” l’Italia e l’Europa. Inchieste memorabili ancora attuali per capire la situazione e i problemi di oggi. Ne cito una per tutte: la questione meridionale spiegata da un grande giornalista, di raffinata cultura, Giovanni Russo.

L’uscita di scena della famiglia Crespi (che dal 1965 aveva affidato la guida del gioiello di famiglia a Giulia Maria ) avviene a metà degli anni settanta. Un’uscita per molti versi drammatica, in uno dei momenti più bui della nostra repubblica. Il racconto di quegli avvenimenti, fatto in prima persona da Giulia Maria Crespi, qui assume il ritmo della sceneggiatura di un film che ci svela fatti inediti, personaggi che nel privato hanno volti e atteggiamenti diversi da quelli mostrati in pubblico o nei salotti buoni della finanza che prende il posto del capitalismo familiare; retroscena drammatici che ci aiutano a capire meglio e a contestualizzare i grandi intrighi nazionali, storie che il cinema italiano ci ha fatto conoscere attraverso le opere di grandi registi, come Pasolini (Nero petrolio), Francesco Rosi (Il caso Mattei), Giuseppe Ferrara (Il caso Moro), Michele Placido (Un eroe borghese) solo per citarne alcuni.

Il libro di Giulia Maria Crespi ci fa capire le grandi lotte per il controllo del Corriere della Sera e più in generale dei grandi giornali ma anche di quelli locali. gli inizi degli anni settanta il Corriere affronta una crisi finanziaria gravissima, nonostante il successo editoriale. Questo paradosso è forse la chiave per capire le oscure alleanze tra banchieri spregiudicati (Roberto Calvi, Michele Sindona), petrolieri privi di scrupoli (Nino Rovelli, Eugenio Cefis) e una parte della politica, per il controllo dell’informazione.

Giulia Maria Crespi, nella sua autobiografia, fa spesso autocritica. L’errore forse più grave è stato quello di tentare di risolvere la crisi finanziaria del Corriere affidandosi agli affetti, come ai vecchi tempi. Chiede aiuto al suo amico d’infanzia Gianni Agnelli, che le aveva più volte garantito la “sua spada“, il suo sostegno fraterno. Trova invece un uomo duro che prima la illude e poi la liquida con un indecente voltafaccia.

Giulia Maria Crespi si arrende davanti alla notizia della recidiva di un vecchio tumore. Stremata nello spirito prima ancora che nel fisico, delusa per il tradimento degli amici, è costretta a cedere la sua quota alla famiglia Rizzoli, che in realtà compra con i soldi del Banco Ambrosiano di quel Roberto Calvi, amico di Michele Sindona, del sardo Flavio Carboni e soprattutto del grande burattinaio Licio Gelli, capo della P2. Calvi il 18 giugno del 1982 viene trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri sul Tamigi, portandosi nella tomba gran parte dei segreti di una stagione di intrighi e veleni.

Che ruolo ebbe, nell’acquisto del Corriere da parte della famiglia Rizzoli, il patron della Montedison, Eugenio Cefis, amico del segretario della Democrazia Cristiana di allora, Amintore Fanfani? E Licio Galli? Che ruolo ebbe il burattinaio di Arezzo? Questa storia non è raccontata nel libro di Giulia Maria Crespi. I titoli di coda partono sulle immagini drammatiche della “Signora del Corriere” in lacrime che lascia per l’ultima volta lo storico palazzo di via Solferino. Il peggio dovrà ancora arrivare. Piero Ottone, il direttore di una delle stagioni migliori del Corriere, poco tempo dopo l’uscita della famiglia Crespi, si dimette.

Nella scrivania che fu di Luigi Albertini arriva Franco Di Bella, iscritto alla P2. Direttore generale viene nominato Bruno Tassan Din, anche lui iscritto alla loggia segreta P2. Finisce in carcere per il crack dell’Ambrosiano. Il gruppo Rcs trascina il Corriere nell’abisso dell’amministrazione controllata. In prima pagina compare un’intervista a Licio Gelli di Maurizio Costanzo, anche lui iscritto alla P2.

A metà degli anni settanta in Italia nascono diversi giornali. In Sardegna, all’ inizio dell’estate del 74, arriva in edicola TuttoQuotidiano con il patrocinio occulto di Flavio Carboni. Un’esperienza breve nonostante il grande successo editoriale dovuto all’impegno di un gruppo di giovani cronisti e soprattutto dei giornalisti democratici usciti dalla Nuova Sardegna dove combattevano contro i silenzi sui disastri ambientali provocati dalla Sir del petroliere Nino Rovelli che nell’Isola, per difendere i suoi interessi, aveva comprato sia la Nuova Sardegna che L’Unione Sarda, con la complicità di una parte della classe politica. Ecco perché il libro di Giulia Maria Crespi è molto più di un’autobiografia.

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