Difendere i valori dell’Occidente? Sì, quali? [di Nicolò Migheli]

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Quasi fosse un riflesso istintivo, ogni qual volta si verifica un attentato o una strage a firma jihadista ricompare il mantra della difesa dei valori occidentali. Un richiamo che da pensatori e opinionisti è sceso per li rami fino a diventare senso comune. Ognuno ha poi la sua definizione di valore e di Occidente, dimostrando peraltro, che non vi è una condivisone assoluta su che cosa si intenda con quella espressione.

Il concetto di Occidente e quindi la definizione di civiltà occidentale che va per la maggiore, è di origine recente, nasce con la Guerra Fredda ed in contrapposizione al comunismo sovietico e alla Terza internazionale, vissuti come alterità rispetto alle democrazie liberali. Oswald Spengler, quando nel 1918 pubblicò Il Tramonto dell’Occidente, scriveva: “Ci si è proposti di predire il destino di una civiltà e, propriamente, dell’unica civiltà che  stia realizzandosi sul nostro pianeta, la civiltà euro-occidentale e americana, nei suoi stadi futuri.”

In realtà esprimeva il rimpianto e la perdita di una formazione sociale, e dei valori da essa espressi, fondata sul principio di autorità, sul legame con la tradizione, in piena contrapposizione con i principi e i valori nati con l’illuminismo. Una civiltà che si viveva come unica possibile. Lo scontro tra Kultur e Civilisation. Tra una concezione aristocratica e una democratica. Il tramonto di Spengler è quello degli Imperi Centrali sconfitti durante la Prima Guerra Mondiale. Già allora si confrontavano due visioni inconciliabili.

Però la paura del comunismo negli anni seguenti ha permesso in Germania, in Italia ed in mezza Europa con il fascismo e il nazismo, la sospensione della Civilisation per il ritorno di una Kultur, che trovava la sua legittimità nel legame sangue e terra più bieco. Una definizione di Occidente che contempla solo la penisola asiatica chiamata Europa e la sua propaggine nord americana. Il fondo ideologico dei movimenti populisti e paranazisti che infestano l’Europa. Un richiamo al suprematismo bianco rappresentato da quelle parole di Spengler “dell’unica civiltà che  stia realizzandosi sul nostro pianeta”.

Negano dignità alle altre se non per il conflitto permanente e la impossibilità ad ogni dialogo. In realtà se guardiamo agli studi dei linguisti e degli storici delle religioni, ci rendiamo conto che l’Occidente è una ibridazione di correnti di pensiero che dall’Indo vanno sino all’Atlantico. Il vero Oriente, l’altro da sé, sono le civiltà sino-coreano-giapponesi e del sud est asiatico. Almeno da Alessandro Magno in poi, il buddismo, le filosofie indiane, hanno influenzato l’Europa e il Medio Oriente. Le nostre stesse lingue sarebbero di derivazione indo-europea.

Quando si tentò di scrivere un preambolo alla abortita costituzione  europea, ci fu chi voleva che venissero inserite le radici ebraico-cristiane nei fondamenti culturali dell’Europa contemporanea; posizione limitativa di processi ben più complessi, come l’apporto dell’illuminismo alla nostra civiltà contemporanea. Non solo, una definizione di questo tipo relegava i 40 milioni di islamici europei in condizioni di minorità. Però anche l’islam è occidentale, almeno nella misura in cui noi siamo orientali. L’Islam discende dal dio di Abramo come ebrei e cristiani.

Tre visioni di Dio che nella nostra storia si sono scontrate con esiti drammatici. Gli ebrei, perseguitati dai cristiani perché deicidi. Con i musulmani uno scontro perenne dalla comparsa di quella fede che nei primi secoli ha conquistato territori e strappato credenti, spesso con la violenza, al cristianesimo. Nonostante questo l’Europa, dall’alto medioevo in poi si è ibridata con la cultura degli arabi islamici.

Sono stati loro ad aver  salvato dalla distruzione il pensiero e gli scritti dei filosofi greci. Sono stati loro il tramite perché in Europa arrivasse la cultura matematica indiana: il numero negativo. Molte delle nostre parole sono di radice araba.  Quali sono i valori dell’Occidente che si dovrebbero difendere? Quale l’unicità che contraddistingue il pensiero e la cultura dell’Europa? Massimo Cacciari la individua nella crisis, nell’accezione greca del termine  κρίσις:” scelta, decisione”, che a sua volta ha la radice in  κρίνω: “distinguere, giudicare”.

Quindi in quella tradizione filosofica di origine greca che ha permesso all’uomo europeo la messa in dubbio dell’autorità e delle formazioni sociali. La crisis come madre della capacità assertiva e negativa nel contempo. Una condizione che non ama percorsi che si sclerotizzano, disposta a mettere tutto in discussione. Una sorta di proto illuminismo parallelo di critica alle forme di pensiero e sociali fondate sull’ascrizione e sulla difesa dell’autorità. Pensiero che ha permesso la nascita del liberalismo, del pensiero socialista, del movimento delle donne, dei diritti dell’uomo, della democrazia e della modernità.

Quella nostra sia ben inteso, perché ogni formazione sociale ha la sua. Elaborazioni a cui hanno contribuito in egual misura filosofi di cultura  pagana, cristiana ed ebraica. Un clima culturale che ha permesso la teorizzazione della morte di Dio, la negazione dell’assoluto, il pensiero relativo. L’aspetto negativo è stata la volontà occidentale di aver creduto che i nostri valori  fossero gli unici possibili. Questa idea di supremazia si è tradotta nel fardello dell’uomo bianco, nella missione civilizzatrice, forma ideologica del colonialismo e dell’imperialismo. Oggi però abbiamo tutti gli strumenti culturali per riconoscere  e riparare, con la crisis appunto, il male che negli ultimi cinque secoli abbiamo fatto al resto del mondo.

Se noi abbiamo valori da difendere, se abbiamo ancora qualcosa da offrire alle altre civiltà è questo pensiero forte- per paradossale che sembri- che si nutre di contraddizione, non afferma verità rivelate, ridiscute tutto, è un farsi nel tempo. Questo è il nostro softpower, con cui neutralizzare il nichilismo che pervade le  frange di giovani preda dello Jihadismo. Naturalmente questo non basterà, se continuerà il neo colonialismo, il cinismo delle nostre èlite nei confronti dell’Africa e del Medio Oriente. La vendita delle armi alle petromonarchie. Non basterà se chiamarsi Ahmed significherà trovare lavori di scarto o non trovarne affatto. Con l’augurio che questa sia una Pasqua di rinascita per tutti.

 

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