Dal labirinto ai piani urbanistici [di Maria Antonietta Mongiu]

Cagliari

L’Unione Sarda 08/06/2016. La città in pillole. Chi si inurba prova smarrimwnto, ecco perché servono le mappe. Kobo Abe, scrittore giapponese, ebbe ragione quando nel 1967 scrisse che la città è “un infinito limitato. Un  labirinto dove non ci si perde mai.”. Non solo perchè la sua Tokyo, città per noi labirintica in quanto senza indirizzi, è una quinta scenica  di un investigatore che cerca Nemuro, un desaparecido, ma perchè in quella espressione concentra il senso stesso dell’urbano.

Comprese tutte le definizioni inventate da Omero ad Umberto Saba,  Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Aldo Rossi passando per filosofi, poeti, politici, urbanisti, narratori. Ci sono espressioni più evocative di polis, civitas, urbs? Chi ne ha inventato di altrettanto potenti? Tutte le declinazioni da lì discendono.

Quando Kobo Abe inventò la sua non solo di Tokyo parlava ma anche di Cagliari di cui, probabilmente, non conosceva l’esistenza e di tutte le città: quelle visibili ed invisibili, reali o immaginarie. Siamo a ridosso del ‘68 che vedrà con i ragazzi la città protagonista di rivoluzioni che costruiranno geografie impensabili in cui compaiono le donne. Dove poteva accadere la più grande rivoluzione pacifica della storia se non nell’urbano dove, malgrado il sangue dei femminicidi, siamo certe che non ci perderemo?

Chi s’inurba a tutta prima prova smarrimento. Ecco perchè c’è bisogno di mappe. Le città antiche le avevano. Erano governate da orientamenti, tutti nella dimensione del sacro, e gli stessi confini tracciavano orizzonti simbolici da non “oltrepassare“. Non c’è caos o disordine ma le ragioni della civitas. Oggi li chiamiamo piani urbanistici. Cagliari ne è sprovvista. Un tempo si parlava persino di piano regolatore dei tempi, delle donne e dei bambini.

Sarà il caso di rintrondurli nel linguaggio e nella praxis di chi amministra perchè non si perdano civitas ed urbs. Cagliari corre il rischio.

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