Ti amo da morire [di Susi Ronchi]

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Abbiamo detto tutto? Forse sì. Ma come lo abbiamo detto? Certamente è bene ripetersi  con una consapevolezza più profonda  e  un linguaggio rinnovato, dato che  a ripetersi  sono anche  i numeri dei femminicidi, delle violenze, degli  abusi. Un’ amica, Luisa Budroni, psichiatra nel carcere di Nuchis, apre  uno spiraglio e mi dice: “Fino  a qualche anno fa vedevo solo donne in terapia. Oggi vedo anche uomini maltrattanti, e questa è una novità, è la strada da percorrere.“.

Gli uomini violenti, identificati da Shakespeare nel ”mostro dagli occhi verdi”, in preda al furore per la perdita del possesso, del bene-donna di loro proprietà, si trasformano in assassini, così  Otello  uccide  Desdemona, accecato dalla  rabbia per vendicare  l’onta di un tradimento, che in realtà non c’ è mai stato, ma in realtà il movente è ancora più inquietante e complesso: affermare il proprio dominio sulla persona-oggetto considerata proprietà privata.

Gli uomini hanno bisogno d’ aiuto, alcuni chiedono aiuto, vogliono farsi curare, o meglio devono farsi educare, perché il fenomeno della violenza  è  frutto di una inadeguata   educazione culturale, di una vecchia, ma persistente, concezione della donna, che non rispecchia la realtà oggettiva, che non si è evoluta in parallelo alla crescita delle competenze e del ruolo sociale  ed economico conquistato  dal mondo femminile.

Da qui una discrasia pericolosissima che produce nell’uomo reazioni esasperate nel momento in cui entrano in conflitto le due rappresentazioni della donna:   quella percepita  attraverso una educazione stereotipata e quella reale, oggettiva. Ecco perché nella lotta a questa strage nessuno si può tirar fuori: la violenza è trasversale, tocca  tutte le coordinate  della  nostra società e l’Oms lo ribadisce ricordando che rappresenta  la maggiore causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo.

Non c ‘è età  però che si pone al riparo da questo orrore,   che matura in condizioni di psicopatologia dell’ Amore, con distorsioni e conflittualità  coperte o latenti . “Ti amo da morire“: rassicurazione o minaccia? Una medaglia a due facce  perché se l’amore non è vero amore, se  i sentimenti  dell’ amore non sono autentici sentimenti, se la relazione sentimentale si basa su presupposti  distorti, sbagliati, che trasformano dolore e sofferenza per un abbandono, una separazione, in rabbia, odio, rancore, desiderio di farla pagare, allora queste reazioni emotive sono il preludio di una burrasca, se non di una morte annunciata, perché gli uomini usano la violenza  per rafforzare il loro potere o per bloccare un regresso di questo potere, infatti : “Dove  regna l’Amore non c ‘e’ la volontà di Potere; dove la volontà di Potere  è  sovrana manca l’ Amore” sostiene C.G.Jung.

Allora dobbiamo aiutare noi  stesse aiutando  gli uomini a capire  che la  perdita è un valore costante  della vita e che a questo si devono rassegnare guardando oltre: si perde la giovinezza, si perde il lavoro col  pensionamento, si abbandonano alcuni stili di comportamento con l’avanzare dell’età,  si “perdono”  i propri figli che vanno verso il loro futuro, tutto cambia, si perde tanto, ma si acquista altro, molto altro.

Bisogna saper elaborare il cambiamento. Ecco perché dobbiamo lavorare alle radici per abbattere  gli stereotipi che condizionano negativamente l’ opinione pubblica e il senso comune, dobbiamo costruire nuovi modelli culturali , trasmettere i  valori della cultura della parità attraverso il linguaggio di genere, perché,  come sostiene la neuroscienziata, senatrice a vita Elena Cattaneo, bisogna “abituare  le nuove generazioni a un linguaggio declinato al femminile.

Siamo tutti d ‘ accordo che occorre un cambio di passo, che veda uniti, uomini, donne, famiglie,  nella battaglia comune: bisogna parlarne e continuare a parlarne, ma la voce delle donne non basta, serve anche quella degli uomini  che devono schierarsi in prima fila e farsi promotori di una campagna mediatica capillare per  veicolare i più efficaci messaggi contro il femminicidio.

Si può fare, tutti insieme, raccogliendo in una piattaforma operativa  le competenze, le specialità, le volontà operose di uomini e donne per aprire la strada all’affermarsi di una vera e propria mobilitazione,  e  per dire con maggiore forza #mai più complici!

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