La diocesi di Ottana e quella di Crysopolis [di Massimo Pittau]

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Ottana (localmente e nella zona Othana, Otzana) (villaggio della provincia di Nùoro) – È cosa abbastanza nota che la Sardegna, la Sicilia e l’Africa proconsolare (odierne Tunisia e Algeria) furono i tre principali granai di Roma: tria frumentaria subsidia reipublicae, le chiama Cicerone (de imp. C. Pompei, 12, 34), regioni dalle quali la città dominante a lungo trasse grandi quantità di grano necessario per il sostentamento delle sue folle cittadine e dei numerosi reparti del suo grande esercito.

E in proposito si deve precisare che in quei tempi il pane di grano costituiva la parte principale del cibo dell’intera popolazione, non ancora sostituito, almeno in parte, dal granturco e dalle patate, che non si conoscevano ancora. Si deve pure precisare che delle tre citate regioni frumentarie di certo la Sardegna era la più importante, in ragione diretta della sua maggiore vicinanza a Roma. Ed infatti da numerose testimonianze storiche antiche risulta che l’arrivo o il mancato arrivo o il ritardo dell’arrivo del grano dalla Sardegna a Roma condizionò notevolmente lo svolgimento degli eventi, soprattutto nei periodi di guerre, ad es. quelle intestine fra le diverse fazioni e tra i vari pretendenti al potere sulla città.

Ovviamente il grano della Sardegna salpava per Roma, o meglio per il suo porto di Ostia, partendo da tutti i porti dell’Isola, ma soprattutto da quelli più vicini ad Ostia, ossia i porti nord-orientali, cioè Turris Libisonis (Porto Torres), Tibulae (Castelsardo), Olbia e foce del Cedrino, col porto fluviale che cominciava ad Orosei e arrivava fino a Galtellì. La produzione del grano sardo veniva mandata avanti in larga prevalenza da grossi latifondisti romani, latini od italici, i quali avevano acquistato a basso prezzo dallo Stato romano grandi appezzamenti di terreno strappati ai Sardi o ai Cartaginesi sconfitti e lo coltivavano con schiere di schiavi e anche di coloni, guidati da liberti, mentre essi, i padroni, continuavano a vivere a Roma o nella Penisola.

La presenza di molti latifondisti romani in Sardegna – nella maniera or ora detta – è chiaramente dimostrata dal fatto che numerosi nomi di luogo o toponimi sardi, soprattutto delle zone meglio coltivabili, derivano da altrettanti gentilizi romani. Uno di questi toponimi è Otti di Oschiri (cfr. Nostra Signora de Otti), il quale si può con tutta tranquillità far derivare dal gentilizio lat. Ottius (RNG), in regolare caso vocativo. Ma sempre in agro di Oschiri compare un altro toponimo, che può essere riportato al medesimo gentilizio romano ed è Ottana. Anche questo può essere facilmente spiegato come derivato da una locuzione lat. (villa) Ottiana «(tenuta o fattoria) di Ottio».

Spesso questi latifondisti romani erano anche grossi capitalisti, che come tali potevano avere possedimenti in varie località dell’Isola. Ad esempio, il gentilizio e cognomen lat. Silanus, che era peculiare di una importante famiglia senatoria, ha lasciato tracce nel Marghine e precisamente nel nome del paese di Silanus (propriamente Silanos). Ma esistevano altri due villaggi Silanos presso Sedini e Galtellì e inoltre esistono attualmente siti chiamati Silanos presso Giave, Silanu ad Osilo, Silanus ad Orgosolo e a Villagrande Strisaili.

Un altro latifondista e capitalista romano *Ortellius aveva interessi agrari ad Orotelli (in sardo Orotteddi, mediev. Ortelli; vedi), presso Bono in Norteddi (da in Orteddi) e probabilmente anche interessi minerari presso Lula in località Orteddi e presso Baunei-Urzulei in località Oroteddi, per le miniere rispettivamente di piombo argentifero e di rame.

Pure il già visto Ottius, oltre che presso Oschiri, molto probabilmente aveva possedimenti e interessi agrari nella piana di Ottana, la cui denominazione corrisponde alla già vista Ottana di Oschiri, che probabilmente è da spiegarsi anch’essa come (villa) Ottiana «(fattoria o tenuta) di Ottio». La esatta pronunzia locale e della zona di Othana e Otzana ci potrebbe dare un’ottima conferma della perfetta derivazione di questo toponimo dal lat. (villa) Ottiana.

Questa (villa) Ottiana, poi bidda ‘e Othana, sarà diventata in seguito abbastanza grossa e anche importante in virtù delle grandi quantità di grano che produceva e che mandava ad Ostia, di certo attraverso il porto fluviale di Galtellì-Orosei e attraverso il valico che esiste a Nùoro tra la valle del Tirso e la valle del Cedrino.

Una massiccia presenza nella piana di Ottana dell’elemento antropico romano, costituito da liberti, coloni e schiavi e probabilmente anche da veterani ricompensati al loro congedo con appezzamenti di terreno, è indiziata dai nomi di stanziamenti umani molto vicini, come il già visto Orotteddi/Orotelli, il confinante Oddini, dal gentilizio lat. Ollinius (RNG) e poi Orani/Orane dal gentilizio lat. Oran(i)us (RNG).

 In età romana di certo Ottana sarà diventata anche un importante centro amministrativo, politico e militare. Lo dimostra chiaramente il fatto che, all’epoca della diffusione del Cristianesimo nella Sardegna interna (dove, secondo la nota testimonianza di Gregorio Magno – papa dal 590 al 604 – è arrivato non prima del VII secolo dopo Cristo), Ottana divenne la capitale di una abbastanza grande diocesi, la quale comprendeva i seguenti paesi: Macomer, Mulargia, Borore, Birori, Noragugume, Bortigali, Sauccu (Santa Maria de), Dualchi, Silanus, Lei, Bolotana, Illorai, Esporlatu, Bortiòccoro, Bottidda, Orotelli, Orani, Sarule, Oniferi, Nurdole e Nùoro.-

Dentro l’abitato di Ottana, al lato della strada Abbasanta-Nùoro, esistono resti di una vecchia costruzione, che la tradizione popolare presenta come quelli dell’antica cattedrale, precedente a quella di San Nicola. A me sono sembrati di fattura romana e sarebbe molto opportuno che si facessero scavi appositi per appurare la questione. Comunque è evidente che quei resti sono da salvaguardare, dato che sono anch’essi i segni dell’importanza che Ottana ebbe in epoca antica.

Però il paese entrò in grave crisi quando nella sua piana si diffuse l’infezione malarica, per effetto della quale quasi certamente nel periodo estivo il Vescovo risiedeva ad Orotelli; e risiedeva anche ad Orani, come mostra luminosamente il nome del suo vecchio rione Piscopío (dal greco bizantino episkopíon), di certo per sfuggire appunto ai pericoli della malaria e anche a quelli del clima troppo caldo della valle (cfr. Bono, Elini, Giave, Osini). È da respingersi la tesi di Pasquale Tola, secondo cui il primo capoluogo della diocesi fosse Orotelli, da cui in seguito il vescovo si sarebbe trasferito ad Ottana.

D’altronde Ottana continuò ad essere la capitale della diocesi per tutto il periodo medievale, come dimostrano chiaramente le Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV – Sardinia (RDS). Fino a che il centro della diocesi nel 1502 fu trasferito ad Alghero, evidentemente perché questa città risultava molto meglio collegata con la Spagna, ormai padrona assoluta della Sardegna. Nonostante la sua crisi di carattere antropico e anche istituzionale, è un fatto che fino alla metà del secolo scorso la piana di Ottana era famosa per la grande quantità di ottimo grano che produceva.

Le più antiche attestazioni del nostro villaggio si trovano nei seguenti documenti: Regesto Camaldolese num. 745, firmato a Saccargia il 16 dicembre 1112, dove si cita Iohannes ep. Othanensis; Carta di revoca tributaria a favore di Montecassino dell’anno 1170, dove viene citato donnu Zacharia episcopo de Othan (CREST XXIV 11), quello che dieci anni prima, cioè nel 1160, aveva consacrato la nuova chiesa cattedrale dedicata a San Nicola (vedi S. Merche, Cenni storici sull’antico Vescovado di Ottana, Cagliari 1923); Condaghe di Silki, nel quale figura come capoluogo di una curatoria, di cui viene citato il curatore: Gosantine de Campu curatore d’Ozan (CSPS 387).

Inoltre il nostro borgo, nella forma di Oçana, è citato tra i centri abitati che nel 1388 sottoscrissero la pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona (CDS I 836/2). Ed è citato parecchie volte anche nella Chorographia Sardiniae (136.31; 138.4; 178.11; 180.5; 182.5) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Orotelli [localmente e nella zona Orot(t)eddi] (villaggio della provincia di Nùoro). L’abitante Orot(t)eddesu – Una delle più antiche documentazioni di questo villaggio si trova nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (CSMB 177), dove si parla di un certo Petru de Zori de Ortelli. Molto antica, e precisamente del 1139, è anche l’altra citazione di un certo Ugone vescovo di Ortilli, il quale donò al monastero di San Salvatore di Camaldoli la chiesa di San Pietro in Ollin con tutte le sue pertinenze (Codex Diplomaticus Sardiniae, I 213/1, 215/2). In questo documento Ortilli è chiaramente una forma errata, forse per supercorrezione, di Ortelli e San Pietro in Ollin è l’odierno San Pietro di Oddini, che è proprio nel territorio di Orotelli/Orani.

Ciò premesso, dico che è molto probabile che Orotelli/Oroteddi derivi, con una anaptissi, da un gentilizio lat. *Ortellius (al vocativo) (cfr. Ortelius; RNG). In Sardegna si conservano ancora, come antroponimi e come toponimi, numerosi gentilizi o cognomina latini in caso vocativo, caso che con gli antroponimi era, per un motivo ovvio, quello più frequente: un individuo viene più spesso “vocato” o “chiamato” che non “nominato” o “citato”.

Ortellius sarà stato uno dei latifondisti romani che in Sardegna avevano ampi possedimenti, nei quali producevano grandi quantità di grano, che mandavano sistematicamente a Roma, per nutrire la famelica folla della capitale dell’Impero e i numerosi reparti del suo grande esercito. Ortellius avrà avuto i suoi possedimenti nella piana di Ottana, la quale fino alla metà del secolo scorso era famosa per la grande quantità di ottimo grano che produceva. Però, molto probabilmente per sfuggire in estate al caldo eccessivo e anche al pericolo della malaria imperante nella piana di Ottana, Ortellius – oppure il suo liberto amministratore – avrà preferito vivere non ad Ottana, bensì ad Orotelli, cioè nella villa o fattoria che da lui avrà preso il nome.

Esattamente come si intravede che facesse pure un altro latifondista romano che aveva pure lui possedimenti nella piana di Ottana, Oran(i)us, il quale preferiva vivere nella villa o fattoria che da lui prese il nome di Orane od Orani. D’altra parte è anche probabile che Ortellius avesse terreni pure nella vicina piana di Benetutti, come suggerisce il toponimo Norteddi di Bono, che si potrebbe interpretare come derivato dalla locuzione locativa in Orteddi, in Norteddi.

Non solo, ma, considerato che nell’agro di Lodè/Lula esiste un altro toponimo Orteddi e nell’agro di Urzulei un altro Oroteddi, siamo anche spinti ad interpretare che il latifondista Ortellius avesse pure interessi nell’estrazione dei minerali di piombo argentifero di Lula e di rame di Baunei- Urzulei. Sarà stato dunque un grosso latifondista e capitalista, il quale, come capitava spesso allora, molto probabilmente continuava a vivere a Roma o nella Penisola, venendo saltuariamente in Sardegna e curando i suoi interessi agrari e minerari per mezzo dei suoi liberti appositamente mandati nell’Isola.

Che Oroteddi derivi da un originario *Orteddi probabilmente è confermato dal toponimo del suo territorio Arteddane, il quale sarebbe da intendersi come *Orteddane «Orotellese», derivato da un originario *Ortellane (anch’esso al vocativo).

Noi sappiamo che Ottana in epoca medievale era il capoluogo di una diocesi, però quasi certamente, almeno nel periodo estivo, anche il vescovo di Ottana era solito risiedere a Orotelli (cfr. Codex Diplomaticus Sardiniae, I 193/2), sempre per sfuggire al caldo estivo e al pericolo della malaria. E in questo modo e per questa ragione si spiegano i due toponimi di Orotelli: Píscapu «Vescovo» (dal greco bizantino Epískopos) e Campu ‘e Preíderos «Campo dei Preti» (dal lat. praebyter per presbyter; NVLS). Inoltre, proprio alla presenza, anche saltuaria, del Vescovo ad Orotelli si deve la costruzione della sua bella chiesa di San Giovanni, che è del sec. XII ed è precedente alla cattedrale di San Nicola di Ottana.

Che Orotelli fosse la sede almeno temporanea del vescovo di Ottana è dimostrato anche dal fatto che il villaggio non viene mai citato dalle Rationes Decimarum Italiae – Sardinia del sec. XIV; proprio come queste fanno con i capoluoghi delle altre diocesi. Il che ci fa supporre che, mentre le decime delle parrocchie di ciascuna diocesi andavano alla curia romana, quelle del capoluogo rimanevano alla corrispondente curia vescovile.

Da lungo tempo circola ad Orotelli e nei dintorni una differente spiegazione del toponimo Orotelli: esso deriverebbe da una frase lat. Auri tellus «Terra d’oro». Si tratta però di una banale “paretimologia” o “etimologia popolare”, che si deve respingere con decisione: infatti, ai sensi delle norme della fonetica storica della lingua sarda – ormai da tempo conosciuta alla perfezione – da una frase lat. Auri tellus sarebbe derivato un toponimo sardo *Arideddus, non Oroteddi. Sul piano semantico poi si aggiunge la grande difficoltà che non avrebbe nessuna ragion d’essere il riferimento all’oro sia per Orotelli sia per il suo territorio.

D’altra parte è curioso constatare che la etimologia popolare di Orotelli = Auri tellus «Terra d’oro» molto probabilmente venne fatta anche in epoca bizantina, sempre con riferimento alla espressione latina. Gli scrittori bizantini Giorgio Ciprio (Descriptio, 682) e Leone il Saggio (Episc. Orient. Not.), infatti, parlano del capoluogo di una diocesi sarda, che chiamano Chrysópolis, cioè «Città d’oro».

A lungo questo capoluogo di diocesi è rimasto del tutto sconosciuto e soltanto di recente esso è stato identificato “con probabilità” con Forum Traiani (Fordongianus), ma senza neppure un’ombra di prova e di dimostrazione (vedi R. Zucca, “La Sardegna – I tesori dell’archeologia” (Sassari 2011, vol. 5°, pg. 11). A mio giudizio invece Chrysópolis «Città d’oro» non è altro che una etimologia popolare dell’originario Ortelli, erroneamente interpretato come «Terra o città d’oro».

Ad arrivare a questa etimologia popolare i Bizantini saranno stati spinti dal fatto che certamente alla loro epoca il lat. aurum «oro» veniva ormai pronunziato *orum, con una mutazione fonetica che nella lingua latina aveva cominciato a manifestarsi già in epoca classica: cauda/coda, caudex/codex, caulis/colis, caupo/copo, caurus/corus, claudus/clodus, faux/fox, plaustrum/plostrum, plautus/plotus, ecc.

Se questa mia ricostruzione etimologica è esatta – e a me sembra almeno molto verosimile – se ne deve concludere che Chrysópolis di Giorgio Ciprio e di Leone il Saggio costituisca la più antica citazione non soltanto del centro abitato di Orotelli, ma anche della diocesi di Ottana.

Mi sento infine in obbligo di precisare che in precedenza io avevo interpretato Chrysópolis come una lettura errata di Neapolis, nome della città omonima del golfo di Oristano, ma ho rinunziato a questa ipotesi avendo considerato che non risulta che Neapolis sia mai stata capoluogo di una diocesi.

Orotelli e anche Oddini (evidentemente villaggio a sé, ancora abitato) sono citati nell’atto di pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388 (Codex Diplomaticus Sardiniae, I 836/2). Inoltre l’oppidum Orotellis è citato nella Chorographia Sardiniae (182.5) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

**Estratto dalle opere di M. Pittau, I toponimi della Sardegna – Significato e origine, 2 Sardegna centrale (I Macrotoponimi), Sassari 2011, EDES (Editrice Democratica Sarda) e Luoghi e Toponimi della Sardegna, Ipazia Books 2016 (Amazon).

 

 

 

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