Verso la dissipazione della bellezza e del paesaggio? Spigolature in margine al Ddl urbanistico della giunta Pigliaru [di Franco Masala]

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E pensare che già la Legge 29 giugno 1939, n. 1497 recante il titolo Protezione delle bellezze naturali prevedeva la possibilità di una loro tutela anche mediante un “piano territoriale paesistico”, contenente norme cui adeguarsi per ogni tipo di intervento nella zona interessata. Si sottolineava dunque non soltanto l’aspetto estetico dei luoghi o le singolarità geologiche e la fruizione pubblica ma anche un’attenzione estesa verso il paesaggio in generale.

Posizione di assoluta avanguardia quando si pensi che la prima legge urbanistica nazionale sarebbe stata promulgata soltanto nell’agosto 1942, in piena seconda guerra mondiale. E i padri costituenti avrebbero ribadito l’attenzione al paesaggio e al patrimonio storico e artistico della Nazione in quell’art. 9 della Costituzione della Repubblica italiana, ormai sempre più citato e sempre meno rispettato.

Desta allora meraviglia che il Ddl urbanistico dalla giunta regionale della Sardegna dal titolo “Disciplina generale per il governo del territorio” segni un ritorno indietro rispetto alla considerazione di quelle risorse paesaggistiche e ambientali che erano state fatte proprie già dal PPR del 2006.

Anche l’esame degli aspetti edilizi non è da meno: basta una rapida scorsa, per esempio, alla “Determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico” per comprendere come l’incremento della ricettività alberghiera ed extra-alberghiera possa contribuire a una pesante alterazione della inedificabilità della fascia costiera, ormai recepita dalla pianificazione urbanistica e fonte di interesse continuo da parte della fruizione pubblica.

Viene da pensare: e tutte le case abbandonate anche in insediamenti vicini alle coste e con buone possibilità di utilizzo a fini turistici non banali? C’è proprio bisogno di una ulteriore cementificazione quando si è fatta strada, con forza sempre crescente, la ricerca di una qualità ambientale da parte del turista e dei residenti?

Risale ormai a ben 36 anni fa la segnalazione della prassi tutta sarda del “rimboschimento costiero a ville” all’interno della mostra Vivere in Sardegna, allestita dall’Associazione Italia Nostra nella chiesa inferiore e nel chiostro di San Domenico a Cagliari. Nel suggestivo luogo si snodava un’agile struttura metallica a supporto di pannelli fotografici di 1 m per 1 m che affrontavano i temi più significativi di una Sardegna che si muoveva tra turismo in crescita e problematiche industriali. Erano otto capitoli che vertevano sui problemi del territorio, del paesaggio, dei beni culturali, degli insediamenti urbani, della salute.

Era il 1981 e, in particolare, veniva messo in discussione il progetto della “Costa Turchese” di Silvio Berlusconi per insediamenti turistico-residenziali (presentato all’amministrazione comunale di Olbia) che suscitò contrasti politici anche all’interno della maggioranza del governo regionale di allora e portò a un nulla di fatto.

Ieri case, oggi strutture alberghiere. È opportuno ribadirlo anche per ricordare, a poco più di vent’anni dalla scomparsa, il grande giornalista Antonio Cederna che fu attivissimo nella denuncia di fatti e misfatti del territorio isolano sia con la presenza diretta sia attraverso memorabili articoli del Corriere della sera, diretto da Piero Ottone.

Una visita al sito http://www.archiviocederna.it non farà che confermare quei pericoli che sembrano ancora quelli di oggi.

 

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