E’ sulle modalità di spesa e sulle progettualità e non sul calcestruzzo nelle coste che si misurano le classi dirigenti [di Redazione]

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Per le considerazioni sopra esposte, il FAI indirizza un pressante invito alla sensibilità della Giunta al fine di porre rimedio e riconsiderare quello che appare a tutti gli effetti uno scivolone.”  Tali le parole del presidente del Fondo Ambiente Italiano Andrea Carandini; lo scivolone in questione sono le ultime scelte della giunta Pigliaru in tema di urbanistica e di governo del territoro.

Non c’è altro orizzonte di sviluppo possibile oltre  quello misurato in volumetrie e fiumi d’industria per un presidente cui la Sardegna, oltre tre anni  orsono, affidò la sua autonomia? Qualcuno ha definito la sua giunta “sviluppista“, con l’orologio fermo agli anni Sessanta/Settanta, e con una traiettoria che percepisce i sardi incapaci di determinare il futuro a partire dalle proprie capacità e risorse, tra cui rilevanti quelle paesaggistiche e culturali.

Colpisce come due dei più importanti assi di gestione del territorio – consumo di suolo e industria pesante – abbiano quali base teorica ed orizzonte i medesimi di chi governava la Sardegna appunto tra gli anni ’60 e ’80.

Colpisce ancora di più poiché è palese come il doping della chimica di base, abbia dimostrato tutta la sua impossibilità di durare nel lungo termine; come non sia credibile dilatare la stagionalizzazione del turismo con aumenti volumetrici, senza obbligo di destinazione d’uso; come le ultime scelte urbanistiche – in primis il tentativo, costituzionalmente illegittimo, di scardinare il PPR – cerchino di coinvolgere persino aree quali sono quelle destinate allo sviluppo artigianale e industriale dei comuni.

Nella comunicazione regionale la difesa di tali scelte segue due strade. La prima, l’ineluttabilità del sacrificio di ambiente e vocazioni territoriali sull’altare della modernità industriale chimica e pesante (di stampo otto-novecentesco); la seconda, che chi critica ciò è considerato  un ambientalista talebano o  giacobino.

Ma è di evidenza che il silenzio della politica sarda da una parte e l’immotivata aggressività della giunta dall’altra non sono che facce di quel solco irreversibile tra la maggioranza al governo e la sua base. Si è già manifestato con il risultato bulgaro del NO al Referendum, come in nessuna altra regione, e con la diminuita partecipazione alle primarie del PD. Si può anche fare finta di nulla ma l’attuale maggioranza rischia di essere un’organizzazione formata da solo personale politico al governo.

Il buon senso politico dovrebbe suggerire più attenzione all’opinione pubblica per evitare tracolli alle prossime scadenze. Il centro sinistra ha già perso importanti comuni: Olbia, Tempio, Porto Torres, Carbonia, Assemini per citare i più importanti.  E’ necessario che il presidente Pigliaru revochi le due delibere di marzo perchè inemendabili e perchè dall’ elettorato non ebbe il mandato di fare peggio di Cappellacci in materia di paesaggio & consumo di suolo ma quello di completare il PPR, straordinario strumento di sviluppo sostenibile che, da assessore,  votò nel 2006.

Il paesaggio ed il suolo della Sardegna non sono nella disponibilità della giunta e neanche dei Sardi. L’art. 9 della Costituzione, che presidia anche il nostro PPR, dice, a chiare lettere, che sono bene comune dell’umanità. L’assenza di autocoscienza di quanto contenuto nel PPR,  in tema di sviluppo sostenibile, ed i tentativi di delegittimare chi lo difende sono ostativi alla dialettica ed all’incontro, necessari in ogni comunità.

La posizione che molti stanno esprimendo nella difesa della Sardegna, nel proteggere il territorio, nel voler costruire una nuova strada deriva dalla volontà di non impedire ai sardi, o agli investitori, di “far soldi“. Si vuole progettare un modo migliore, sano, di lunga durata, fondato sul valore della nostra isola. Nel negare diritto di asilo ad altro calcestruzzo non si vogliono negare posti di lavoro, bensì muovere più capitali con ristrutturazioni e abbattimenti degli orrori che si sono costruiti e dare dignità abitativa alle periferie da cui sono afflitti persino i paesi più piccoli.

Lasciamoci con un esercizio. Dividendo semplicisticamente il dato del bilancio regionale per il numero dei sardi verrebbero fuori interessanti soprese, perché è sulle modalità di spesa, e sulla progettualità, che si misurano le classi dirigenti.

Quali le progettualità? Quali i germi di elementi di lunga durata richiesti nell’azione dei decisori regionali?

Proteggere la terra per proteggere l’humus di civiltà. Proteggere, cioè, l’unione di tradizioni, visione autoriconoscente, capacità di donare cittadinanza e di fare comunità che da millenni fondano il mondo mediterranoeo. La cesura antropologica rappresentata dalla fascia centrale del Novecento non ha annichilito la totalità di tale patrimonio.

E’ come se a chi vive la presente contemporaneità fosse stata donata una seconda possibilità, una seconda scelta. Non seppelliamola con nuove centrali a carbone, gasificatori, inutili metanizzazioni per industrie che non ci sono.

 

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