Le canzoni non si leggono, si cantano [di Bob Dylan]

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La Stampa 06/06/2017. Appena ricevuta notizia di questo Premio Nobel per la Letteratura, mi sono domandato in che modo le mie canzoni riguardassero la letteratura. Ho voluto riflettere e trovarne il nesso. Ora vorrei cercare di esporvi le mie riflessioni. Molto probabilmente girerò a vuoto, ma spero che quello dirò sia di qualche utilità.

Moby Dick è un libro affascinante, ricco di scene e dialoghi drammatici. Pretende molto dal lettore. La trama è semplice. Il misterioso Achab – capitano di una nave chiamata il Pequod – è un egomaniaco con una gamba di legno che insegue la sua nemesi, il grande capodoglio bianco Moby Dick che si era preso proprio quella gamba. Lui lo insegue dall’ Oceano Atlantico, attorno alla punta dell’ Africa fino all’ Oceano Indiano. […]

L’ equipaggio della nave è composto da uomini di razze diverse e chiunque fra loro veda per primo la balena riceverà come ricompensa una moneta d’ oro. Simboli zodiacali, allegorie religiose e stereotipi abbondano in questa storia.

C’ è un profeta pazzo, Gabriel, a bordo di uno dei vascelli che predice la sventura di Achab. Dice che Moby è l’ incarnazione di un dio che gioca a dadi, e che qualsiasi relazione con lui porterà al disastro. E lo dice in faccia al capitano Achab. […] Moby Dick è un racconto di viaggi di mare. Uno degli uomini, il narratore dice: «Chiamami Ismael». Qualcuno gli chiede da dove viene, e lui dice: «Non c’ è sulle mappe, i posti veri non ci sono mai».

[…] Alla fine Moby è intercettata, spunta l’ arpione. Le scialuppe sono calate. Gli arpioni battezzati nel sangue. Moby assale la barca di Achab e la distrugge. Il giorno dopo Moby è di nuovo avvistata. Le barche ancora calate. Moby torna ad attaccare Achab. Il terzo giorno esce un’ altra scialuppa. Allegorie religiose.

È risorto. Moby attacca di nuovo, sperona il Pequod e lo affonda. Achab resta impigliato nella corda dell’ arpione ed è gettato nella sua tomba marina. Ismael sopravvive. Galleggia sul mare in una bara. È tutto quel che c’ è da dire, tutta la storia. Il tema, con quel che implica, è presente nella maggior parte delle mie canzoni. […]

Niente di nuovo sul fronte occidentale è stato un altro libro decisivo. È una storia horror. Si perde la propria innocenza, la propria fede in un mondo governato da leggi sensate e la capacità di preoccuparsi per gli altri. È come essere imprigionati in un incubo. Succhiati in un vortice misterioso di morte e dolore. Ci si difende dall’ eliminazione, dall’ essere cancellato dalle mappe. Tanto tempo fa eri un giovane innocente con grandi sogni, speravi di diventare un pianista famoso. Una volta amavi la vita e il mondo, e adesso lo stai facendo a pezzi. […]

Che significa tutto ciò? Io e molti altri cantautori siamo stati influenzati proprio da questi temi. Possono significare un mucchio di cose. Se una canzone ti prende, è tutto ciò che serve. Non devo sapere che significa una canzone. Ho scritto di tutto nei miei pezzi. Non mi preoccupo certo di cosa vogliono dire. […] L’ Odissea è un libro eccezionale i cui temi ricorrono molto nelle ballate di molti autori: «Homeward Bound», «Green, Green Grass of Home», «Home on the Range» e ovviamente anche nelle mie canzoni.

L’ Odissea è un racconto strano e avventuroso di un uomo adulto che cerca di tornare a casa dopo aver combattuto in una guerra. Il suo viaggio di ritorno a casa è pieno di trappole e insidie. È condannato a vagare. Viene sempre trascinato al largo, la sua vita sempre sul filo del rasoio.

Macigni colpiscono la sua barca, fa arrabbiare persone che non dovrebbe. Ci sono agitatori fra i suoi uomini. Tradimento. I suoi sono prima trasformati in maiali per poi tornare uomini più giovani e più belli. Sta sempre cercando di salvare qualcuno.

È un uomo in viaggio, anche se fa un sacco di fermate. […] Quando nell’ Odissea Ulisse visita il famoso guerriero Achille nel mondo sotterraneo – Achille, che ha rinunciato a una vita lunga, piena di pace e di soddisfazione per una breve, piena di onore e gloria – dice a Odisseo che è stato tutto un errore. «Sono morto, è tutto».

Non c’ è nessun onore. Nessuna immortalità. E se avesse potuto, avrebbe scelto di tornare indietro e essere il debole schiavo di un contadino in Terra piuttosto di quello che è ora – un re nella terra dei morti – che, qualunque fossero i suoi tormenti terreni, sarebbero preferibili a quel posto di morte. Anche questo sono le canzoni.

Le nostre canzoni sono vive nella terra dei vivi. Ma le canzoni non sono come la letteratura. Sono state concepite per essere cantate, non lette. Le parole di Shakespeare dovevano essere recitate.

Proprio come i testi delle canzoni sono destinati a essere cantati e non letti. Io spero che alcuni di voi abbiano l’ occasione di ascoltare questi testi nel modo in cui sono stati concepiti ovvero in un concerto o su un vinile o in qualunque altro modo la gente di oggi ascolti la musica. Torno ancora una volta a Omero, che dice: «Narrami, oh Musa».

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