La scalata a Castello [di Francesco Sechi e Luca Guala]

Duomo di Cagliari Portale del Transetto

Abbiamo letto i recenti ed importanti articoli di Maria Antonietta Mongiu e di Alessandro Mongili che stimolanoo a ragionare sul tema dell’accessibilità al quartiere Castello. Noi da trasportisti ci chiediamo su come si possano conciliare posizioni opposte in merito alla realizzazione del parcheggio di Via del Cammino Nuovo e al potenziamento e rinnovamento degli ascensori, ipotesi che riteniamo valide dal punto di vista trasportistico.

Certamente, il nostro è il ragionamento da ingegneri trasportisti che cercano soluzioni in grado di garantire l’accessibilità ai luoghi, nel modo più sostenibile possibile ma con efficacia. Questo, in estrema sintesi, significa favorire soluzioni alternative alle auto e, laddove queste alternative non siano idonee a tutti, assicurarsi che coloro che abbiano necessità di accedere con il loro mezzo privato non lascino tale mezzo nelle vie o nelle piazze occupando quindi degli spazi di valore, sottraendoli ad altri usi.

Questo principio, espresso nel Piano Urbano della Mobilità di Cagliari, lo riteniamo ancora valido nonostante siano passati 10 anni dalla sua redazione. Detto ciò rimane la domanda di fondo: com’è che due visioni, l’aumento dell’accessibilità e il preservare un luogo storico dalla realizzazione di sistemi di trasporto aggiuntivi, si possono conciliare? Quale è il sistema di trasporto alternativo all’auto ed efficace che concilii le due visioni?

Ecco una piccola storia per aiutare a capire. Un giorno, percorrendo la via Manno, ci siamo fermati a curiosare nella vetrina di una libreria dove sono esposti pochi i libri  (qualche decina) rispetto a quelli dentro la libreria (alcune migliaia), la maggior parte dei quali sono infilati in uno scaffale con la sola costola in vista e la copertina nascosta.

Il tema è quanto fosse enormemente superiore la visibilità dei libri in vetrina, rispetto a quella dei libri riposti internamente. Questo non solo perché quei libri erano in vetrina ma perché facenti parte di una ridotta selezione rispetto alle migliaia degli altri libri in vendita all’interno. E quanto fosse enormemente superiore la probabilità che uno di questi fosse scelto e quindi acquistato rispetto agli altri. La visibilità, in questo caso, equivale all’accessibilità.

Eppure questo fatto non ha impedito, ad esempio, ad un famoso libro di Jeremy Rifkin “La Terza Rivoluzione Industriale” di essere da noi acquistato in una giornata in cui abbiamo deciso di acquistarlo: siamo entrati, l’abbiamo richiesto, lo hanno recuperato in un ripiano nascosto da una pila di libri e ce lo hanno dato.

In quel momento quel libro non aveva necessità di essere esposto in vetrina perché l’acquirente ne conosceva il valore e voleva quello. Il suo valore e la sua notorietà hanno prevalso nettamente sulla sua visibilità. La “facilità a vederlo” di un altro libro esposto in vetrina non ha prevalso sulla determinazione ad acquistare proprio quello.

L’uso del sostantivo “facilità” non a caso, perché ad esso si associa anche il concetto di “accessibilità”: un luogo è accessibile non in quanto velocemente raggiungibile ma in quanto “facilmente” raggiungibile per la maggior parte, o tutte le categorie di persone. Si dice che un territorio accessibile è un territorio di valore o, visto da un altro punto di vista, significa anche che meno valore ha un luogo e più ha necessità di essere reso accessibile.

Ecco quindi che chi ritiene il livello di accessibilità di Castello insufficiente, a ragione o torto, lo fa comparandolo con il valore che egli attribuisce al quartiere: Castello è inaccessibile rispetto a quello che è e che dà. La risposta alla domanda iniziale allora sta tutta qui. Per poter conciliare le due visioni occorre rendere secondario il ruolo dell’accessibilità, che significa aumentare l’attrattività del quartiere per risedervi o per usufruirne dei servizi.

E quindi le soluzioni da applicare “ascensori sì, ascensori no” “parcheggio sì parcheggio no” o altre soluzioni che possono essere individuate, sono strettamente correlate al valore percepito da chi lo vive o ne trae vantaggio. Più è alto il valore percepito e più si è disposti ad accedervi anche se in maniera meno facile. Ma questa potenzialità di crescita è reale? Può crescere il livello di competitività del quartiere Castello nei confronti degli altri quartieri con i quali è in competizione senza aumentarne la sua accessibilità?

Sinceramente non ssappiamo dare questa risposta ma quel che è certo è che i sistemi di accessibilità saranno tanto meno impattanti e meno complessi, quanto più urbanisti, economisti, storici e sociologi saranno in grado di trovare soluzioni che permettono di aumentare la capacità attrattiva del quartiere, che oggi appare non competitivo nei confronti del resto della città.

Più elevato sarà il valore percepito dai potenziali destinatari (residenti, operatori, studenti, turisti), più questo è percepito come “luogo”, e minore sarà la richiesta di accessibilità, e quindi di opere per ottenerla, allo stesso modo con cui un libro di valore non ha bisogno di essere messo in vetrina per essere venduto in tante copie.

Ovviamente non dobbiamo commettere l’errore di pensare che un luogo sia di valore in quanto lo è per qualcuno: lo deve essere per il numero più elevato di cittadini, perlomeno in numero sufficiente da garantire, con le loro attività, la rinascita del quartiere.

One Comment

  1. Maurizio Bonetti

    La mia personale esperienza, fondata su jn campione abbastanza rappresentativo di genitori degli alunni della S.Caterina è in contrasto con questa idea. Per noi l’enorme valore del luogo è data essenzialmente dalla presenza di una buona scuola. Tutti noi attribuiamo un grande valore al quartiere di Castello. questo non comporta però una minore esigenza di accessibilità. La vita quotidiana dei genitori è abbastanza complicata, e ciò comporta che in mancanza di soluzioni facili la scelta si sposti verso luoghi di minor valore. In sostanza, il valore di un luogo e solo potenziale se le condizioni al contorno ne impediscono o rendono difficile il fruire.

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