Progetto CAMPOS, per un’agricoltura e una ruralità nuova della Sardegna [di Giuseppe Pulina]

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Mentre di discute di candidati e candidature, sembra che si sia perso di vista il programma di governo per la prossima legislatura regionale, a parte la lodevole eccezione della Murgia. Secondo alcuni prima viene il leader, dopo le idee, secondo altri vale l’opposto;  ma credo che la gran parte dei cittadini sardi si ponga in una posizione intermedia: dimmi cosa vorresti fare e dimostrami che sarai capace di farlo.

 

Agricoltura e Ruralità sono la principale risorsa rinnovabile della Sardegna. Risorsa in quanto esse occupano la stragrande maggioranza del territorio isolano e danno lavoro a oltre 100.000 persone; risorsa in quanto le attività agricole, pastorali e agro silvane arredano e rendono unico il paesaggio regionale; risorsa in quanto garantiscono l’accensione di filiere ad alto valore aggiunto quali quelle alimentari e dei prodotti locali e tipici; sostenibili in ragione della completa riciclabilità e resilienza dei fattori in esse impiegati (acqua, aria, terra e lavoro).

 

Agricoltura e ruralità rappresentano, pertanto, uno degli asset fondamentali per lo sviluppo sostenibile della regione Sarda, per la salvaguardia del suo paesaggio e per la conservazione delle tradizioni. Esse, inoltre, sono l’unica via per invertire l’ormai decennale tendenza alla denatalità delle zone interne dell’Isola, foriera di straordinari problemi (e alti costi sociali) a partire dalla riduzione dei circuiti del reddito, per finire all’impossibilità di garantire i servizi minimi essenziali a comunità sempre più vecchie disperse in borghi spopolati.

 

Il Progetto CAMPOS® è l’acronimo delle seguenti  sei parole chiave per il rilancio e il consolidamento  di agricoltura e ruralità in Sardegna, nel traguardo di Europa 2020: C come Coesione; A come Ambiente; M come  Mediterraneo; P come produttività; O come Organizzazione; S come Sardegna.

 

La dimensione agricola della Sardegna

In Sardegna al 2010 risultano censite 60.812 aziende agricole e zootecniche, in calo del 43,4% rispetto al 2000. La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) ammonta a 1.153.691 ettari, in aumento del 13,1% e in controtendenza rispetto all’andamento nazionale. La dimensione media delle aziende sarde risulta – con 19 ettari – la più elevata tra le regioni italiane. Il fenomeno è anche dovuto alla forte riduzione delle aziende con meno di un ettaro di SAU, riduzione che in Sardegna ha assunto proporzioni maggiori rispetto alla media nazionale.

 

La Sardegna proprio per la  SAU elevata e per la scarsa densità abitativa ed infrastrutturale si candida naturalmente per il futuro come terra d’agricoltura. Oltre che le considerazioni di carattere strutturale, un altro dato importante è rivestito dalla plv del settore agroalimentare della Sardegna che ad oggi ammonta a circa 1,4 miliardi di euro. Considerata la grande disponibilità di terreni per la coltivazione soprattutto rispetto alle altre regioni italiane appare importante rimarcare quanto ancora siano suscettibili di crescita i dati dell’agroalimentare sardo: le regioni del nord Italia come l’Emilia Romagna, il Veneto, e la Lombardia vantano una plv agroalimentare al di sopra dei 5 miliardi di euro.

 

La Sardegna ha grandissimi spazi di crescita del fatturato se per i prossimi 5 anni saranno fatte scelte nei confronti del settore agricolo in modo coerente e prospettico. Insomma occorre dare un orientamento chiaro all’agricoltura dei prossimi anni definendo in modo chiaro quali saranno i settori su cui la Regione Sardegna intende investire: pochi settori, non tutti, ma ben seguiti e protetti da politiche coerenti pronte ad intervenire immediatamente a ciò che sempre più spesso siamo abituati a vedere e vivere: le crisi globali di mercato.

 

La dimensione rurale della Sardegna

Il 90% del territorio isolano è classificato come rurale, nel concetto nuovo che permea la politica agricola europea: in questo contesto, noi intendiamo per “ruralità”  il valore immateriale residente nelle comunità “non urbane” che consente di integrare e rielaborare tutte le forme della conoscenza tradizionale per dare vita a circuiti economici ad alta sostenibilità ambientale, paesaggistica e caratterizzati da elevata qualità della vita. I territorio rurali della Sardegna, allora, non devono essere considerati un “altrove” , ma essere integrati a pieno titolo nelle politiche dello sviluppo diffuso e a maglia larga, con il contributo fondamentale delle risorse del Piano di Sviluppo Rurale. In tal senso, la prossima programmazione PAC 2014-2020 dovrà costituire il banco di prova per profonde e coraggiose innovazioni nelle scelte che, nelle tornate passate dei PSR, non hanno consentito né di migliorare le condizioni delle “zone interne” né di contrastarne i fenomeni di spopolamento.

C come Coesione.

In un mondo che chiede sempre più alimenti e benessere, la Sardegna deve restituire ai propri cittadini il senso della sovranità alimentare. Ciò non significa che dobbiamo indirizzarci verso una moderna forma di autarchia, ma garantire che il sistema agroalimentare sia in grado di chiudere completamente , almeno per i grandi prodotti tipici e tradizionali, tutte le filiere in Sardegna. Per fare ciò occorre un grande patto di Coesione interno al mondo agricolo e pastorale, incentrato sul ruolo innovativo e trainante che le Associazioni degli Imprenditori Agricoli potranno (e dovranno) esercitare nell’aggregare la domanda di mezzi tecnici e l’offerta dei prodotti alimentari. Coesione che significa, anche, inclusione degli extracomunitari, che con le loro famiglie rappresentano oggi l’unica risorsa contro lo spopolamento della aree rurali, nei processi di creazione delle imprese e in quelli della formazione culturale e professionale. Coesione, che significa infine un nuovo rapporto fra città e campagna, non più subalterno (di consumo di prodotti, di suolo, di aria buona, di paesaggio,..), ma basato sulla dislocazione remota di servizi (oggi possibile grazie all’informatica diffusa)  per la creazione di nuovi circuiti di reddito a sostegno delle comunità rurali.

A come ambiente

In Sardegna il paesaggio e l’ambiente sono risorse primarie. L’agricoltura dovrà produrre di più (per soddisfare la crescente domanda di alimenti e per migliorare le performance aziendali) consumando di meno (soprattutto mezzi tecnici dell’agrochimica ed energia fossile), dovrà cioè produrre meglio rispettando l’ambiente e il paesaggio. In questo contesto, sarà necessario prevedere nel prossimo Piano di Sviluppo Rurale (PSR) misure atte a mitigare e annullare gli impatti ambientali (perdita di suolo, nitrati e carbon footprint) e a conservare e incrementare la risorsa paesaggistica (landescape footprint), garantendo nel contempo la vitalità economica delle aziende agricole e zootecniche. Dovrà nel contempo essere risolto in via definitiva il problema della concorrenza delle colture no food con quelle food per la produzione di basi per biopolimeri e ecomateriali e per la produzione di bioenergia attraverso l’inventario delle sottoprodotti agricoli, silvani e agroindustriali e la messa a coltura di idonee specie nelle condizioni di sostenibilità non solo economica, ma eco sistemica e paesaggistica. L’ambiente e il paesaggio, infine, devono essere opportunamente utilizzati come claims attraverso l’attivazione di specifici canali di certificazione che integrino e rafforzino gli attuali sistemi delle denominazioni di origine.

M come Mediterraneo

Le centralità della Sardegna nello scacchiere mediterraneo, che ha rappresentato per anni un punto di debolezza, oggi può costituire una grande risorsa. Intorno a noi si affacciano culture simili e un sistema turistico che, oltre a quello isolano, è capace di mobilitare centinaia di milioni di presenze. Inoltre, nella riva sud si accalcano popolazioni sempre più numerose e che aspirano a livelli di vita più elevati. L’agroalimentare sardo deve giocare la carta della Dieta del Benessere dei Mediterranei, attraverso l’attivazione e il sostegno di panieri alimentari in grado di raggiungere tutte le gamme del consumo (dalla GDO alla HoReCa). La riscoperta delle centinaia di prodotti alimentari e di preparazioni gastronomiche, vero giacimento dell’Isola, deve essere messo a regime e non relegato all’effimero sistema delle sagre paesane, con politiche volte alla registrazione di marchi e procedure in gado di salvaguardare l’origine dei prodotti impiegati per le preparazioni. Ruolo trainante dovrà essere svolto dagli assessorati per l’agricoltura e per il turismo nella promozione dei piatti locali a filiera corta con uno specifico albo d’oro degli HoReCa che rispettano un rigido disciplinare di approvvigionamento e preparazione dei piatti tipici e locali.

P come produttività

La produttività resta i motore dell’impresa, Per garantire la sopravvivenza del sistema agricolo e zootecnico sardo occorre fare delle scelte di base:

a)      la scelta dei settori strategici dell’agroalimentare e l’elaborazione di un piano di sviluppo. Occorre dare certezze ai giovani ed alle imprese, occorre sapere dove la Regione Sardegna vuole investire sul proprio territorio per le sue imprese;

b)      l’accompagnamento delle imprese al mercato. Lo sviluppo di un assistenza ed un supporto materiale al marketing delle aziende. Oggi non esiste un reale incubatore d’impresa che ospiti e guidi le aziende agricole ed agroalimentari verso il mercato. Oggi il rapporto è puramente di ordine burocratico: si presenta una domanda, si vaglia la documentazione, si approva il finanziamento, nessuna valutazione d’opportunità, nessuna guida nessun indirizzo;

c)      l’indirizzo strategico del nuovo Programma di Sviluppo Rurale: un indirizzo mirato alla crescita dei comparti e non delle singole aziende. Oggi l’assioma domanda, progetto, finanziamento è ciò che tutti si aspettano. Paradossalmente se lo prevedono le norme vengono finanziate anche pratiche, sicuramente inutili. Nei vecchi por in sei anni vennero finanziati diverse decine di impianti per l’estrazione degli oli essenziali, oggi per la maggior parte chiusi. E’ necessario programmare nuove politiche distrettuali secondo modelli produttivi vicino a noi come ad esempio la Spagna con il distretto dell’olio d’oliva o quello degli agrumi, realizzando economie di scala importanti e concentrando gli interventi di finanziamento nei luoghi dove realmente può essere utile l’investimento. Questo significa dare orientamento produttivo. Un buon programma di sviluppo rurale questo deve fare.

La Sardegna ha necessità di essere rivalutata nei suoi punti di forza: i formaggi ovini, le carni, i vini, l’olio d’oliva ed il grano. Questi sono settori con produzioni di larga scala che rappresentano buona parte della PLV alimentare dell’isola. Vi è la necessità che questi settori abbiano una prospettiva reale, vengano guidati negli enti, siano moralizzati nella gestione e nel perseguimento degli obbiettivi. La promozione ha necessità di essere riprogrammata ponendo come condizione essenziale l’aggregazione del prodotto e la valorizzazione in ottica di sistema.

Un ultimo, ma non residuale, aspetto riguarda la ricerca scientifica e la formazione professionale. Un’agricoltura e una zootecnia giovane e dinamica hanno bisogno di giovani formati e di risultati della ricerca e sperimentazione fruibili e generalizzabili. Dovranno essere rafforzati i progetti strategici di filiera, grandi contenitori di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico, gestiti da Università, Agris, sistema delle imprese e finalizzati a migliorare “sostanzialmente” la posizione di redditività e di mercato delle principali filiere agricole e zootecniche dell’Isola.

Si tratta di uscire, nel campo scienfico-tecnologico, dalla logica della competizione fra progetti concorrenti (dispendiosa e foriera di dispersione di idee non finanziate) per entrare in quella della cooperazione fra tutti i soggetti titolati a svolgere un ruolo nello scacchiere della innovazione in Sardegna. Dovrà, nel contempo, essere restituito un ruolo centrale alla formazione professionale, anche specialistica, con il recupero delle tante scuole professionali per l’agricoltura sparse per il territorio sardo oggi al collasso. In questo quadro, una delle priorità dovrà essere quella dell’istituzione della Scuola per la Pastorizia Sarda, centro di formazione e di aggiornamento del sistema zootecnico, e della Scuola per l’Allevamento del Verde, centro di formazione per la cultura del verde rurale e urbano della Sardegna.

O come Organizzazione

Una politica del fare si concretizza con la visione organizzativa del sistema di governo.  Da più parti si osserva che l’insieme di agenzie e di enti a carico dell’agricoltura è sproporzionato rispetto al servizio reso e che il fardello burocratico che grava sulle spalle dei singoli imprenditori è talmente gravoso da pregiudicare in molti casi l’esito degli interventi della mano pubblica regionale.  Il taglio della burocrazia e della tempistica dei procedimenti amministrativi rappresenta in questo contesto una priorità.  Questo rappresenta il nodo più difficile da sciogliere ed il problema più complesso da affrontare. Occorrono agenzie snelle, efficienti e professionalizzate, andando a ricollocare su altri settori il personale in eccedenza secondo l’esempio di altre regioni italiane; troppo alto oggi il peso della burocrazia nei confronti delle aziende, così come grave è il peso dei controlli. Occorre una serie riforma, certamente anche impopolare, ma che accompagni con concretezza le imprese al mercato.

Fondamentale rimane la modifica della legge 31/98 sulla dirigenza regionale: occorre che il personale proveniente da altri enti regionali possa senza problemi transitare verso il ruolo del personale regionale con attenzione specifica alla valutazione dei titoli rispetto all’incarico: oggi è largamente diffuso in Regione Sardegna trovare dirigenti o direttori generali che ricoprono il ruolo in settori non attinenti al proprio profilo professionale e questo, anche solo come immagine nel  panorama nazionale non rappresenta comunque un vanto.

S come Sardegna

Il “marchio” Sardegna costituisce per la grande parte dei consumatori italiani e stranieri, una sorta di garanzia di bontà, genuinità ed eticità degli alimenti consumati. E’ una risorsa che va valorizzata e non dispersa. Prioritaria è in questo contesto la constatazione che oggi i cittadini europei vogliono apposta sui prodotti (soprattutto su quelli alimentari) una “etich-etica”, una etichetta con contenuti etici che certifichi processi produttivi rispettosi dell’uomo (sicurezza e adeguate condizioni di lavoro e salario), degli animali (benessere e cura degli animali), del paesaggio (manutenzione dei beni paesaggistici e rispetto dell’ecologia del paesaggio) e dell’ambiente (no consumo di suolo, nulla carbonfootprint, bassi o nulli impatti di nitrati e fitofarmaci, rispetto della biodiversità). La Sardegna deve giocare un ruolo trainante in questa partita (lo ha già fatto sul benessere animale a livello comunitario) per presentarsi al mondo come l’Isola dell’agricoltura buona e della ruralità etica.

 

 

 

5 Comments

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  2. Luigi Piana

    Gentile Prof. Pulina, lodevole l’iniziativa del Progetto CAMPOS. Con grande dimestichezza sul tema trattato, Lei ha proposto una compiuta radiografia su due importanti voci per il rilancio della nostra economia: Agricoltura e Ruralita’. Le linee guida tracciate dal progetto CAMPOS sono pienamente condivisibili e segnano un profetico primo passo per il rilancio di una Sardegna ricca di incommensurabili tesori che una prodiga Madre Natura ha voluto elargire. Un manifesto di buoni intenti che molti politici ed esperti del settore dovrebbero tenere a mente. Complimenti per il Suo lavoro.

  3. Salvatore Dedola

    Caro Giuseppe, il progetto è condivisibile al 100%, sempreché molti intellettuali sardi siano indotti a capire che il Settore Primario – con tali basi programmatiche – può essere una, anzi LA carta vincente. Gli specialisti di agricoltura non possono essere lasciati da soli come galli che cantano. A loro volta, gli specialisti non-agricoli debbono capire che il Settore Primario ci dà la vita, ed entro lo scenario da te delineato ci dà anche la coscienza e la dignità di vivere in un’isola-non-solo-mare. Ma tu sai bene che la disgrazia dell’agricoltura sarda deriva anzitutto dal sistema fondiario, il quale – paradossalmente rispetto ai dati che ci fornisci – è il più polverizzato d’Italia a causa del sistema ereditario il cui peso nefasto e opprimente nessuna legge progressista è mai riuscita a scalfire, in campo agricolo. A ciò s’aggiunga un allucinante assenteismo che lascia incolte moltissime campagne Peraltro, moltissimi giovani scappano dai villaggi non perché temano d’impegnarsi nell’azienda paterna, ma perché temono l’isolamento totale al quale l’organizzazione del lavoro e della burocrazia regionale li ha condannati. L’agricoltura sarda richiede – oltre ai grandi programmi tipo il tuo – anche intellettuali integrali che capiscano l’esigenza vitale di tenere vivo il cordone ombelicale con i giovani professionalizzati risiedenti nei villaggi.

  4. Finalmente una visione chiara di prospettiva e di sviluppo per il settore rurale della Sardegna, fuori dagli schemi triti e ritriti dell’assistenzialismo generalizzato, inutile e dannoso. L’analisi e le proposte del Prof. Pulina, una delle figure più lucide del panorama intellettuale della nostra Regione, non si possono che condividere in pieno.

  5. SEBASTIANO MARIO FIORI

    Un programma d’avanguardia, il manifesto di un’agricoltura moderna, sostenibile, multifunzionale, competitiva e di qualità, in grado di aprire orizzonti nuovi per il riscatto di una regione che vive una crisi profonda, non solo economica, ma sociale e culturale. Dal rilancio del settore primario può partire un processo di sviluppo e di crescita significativo. In questo contesto, i dottori agronomi e forestali, con il loro prezioso patrimonio di competenze e professionalità, devono svolgere un ruolo di primo piano.

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