Agricoltura buona, formazione di qualità e politica seria [di Silvano Tagliagambe]

formaggio

L’articolo di Giuseppe Pulina sul rilancio dell’agricoltura e lo sviluppo di una ruralità nuova, che faccia della Sardegna l’Isola dell’agricoltura buona e della ruralità etica, pone un tema di grande importanza politica e culturale e dimostra l’importanza di un criterio di valutazione, in vista delle prossime elezioni regionali, che l’Associazione Terra di Pace e Solidarietà ha posto al centro della propria iniziativa. Si tratta del concetto di capitale reputazionale, basato sull’assunto ben sintetizzato da Pulina: “dimmi cosa vorresti fare e dimostrami che sarai capace di farlo”.

Tra i molti aspetti di rilievo proposti da questo contributo ne vanno sottolineati almeno quattro:

1.      L’esigenza ”di uscire, nel campo scientifico-tecnologico, dalla logica della competizione fra progetti concorrenti (dispendiosa e foriera di dispersione di idee non finanziate) per entrare in quella della cooperazione fra tutti i soggetti titolati a svolgere un ruolo nello scacchiere della innovazione in Sardegna”;

2.      L’urgenza e l’indifferibilità di “un nuovo rapporto fra città e campagna, non più subalterno (di consumo, di prodotti, di suolo, di aria buona, di paesaggio…), ma basato sulla dislocazione remota di servizi (oggi possibile grazie all’informatica diffusa) per la creazione di nuovi circuiti di reddito a sostegno delle comunità rurali”;

3.      La necessità di restituire “un ruolo centrale alla formazione professionale, anche specialistica, con il recupero delle tante scuole professionali per l’agricoltura sparse per il territorio sardo oggi al collasso”;

4.      L’importanza “dell’accompagnamento delle imprese al mercato”, con “lo sviluppo di un’assistenza e un supporto materiale al marketing delle aziende”, che supplisca alla mancanza di “un reale incubatore d’impresa che ospiti e guidi le aziende agricole ed agroalimentari verso il mercato”.

È proprio su questi due ultimi temi che intendo concentrare l’attenzione in questa sede. Per sottolineare in primo luogo un dato, forse sconosciuto ai più: il fatto che gli Istituti Tecnici Superiori (ITS), scuole speciali di tecnologia di recente istituzione, riservate a chi ha un diploma tecnico e vuole aggiungere due anni di alta specializzazione (ed eventualmente un terzo, progettato e realizzato in sinergia con strutture universitarie) e che rappresentano pertanto un canale formativo postsecondario parallelo ai percorsi accademici, sono stati un indiscutibile successo: il 59% dei primi diplomati ha trovato subito un lavoro. Ciò significa che il coinvolgimento in percorsi integrati degli istituti scolastici tecnici e professionali, del mondo dell’università e della ricerca, delle imprese e dei centri e delle agenzie di formazione professionale sta dando i suoi frutti in aree strategiche per lo sviluppo del paese quali:

       Nuove tecnologie per il made in Italy

       Mobilità sostenibile

       Efficienza energetica

       Tecnologie della informazione e della comunicazione

       Tecnologie Innovative per i beni e le attività culturali  e il Turismo 

Nuove tecnologie della vita

Le proposte di istituzione spettano alle Regioni e mentre molte di esse, soprattutto l’Emilia Romagna, la Toscana e la Lombardia, hanno puntato da subito su questo modello vincente, attivando 7 ITS a testa, per un totale di 21 sui 50 partiti in tutta Italia in via sperimentale, e altre, in particolare la Toscana, si accingono a moltiplicare il nucleo iniziale con un massiccio pacchetto di nuove iniziative, la Sardegna, al solito, è uno dei fanalini di coda, con il solo ITS per l’efficienza energetica istituito presso l’ IPIA “E. Amaldi” di Macomer.

Sul versante accademico sta inoltre brillando per i risultati conseguiti un’università tematica non statale come Scienze gastronomiche di Pollenzo, al punto che il ministro Carrozza ha proprio in questi giorni enunciato il proposito di stimolare l’istituzione di altri atenei tematici destinati, ad esempio, allo studio energetico e alla biomedicina.

Ci sono allora, tutte le condizioni per procedere all’attivazione delle due Scuole speciali di cui parla Pulina, quella per la Pastorizia Sarda, centro di formazione e di aggiornamento del sistema zootecnico, e quella per l’Allevamento del verde, centro di formazione per la cultura del verde rurale e urbano della Sardegna. Lo si può fare sotto l’ombrello degli ITS, alcuni dei quali già sono orientati verso l’alta formazione per l’agroalimentare di qualità e per la valorizzazione dell’ambiente, e pensando, eventualmente, a una filiera che comprenda anche un’apposita e specifica università tematica.

Basta volerlo e saperlo fare, studiando soluzioni e percorsi rigorosi che diano una risposta adeguata alle esigenze poste dalle sei parole chiave del progetto CAMPOS (C come Coesione; A come Ambiente; M come Mediterraneo; P come Produttività; O come Organizzazione; S come Sardegna) e alle richieste del mondo dell’Agricoltura e della Ruralità che, come sottolinea Pulina, sono la principale risorse rinnovabile della Sardegna. Per farlo occorre però percepire l’importanza strategica di questi problemi, ed è proprio questo che è mancato nella sciagurata legislatura che abbiamo ormai quasi interamente alle spalle, che è stata il regno dell’improvvisazione e della banalizzazione e mortificazione delle questioni più serie.

Un’ultima osservazione va fatta a proposito del punto riguardante l’accompagnamento delle imprese al mercato e lo sviluppo di un’assistenza e un supporto materiale al marketing delle aziende. Qui occorre prendere atto dei nuovi orientamenti che scaturiscono dall’ approccio chiamato “lean startup” per lanciare tutte le iniziative innovative – siano imprese esordienti o progetti nuovi all’interno di grandi imprese consolidate – basato sul  validated learning, la sperimentazione scientifica che si richiama al principio dell’apprendimento per prove ed errori, e sulla tecnica di rilascio iterativo di prodotti, in modo da alleggerirne il ciclo di produzione e, soprattutto, di ridurre i rischi e i costi legati al loro lancio sul mercato.

Originariamente sviluppata nel 2008 da Eric Ries con il suo volume The Lean Startup: How Today’s Entrepreneurs Use Continous Innovation to Create Radically Successful Bisinesses, tradotto in italiano col titolo Partire leggeri. Il metodo Lean Startup: innovazione senza sprechi per nuovi business di successo, questa strategia sta oggi acquisendo una popolarità crescente anche al di fuori del suo luogo d’origine, la Silicon Valley, e si sta affermando in tutto il mondo. L’idea-guida è quella di un processo di ideazione-check-modifica continuo, con vasto uso del web e della rete, in modo da adattare passo dopo passo il prodotto ai desideri dei clienti, tenendo sotto controllo i costi.

 L’interazione ininterrotta con l’ambiente e il mercato, basata sull’idea che l’impresa di successo sia un sistema autopoietico, capace di stabilire un rapporto di coevoluzione con l’ambiente e il mercato medesimi, che può essere costantemente valutato e tenuto sotto controllo testandone “a piccole dosi” la solidità e la tenuta attraverso un limitato ma valido feedback dai potenziali clienti o dal bacino d’utenza già acquisito e consolidato, permette di ridurre i rischi dei falsi segnali di progresso, usati normalmente per misurare la riuscita di un’iniziativa. I benefici sono immediati ed evidenti: più innovazione, meno spese e perdite di tempo e maggior probabilità di successo.

Insomma anche per quanto riguarda questo aspetto c’è ampio spazio per quello spirito di ricerca e per quel rigore nella selezione degli obiettivi e nella scelta delle procedure e dei mezzi per raggiungerli che sono ben rappresentati dal progetto CAMPOS e che oggi non possono mancare nell’elaborazione di un Progetto Politico. Dove la P maiuscola non sia, come ritiene qualcuno che di recente l’ha richiamata solennemente dall’alto della sua carica istituzionale per rimbrottare gli avversari, un’indicazione ortografica, usata oltre tutto a sproposito (ricordate il memorabile Totò, Peppino e la malafemmena: “ma sì, abbondiamo, abundantis quam abbundandum”), ma un indicatore di qualità, serietà e concretezza della politica.

Lascia un commento