A proposito del G7 sui trasporti: notevole per invisibilità [di Sandro Roggio]

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G7 sui trasporti, possiamo parlarne dopo il clamore al Poetto. Non credo che i sardi possano dirsi soddisfatti. Intanto un insuccesso per chi aveva fatto conto sulla  visibilità di Cagliari nello sfondo del summit,  il  florilegio  di stagni con fenicotteri non è andato in onda come atteso. Delle due giornate  nessuna notizia sui media nazionali ed esteri.  Ma conta poco la delusione dei sussiegosi  assertori  del marketing territoriale – a rimorchio dei summit al di là dei contenuti –  rispetto a quella cocente sui contenuti.

Anche perché erano  tante le attese  incautamente  suscitate  dall’incontro  che però non riguardava  il caso Sardegna terra-terra. Tant’è che  l’ordine del giorno  poteva pure apparire irriguardoso verso l’isola. Il focus, annunciato da mesi, era sull’ innovazione delle connessioni,  da rendere  molto “intelligenti”– dove esistono, si sa –   per  l’ “intermodalità”– “interoperabilità”  di strade e  veicoli. Peccato che il futuro, di cui parla  il ministro Del Rio, non riguardi le disgraziate infrastrutture sarde, difficilmente utilizzabili per esperimenti high tech.

D’altra parte il ministro, atterrato a Elmas,  ha poi deciso di buttarla in politica. Un po’ di réclame su  “l’ isola stupenda nella sua natura severa e nello stesso tempo di mediterranea ospitalità”; preambolo  per spiegare  l’ investitura: “noi abbiamo scelto di porre il tema delle politiche per le infrastrutture di mobilità in questo luogo di bellezza e di forza, sfidante” (Ansa del 21-06 15:12). Boh.Le cose che si dicono per compiacere, l’ encomio scontato dello scenario unito alla tiritera compassionevole, l’isola bella abitata da un popolo fiero e sfortunato, come diceva Giovanni Antonio Carbonazzi negli anni Venti dell’Ottocento.

Il G7 non poteva assumere  alcun impegno straordinario, al massimo fare un po’ di conversazione sulla  Sardegna disconnessa e indifesa;  e magari scandalizzarsi, se qualcuno gli avesse spiegato bene la perdita di  benefici arrivati per caso, il  low cost aereo grazie  a intraprese coraggiose e non per le cure  dello Stato all’unica vera isola italiana.

Se il successo del G7 consiste nel riconoscimento dell’insularità,  occorre dire che non è una novità. C’è già stato il voto autorevole del parlamento di Bruxelles  (4 febbraio 2016) in coerenza con i documenti UE,  chiari su questo già una decina di anni fa.  Basta leggere il parere del Comitato economico e sociale europeo “Verso una maggiore integrazione delle regioni gravate da svantaggi naturali e strutturali permanenti” (2005/C 221/23).  La fotografia della Sardegna quando si fa riferimento al massimo della sfiga,  spopolamento + disconnessione = impossibilità  di sviluppo,  e quindi il disagio a viverci  in una terra che non è al passo coi tempi della civiltà dei trasporti. Un’isola, non dimentichiamolo.

L’Europa, si sa, nasce attorno all’obiettivo generoso di coesione territoriale di ogni sua regione ( nei trattati costitutivi  e in quello di Amsterdam). La formula è diventata un orecchiabile intercalare, e se ci fosse una rilevazione  sarebbe in cima alle classifiche degli ascolti, come  il potente riff dei Led Zeppelin. Ma l’impegno per la coesione è stato disatteso; e  i sardi  lo sanno bene  che  dipende  dalla debolezza del numero esiguo di viaggiatori- elettori, per cui il richiamo alla coesione è indisponente.

Si dice che verso la Sardegna c’è un debito accumulato e sarà pagato, ma non c’è nessuna garanzia sul quando, e sulle risorse chissà. “ Non so dirti come e quando ma un bel giorno cambiera” – nella canzone triste di Tenco. Lo stesso presidente Pigliaru dice che i tempi non saranno brevi, che “dobbiamo aver pazienza”,  precisando che la risposta alle istanze delle tre isole presenti al vertice non arriverà prima del 2019.  Abbia pazienza  chi  sperava in un intervento di pronto soccorso all’isola mezzo morta, la flebo lungo la 131 con cento diramazioni.

Un invito inadeguato al caso perché il rischio, caso mai,  è la rassegnazione di chi smette di lottare e preferisce allinearsi alle ragioni indicate con ironia da Pasolini,  “chi non ha pretese non ha neanche dispiaceri”.

La Sardegna è depressa e lo scollamento dal mondo aumenta  il disagio (il recente voto locale dice qualcosa?). È avvertito dalla Conferenza dei vescovi sardi che insiste sulla necessità di compensare la disuguaglianza cronica di chi abita in mezzo al mare “perché un cittadino sardo non potrà mai essere – sul fronte trasporti – uguale a un cittadino italiano ed europeo”.  Un divario causa di altrettanti guai, e da cui dipende in buona parte il futuro dell’isola.

La Sardegna è a rischio e ha fretta almeno quanto un paio di banche in crisi, alla cui impazienza si risponde con tempestivi/enormi stanziamenti di risorse. Se nelle prossime settimane non ci sarà una minima risposta – non Hyperloop: più navi e arei a basso costo tutto l’anno – vorrà dire che una Regione vale molto meno di una banca?

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