L’aria che tira in Sardegna: la xenofobia nella Legge sul turismo in approvazione in Consiglio regionale [di Nicolò Migheli]

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Niente incentivi per le strutture ricettive della Sardegna che accolgono i migranti. Lo prevede un emendamento dell’opposizione al Testo unico in materia di turismo approvato in Consiglio regionale a voto segreto. I contributi sono previsti all’art. 11 della legge attualmente in discussione e in base all’emendamento chi ne usufruisce non potrà svolgere il servizio di accoglienza ai profughi per 5 anni dalla data di concessione dell’incentivo, pena la revoca con obbligo di restituzione.

La proposta di modifica, poi approvata, ha visto come primo firmatario il consigliere di Forza Italia, Antonello Peru, mentre è stato il suo capo gruppo, Pietro Pittalis, a chiedere il voto segreto. “Si tratta di distinguere la vocazione turistica dalla semplice accoglienza – ha spiegato Peru – sarebbe un chiaro segnale a chi ha scommesso sul turismo“.(Comunicato ANSA del 26/7/17).

A poco serve ricordare che un articolo di legge così concepito verrebbe cassato dalla Corte Costituzionale perché discriminatorio e xenofobo. Questo lo sanno bene i consiglieri che l’hanno votato. È evidente che con un gesto del genere il centro (?) destra sardo pensa che cavalcando la diffiusa xenofobia possa raschiare qualche voto in più. L’approvazione di quell’articolo non sarebbe potuta avvenire senza che parti consistenti della stessa maggioranza, nel segreto dell’urna, non l’avessero votato.

La notte seguente a Dorgali un’esplosione ha divelto il cancello di un centro che ospita 64 stranieri. I predicatori di odio annidati dappertutto, ora anche nel Consiglio regionale della Sardegna, stanno ottenendo quel che seminano ogni giorno. Il risultato è un clima sempre più invelenito. L’aria che tira è percepibile negli autobus, nei bar e soprattutto nei social diventati il ricettacolo di ogni sfogo. I migranti come capro espiatorio di ogni problema, loro gli sbagliati, e i nativi i giusti che li subiscono.

Il mutamento è anche di tipo linguistico. Si sta imponendo una narrazione di destra senza che chi condivide quegli articoli se ne renda conto. Una narrazione che è diventata senso comune che sta stravolgendo persone fino a ieri insospettabili. La paura fa novanta. Senza essersene resi conto in molti hanno sostituito il termine globalizzazione con mondialismo.

La parola è di origine francese ed all’inizio era sinonimo di globalizzazione. Poi però se ne sono impadroniti i teorici della Nuova Destra francese Alain De Benoist e Alain Soral, i quali gli hanno dato un significante preciso.

Per mondialismo si intende un fenomeno culturale, prima che economico, che tende a schiacciare le particolarità nazionali dentro un paradigma di potere che controllerebbe il mondo. Niente di nuovo, è l’edizione aggiornata della teoria nazi-fascista del complotto pluto-giudaico-massonico. A questo viene contrapposta l’identità nazionale, che è quella degli stati ottocenteschi: francese, italiana, spagnola, tedesca.

In Italia quella dicotomia è diventata pane quotidiano per gente come Blondel, Fusaro, la Meloni e Salvini. Che la teoria del dominio del mondo in poche mani sia contraddetta tutti i giorni da russi, cinesi, indiani, arabi, è sui giornali, per chi li legge ancora. Sempre più siamo in un mondo multipolare, altro che mondializzazione delle coscienze. Da queste teorie nascono le paure di sostituzione etnica, perché il mondialismo si contrappone all’identità. Anzi sarebbe il pensiero unico che cancellerebbe le identità. Identità, viene da identico, simile, uguale.

Oggi abbiamo capito che l’identità è una costruzione a posteriori, c’è qualcuno che decide cosa debba far parte dell’identità e cosa debba essere escluso. In quella parola c’è una ricerca di purezza e di esclusività che non è del mondo, perché il mondo è contaminazione. È preferibile la parola appartenenza, dove la scelta viene rinnovata ogni giorno. Però come sosteneva Baumann siamo nel tempo delle retro-utopie, della fuga in passati mitici. L’onda nera che governa il gruppo di Visegrad: Polonia, Ungheria, Chechia, Slovacchia, a cui bisognerebbe aggiungere anche l’Austria, sta sbarcando in Sardegna?

A giudicare dal voto del Consiglio regionale parrebbe di sì. Probabilmente, se prima non interverrà una qualche soluzione, anche le elezioni sarde si giocheranno sui migranti. Tema imposto dalla politica italiana che troverà in quell’argomento il lavacro per i suoi fallimenti storici.  Una questione che non potrà essere elusa neanche dalle forze che aspirano all’autodeterminazione. Per quel che mi riguarda, e per quel poco che conto, sarà una discriminante netta.

Un Orbán locale, qualsiasi sia la bandiera che sventoli non avrà il mio voto e di quelli che cercano di resistere al lago di guano che vorrebbe sommergerci. L’antifascismo e l’anti xenofobia hanno ancora senso e quel che sta succedendo in Polonia ed Ungheria in questi giorni sono la dimostrazione che il fascismo e l’autoritarismo sono sempre dietro l’angolo ed hanno volenterosi carnefici al loro servizio.

One Comment

  1. Tore Ventroni

    Fa piacere leggere parole e concetti, come “quelli” scritti quassù e non l’acredine che circola in “rete” e in molti giornali. Così come molte reti TV fanno a gara ad aizzare e invelenire l’opinione pubblica. Con trasmissioni create ad arte e con notiziari che amplificano la notizia di un extracomunitario sbronzo e non danno il giusto risalto alle malefatte dei delinquenti “locali”.

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