La città di Sassari dedica uno dei suoi parchi a Maria Carta [di Teresa Spano]

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Topografia femminile. Nella città di Sassari ci sono numerosi parchi che nelle belle giornate offrono agli adulti ombra, spazio per riposo, relax, passeggiate e ristoro, alcuni permettono anche la possibilità di una linea Wi-Fi alla quale collegarsi dopo una semplicissima iscrizione all’utenza della Biblioteca Comunale. I bambini, i più assidui frequentatori dei nostri giardini pubblici, trovano spazi sicuri e accoglienti in cui scatenarsi e i genitori che li sorvegliano possono rilassarsi e scambiare consigli e opinioni senza alcuna preoccupazione per l’incolumità dei loro pargoli.

Ebbene, fino a qualche mese fa, nemmeno uno di questi nostri salotti cittadini aveva un nome proprio. Ci si dava appuntamento nel parco di Via Montello, di Via Venezia, di Viale Italia e così via, indicando non il parco stesso ma le vie che li costeggiano. Finalmente, con una delibera del settembre scorso, la giunta comunale ha deciso di dare un nome a due di questi importanti spazi di aggregazione, il nome di due donne che fino a questo momento la mia città non aveva ancora commemorato.

Per questa ragione, dal 29 settembre del 2013, i bambini della zona del “Monte Rosello” vanno a giocare nel Parco Emanuela Loi e, da oggi, 1 febbraio 1014, non ci si dà più appuntamento in Via Venezia ma nel Parco Maria Carta.

Il parco Emanuela Loi, non poteva avere migliore intitolazione, visto che al suo interno ospita il monumento dedicato alle “vittime di tutte le guerre” e la nostra eroina, nata a Sestu nel 1967, è stata la prima donna a far parte di una squadra di agenti addetta alla protezione di obiettivi a rischio. Emanuela fu anche la prima poliziotta che morì in servizio, il 19 luglio 1992, a venticinque anni, nell’attentato mafioso in via d’Amelio.

Stamattina invece, dopo mesi di attesa, uno splendido sole ha accolto la cerimonia in cui è stata scoperta la targa del Parco Maria Carta, interprete della musica sarda nel mondo.La cerimonia ha visto protagoniste, oltre alle autorità comunali, socie e soci della Fondazione a lei dedicata, nata nel 2002 per iniziativa della famiglia dell’artista e del comune di Siligo, fondazione che aveva avanzato ufficialmente la richiesta alla commissione toponomastica cittadina.Hanno partecipato alla “festa” anche i ragazzi del coro della Scuola Media N° 3, scuola che da qualche anno porta il nome della nostra amata interprete.

Tutti i sardi e molti estimatori sparsi per il mondo conoscono la meravigliosa voce di Maria Carta, personalmente le sue canzoni hanno accompagnato la mia giovinezza e spesso sono state la ninna nanna preferita dei miei figli, ma qui vorrei ricordare la splendida donna che è stata e che ci ha abbandonato esattamente vent’anni fa.

Nata a Siligo nel 1934, Maria evoca così gli anni della sua fanciullezza, mentre si recava a piedi da Siligo a Biddanòa per lavare i panni: «Per la strada cantavo sempre, i pastori quando mi sentivano dicevano oggi Maria è di fiume… quando avevo paura, correvo e cantavo. Ho sempre detto che scacciavo le Ombre dalla mia strada solo attraverso la mia voce… avevo paura del buio, sentivo echi di passi, sapevo che erano loro, le Ombre, che mi accompagnavano dal mondo del passato. Allora cantavo a voce delirante».

Maria non ha tempo da dedicare allo studio. Negli intervalli lasciati liberi dal lavoro quotidiano, raccogliere le olive, lavare i panni, filare la lana, cercare legna con la nonna, dona sua voce: canta in chiesa e poi, accompagnata dal nonno, inizia a cantare nelle feste popolari dei paesi vicini. La Sardegna inizia a conoscere il suo nome e le sue melodie. Negli anni 50 vince il titolo di miss Sardegna, negli anni 60 parte e va a vivere a Roma dove svolge diversi lavori finché non incontra lo sceneggiatore Salvatore Laurani, il suo futuro marito, che decide di investire su di lei e sulla sua voce. In quegli anni Maria frequenta il centro studi di musica popolare dell’Accademia di Santa Cecilia e inizia a esplorare la sua terra per ricercare e registrare antichi canti salvandoli dall’oblio, fermamente convinta che “in Sardegna il canto è nato femminile, insieme alla poesia è nato, ai tempi del matriarcato…” nonostante fino a quel momento il “canto sardo” ufficiale fosse esclusivo appannaggio maschile.

Nel 1971 vede la luce il suo primo disco, inizia un decennio di esperienze intense: partecipa a diversi film e opere teatrali, pubblica un libro di poesie, diventa consigliera comunale a Roma. Negli anni 80, lasciato il primo marito dopo vent’anni di vita coniugale, ha finalmente un figlio, David, con un nuovo compagno ma affronta da sola i lutti familiari (muoiono la sorella e la madre) e la malattia, un cancro che le toglie la splendida voce. Lotta contro la malattia per anni, canta come e quando le pesanti terapie le consentono di fare, affronta il dolore con coraggio e senza rassegnazione, per lasciarci un triste giorno del 1994.

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