Quanto versa e riceve l’Italia nel bilancio europeo [di Lettera 43]

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Lettera 43, 24 agosto 2018. Dodici miliardi (non venti come dice Di Maio) e 10, ma è un calcolo che non ha molto senso fare perché non tiene conto delle spese comuni. A guadagnarci di più, comunque, sono i Paesi di Visegrad.

Nel mezzo dello scontro diplomatico tra l’Italia e il resto dei Paesi dell’Unione europea sull’accoglienza degli immigrati a bordo della nave Diciotti ferma a Catania, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha minacciato di non versare più i contributi al bilancio dell’Unione europea, per essere poco dopo smentito dal suo collega degli Esteri Enzo Moavero che gli ha ricordato come vi sia un obbligo preciso in tal senso. In effetti Di Maio ha sbagliato anche le cifre, parlando di 20 miliardi versati ogni anno quando invece sono 12 (dato del 2017).

Si arriva a venti solo includendo i dazi doganali e una percentuale dell’Iva. Qui di seguito riporteremo i dati di quanti soldi versa ogni Paese a Bruxelles e quanti ne riceve sotto forma di contributi per le aree sottosviluppate e per altri progetti di sviluppo. Tuttavia è bene prima di tutto fare una precisazione: il bilancio europeo non è composto solo di soldi che vengono poi “girati” ai singoli Paesi. Alcuni progetti e alcuni costi, come quelli riguardanti il funzionamento delle istituzioni, sono spese “collettive” non suddividibili.

Ha poco senso, quindi, calcolare semplicemente la differenza aritmetica tra quanto dato e quanto ricevuto. E tuttavia il governo Conte non è il primo a minacciare questa forma di ritorsione, adombrata (senza mmai raggiungere alcun risultato) anche da altri Paesi in passato.

Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia primi contributori  netti. A “guadagnarci” sono i paesi di  Visegrad. Nel 2017 il nostro Paese ha ricevuto quasi 9,8 miliardi di euro a fronte di 12 versati. La Germania è il Paese con lo scarto maggiore (ne ha messi 19,6 ma ne ha avuti meno di 11), poi seguono Gran Bretagna (con circa 10,6 erogati alle casse europee e 6,3 recuperati in fondi Ue) e Francia (con 16,2 pagati e 13,5 “riavuti indietro”). I grandi beneficiari sono invece i Paesi dell’Est, con la Polonia in testa (quasi 12 miliardi ricevuti su 3 versati) e gli altri Visegrad – Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia – tra i primi sette che hanno ricevuto di più rispetto a quanto versato.

Sono anche i Paesi che hanno avuto la linea più dura e rifiutato per primi la ridistribuzione degli immigrati giunti sulle nostre coste. Curiosamente, tuttavia, sono i primi alleati di Matteo Salvini a Bruxelles. Ad ogni modo, è allo studio dell’Unione europea un vincolo che subordina l’assegnazione dei fondi europei al rispetto delle regole interne all’Unione, tra cui quelle che regolano la ridistribuzione dei richiedenti asilo.

Ma fino alla metà degli anni novanta anche l’Italia riceveva più di quanto versava. Dal 2001 al 2017 l’Italia è sempre stata nella posizione di contributore netto, con scarti variabili tra il dare e l’avere che hanno raggiunto un picco passivo nel 2011 di quasi 5 miliardi. Tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Novanta, invece, l’Italia è stata nella posizione di beneficiario netto, ovvero ha ottenuto più soldi dall’Europa di quanti ne abbia messi nel bilancio comunitario soprattutto per effetto dei contributi per lo sviluppo del Meridione.

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