“La Biblioteca di Garibaldi a Caprera” di Tiziana Maria Cristina Olivari [di Attilio Mastino]

GARIBALDI-A-CAPRERA

Ho già ricordato con emozione e gratitudine la figura di Tiziana Olivari in occasione dell’inaugurazione del 451° anno accademico, il 9 novembre 2012: l’ho fatto a pochi giorni dalla scomparsa con sofferenza vera, perché avevamo seguito la lunga malattia di Tiziana, i suoi viaggi della speranza in continente, i ricoveri in ospedale, l’attenzione con la quale Mattone (così lei chiamava Antonello), Lucia e Stefania l’avevano assistita fino all’ultimo, seguendola nel suo lungo peregrinare. Ci aveva colpito la nascita del nipotino Alessandro Sechi nel giorno della morte, la presenza di Lucia in Duomo a poche ore dal parto.

Fin dal mio arrivo a Sassari agli inizi degli anni 80 Tiziana è stata sempre presente, sullo sfondo, attraverso le notizie che si scambiavano Mattone e Brigaglia nelle nostre aule della Caserma Ciancilla sulla sua salute, sui suoi impegni, sui suoi studi, sui suoi progetti. Come su tutti noi. E poi la incontravo quasi ogni giorno mentre scrivevo i lavori duri di epigrafia, quando giovane assistente lavoravo davvero nelle sale della Biblioteca Universitaria sfogliando avanti e indietro il preziosissimo e allora per me raro Corpus Inscriptionum Latinarum, oppure accompagnavo gli studenti del Magistero ad una visita guidata condotta da Tiziana per conoscere i funzionamento di una biblioteca viva, infine quando dovevo assolutamente ritrovare qualche libro scomparso, in sala riviste, in sala sarda, nel disordine delle fonti latine e greche della sala consultazione, con i volumi continuamente spostati da noi utenti frettolosi. E poi il condaghe di San Pietro di Silki e gli altri preziosi documenti di una biblioteca sopravvissuta prodigiosamente dall’Ottocento.

Con la nascita del diploma di operatore dei BBCC dal 1995 era stata chiamata a contratto a insegnare Biblioteconomia e Bibliografia alla Facoltà di Lettere durante la mia presidenza. Più tardi Teoria e tecnica della catalogazione e Storia della stampa e dell’editoria presso il corso di laurea in Scienze dei beni culturali della Facoltà di Lettere. Noi sapevamo che il suo vero lavoro era l’insegnamento e aveva seguito con entusiasmo diverse generazioni di studenti curando alcune tesi dedicate alle principali donazioni, come quella offerta al Dipartimento di Storia a Palazzo Segni dal mio maestro Giancarlo Susini Preside a Bologna.

Come Rettore da quattro anni tutte le mattine mi divertivo a osservarla con severità alle 8 mentre fumava la prima sigaretta nel loggiato dell’Ateneo, visto che prendeva servizio mezz’ora prima di me, pur divenuta dirigente del Ministero dei BBCC. Spesso era l’occasione per parlare. Oggi mi rendo conto che rimaneva qualcosa di inspiegato tra noi, molte parole non dette, qualche complicità e simpatia, una percezione di me che forse non riusciva completamente a inquadrare, a proposito della profondità dei miei rapporti con molti bibliotecari di Piazza Università, nei cui confronti ho accumulato nel tempo un debito grande davvero, che si estende in qualche caso come per Giovanni Cadoni a un’amicizia che risale a momenti lontani della mia vita, quando il padre di Maria Andreana seguiva la mia infanzia tra le sanse del frantoio di famiglia. E poi la mia gratitudine per i diversi direttori che si sono succeduti, fino a Maria Rosaria Manunta. Il prossimo trasferimento della Biblioteca Universitaria a Piazza Fiume segna certo una cesura ma non interrompe un rapporto e una storia lunga, di cui Tiziana continuerà a far parte.

Sfogliare questo libro della Franco Angeli sulla Biblioteca di Garibaldi a Caprera significa rinnovare quell’emozione, ritrovare un percorso che inizia con i restauri dell’impresa Merella nella casa bianca di Caprera curati, si fa per dire, meglio seguiti controvoglia da mio fratello Luigi negli anni 70: sullo sfondo la residenza della famiglia al villaggio Piras a Maddalena presso Spalmatore, le vacanze, il mare, ma anche i frequenti viaggi di Tiziana a Caprera, il lavoro lungo, difficile, accurato, che si è sviluppato negli anni, per ricostruire un mosaico, un frammento della storia straordinaria di un grande condottiero, Garibaldi, che desiderava la pace e che ora può essere raccontato partendo dai suoi libri sopravvissuti.

Più che un volume di storia dell’editoria questo è un volume per capire Giuseppe Garibaldi, i suoi viaggi, la sua irrequietudine, i suoi modelli, il suo orizzonte, le sue relazioni. Quel che rimane della confusa biblioteca di Caprera racconta la storia di un uomo d’azione, che sviluppa un’idea di libertà fortemente fondata sul modello repubblicano romano, assunto prima attraverso i giacobini e poi in iberoamerica come capace di ispirare un sistema costituzionale di un paese in una situazione di emergenza militare. Ne ho parlato qualche anno fa in Paraguay ad Asunción. Temi che hanno un’eco nella riflessione politica del condottiero come traspare nelle Memorie di Giuseppe Garibaldi, a partire dai tempi di Rio de Janeiro e di Montevideo a difesa delle repubbliche del Rio Grande nella rivolta dei farrapos e dell’Uruguay (1835-48), e poi soprattutto a difesa della repubblica romana nel 1849.

Il ritiro di Garibaldi a Caprera dopo la fase internazionale nel 1854 e soprattutto dopo l’eroica spedizione dei Mille è stato spesso assimilato al gesto del dittatore romano Cicinnato, tornato ad arare i suoi piccoli campi dopo la vittoria del Monte Algido e il trionfo sugli Equi alla metà del V secolo a.C.  Il modello di dittatura romana, la volontà del popolo che si esprime attraverso il plebiscito, il tribunato, come potere negativo  è costante nella vita di Garibaldi, che in una dedica del 1854 di Aleksandr Ivanovitch Herzen viene descritto ora come  <<un eroe classico, un personaggio dell’Eneide, attorno al quale, se fosse vissuto in altra epoca, si sarebbe formata una leggenda>>.  

Anche attraverso questa biblioteca si apprezza la conoscenza del mondo antico, in particolare della cultura latina, almeno partendo dai volumi un tempo posseduti e ora andati dispersi: abbiamo notizia di importanti opere di proprietà di Garibaldi di arte romana, quella settecentesca sugli ornati, le pareti, i pavimenti delle stanze dell’antica Pompei, i 10 volumi di gran lusso sulle antichità di Ercolano, il volume numismatico, le tre cartelle azzurre con tavole della rara Mitologia illustrata da Bartolomeo Pinelli con l’introduzione di Angelo De Gubernatis.

Un anno e mezzo fa è stato inaugurato il nuovo Museo Garibaldino di Arbuticci a Caprera, che rende bene gli stimoli culturali e politici, socialisti, repubblicani e democratici che sono alla base dell’azione di Garibaldi e della nascita delle società operaie in Sardegna. Al di là delle ideologie, da questi libri, dalle dediche, dai commenti, emerge una dimensione contadina inattesa che sorprende, i progetti agricoli, le bonifiche, i tentativi di colonizzazione. Passano per queste pagine molte immagini evocate dai temi trattati nelle opere: le sue lontane imprese tra Uruguay, il Rio della Plata, la Russia, il Mar Nero, le Alpi e la Sicilia, la capacità di trascinare una generazione di giovani entusiasti e appassionati verso l’obiettivo di costruire una patria, infine la tomba solitaria di Maddalena accanto a quella della cavalla Marsala,

La concessione della cittadinanza di Sassari al generale Garibaldi nel 1861 ha avuto innanzi tutto lo scopo di restituire una patria all’esule che aveva perduto la sua Nizza. Ma è stato anche il modo che hanno trovato i Sassaresi, primi in assoluto, a legare la Sardegna all’impresa dei Mille.

Ci piacerebbe oggi far rivivere qualche frammento di quell’entusiasmo giovanile, di quelle “grandi speranze” che in Sardegna si alimentarono del mito di Giuseppe Garibaldi, anche attraverso i paesaggi, gli ambienti naturali, i luoghi recentemente  descritti per Laterza da Antonella Anedda in Isolatria, Viaggio nell’arcipelago della Maddalena, partendo da quella finestra che guarda verso la Corsica, oltre la quale Garibaldi, sdraiato, immaginava di vedere Nizza.

Oggi Garibaldi è Caprera, Garibaldi è Sardegna; scriveva Paolo Rumiz: <<Caprera. Questo mare ruggente che la separa dal resto d’Italia ne fa il baricentro, il nascondiglio, il campo-base, il luogo delle fughe e dei ritorni. Cerco Garibaldi, ma anche Sandokan, Ivanhoe, D’Artagnan. Caprera non è un territorio neutro. È uno spazio di parte, anarchico e senza legge. È il luogo “altro” e forte dello sdegno e della trama. È l’esilio, l’archivio della Memoria, la repubblica presidenziale di un generale-contadino. Ed è anche Itaca, l’isola del ritorno per un uomo di mare che ha vissuto>>.

Ci sarà una ragione se Caprera è un luogo tra i più visitati dai turisti, se già Mario Soldati mezzo secolo fa quando preparava la mostra torinese delle Regioni per i cento anni dell’Unità d’Italia la definiva “Uno dei luoghi veri, uno dei luoghi sacri del nostro Risorgimento”.  Questo volume non restringe il discorso in sede locale, ma riesce ad allargarlo ad altri paesi e ad altri mondi.

Sassari, 18 febbraio 2014

 

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