Un Piano Casa già superato e non urgente [di Antonietta Mazzette]

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La Nuova Sardegna 29 dicembre 2019. Leggendo il disegno di legge in materia di governo del territorio e le dichiarazioni del Presidente Solinas, ho colto tre elementi di fondo:

  1. lo strumento del Piano Casa, a sua tempo inaugurato come eccezionale da un governo Berlusconi, dopo reiterate edizioni, in Sardegna diventerà strumento ordinario;
  2. saranno consentiti aumenti di volumetria nelle coste, nelle campagne e anche negli insediamenti urbani, con qualunque motivazione vengano “giustificati”;
  3. giacché i proprietari delle strutture alberghiere situate sul mare (anche entro i 300 metri) avranno maggiore interesse ad approfittare di questa politica di incremento volumetrico, è probabile che avremo come risultato predominante il fiorire di edifici nelle aree più pregiate sotto il profilo paesaggistico, anche come corpi separati rispetto alla struttura madre, visto che ciò sarà consentito.

Se la mia sommaria sintesi ha un qualche fondamento, mi permetto di rivolgere una domanda al nostro Presidente: Lei ritiene che questo provvedimento sia la prima urgenza per la Sardegna, tanto da annunciarla come “regalo” di Natale?

Ho dei dubbi in merito per un insieme di ragioni che provo ad esporre, seppure in modo schematico.

Anzitutto, perché stride con il patrimonio di conoscenza maturato in relazione allo stato del territorio e del paesaggio sardo. I nostri territori hanno un bisogno urgente di manutenzione e di messa in sicurezza, anche per rispondere alle emergenze ambientali (frane e alluvioni in primis) che si verificano sempre più spesso anche in Sardegna, come sta accadendo nel resto d’Italia.

Perciò, il “sistema di regole certe e uguali per tutti” a cui si richiama il Presidente, andrebbe orientato in questa direzione, piuttosto che come premialità per qualcuno, anche se elettore della attuale maggioranza.

In secondo luogo, la Sardegna dispone di un ingente patrimonio edilizio – considerevole se rapportato all’esigua popolazione stabile e persino al reale flusso turistico – che è vetusto ed energivoro (tra i più alti in Italia). Ciò riguarda tutta l’Isola, e non solo le aree costiere o le strutture ricettive.

Il che significa che se la Sardegna vuole dare il suo contributo nel contrasto dei cambiamenti climatici, dovrebbe costituire una priorità per il governo regionale ideare un piano organico di recupero in senso ambientale di tale patrimonio, e non in modo residuale (ossia come condizione per acquisire volumetria aggiuntiva) come invece appare dalle stesse parole del Presidente. Ciò vale tanto più perché entro pochi anni dovremmo de-carbonizzare le nostre fonti energetiche: a questo proposito, non credo che il metano possa essere disponibile nel breve tempo, se non forse nel sud della Sardegna.

In terzo luogo, nel privilegiare “ulteriori incrementi volumetrici per gli edifici e le strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive ricadenti nelle zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, G ed incrementi volumetrici per le strutture destinate all’esercizio di attività turistico-ricettive ricadenti nella zona urbanistica F”, non si tiene conto del fatto che la domanda turistica non è più esclusivamente fondata su queste forme di ricettività.

D’altronde, gli alberghi non sono pieni neppure in alta stagione, anche perché sono diventati concorrenziali il ricco mercato degli affitti temporanei, i B&B, i campeggi e il turismo itinerante. In particolare le locazioni temporanee delle case è fenomeno che riguarda sempre più le città a grande attrazione turistica, da Amsterdam a Parigi, da Cracovia a Milano, ed ora sembra aver contagiato anche il turismo balneare italiano, compreso quello sardo.

Infine, l’edificazione per fini residenziali nell’agro, consentita anche ai non imprenditori agricoli o coltivatori diretti, significa che, soprattutto a ridosso delle aree urbane, si estenderà il fenomeno dello sprawl urbano che tanti dissesti ha creato là dove si è affermato, con un aggravio per le casse pubbliche in termini di servizi e infrastrutture.

 

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