DdL Solinas-Sanna? Si tratta della licenza di occupazione dei suoli agricoli! [di Sergio Vacca]

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Zone E, oppure zone C o zone F? Prendiamo in considerazione la realtà di una piccola Comunità del centro-ovest della Sardegna: un centro abitato, le cui origini sono riferite al periodo post-bizantino, per il trasferimento della popolazione, fino ad allora insediata attorno ad un importante nuraghe pentalobato. Le risorse alimentari cominciavano ad essere insufficienti per la popolazione in crescita e la raccolta dell’acqua sempre più difficoltosa.

Una valutazione, sia pure empirica, sulla potenzialità dell’area vasta suggerì ai post-nuragici di scendere a valle, dove avrebbero trovato suoli di altissima fertilità e acqua in abbondanza, sia fluente, sia di una falda molto superficiale. Piccoli insediamenti dislocati attorno al fiume, tuttavia a quote altimetriche superiori, anche per la difesa dalle acque, potendo così coltivare nella fascia alluvionale ogni genere di colture orticole e arboricole; tra le altre quelle viticole.

Le condizioni pedologiche e climatiche consentivano di sviluppare in quella stretta fascia alluvionale colture di alto pregio e dedicare ai pascoli le aree collinari circostanti. Situazione ben compresa nella metà del XII secolo dai monaci camaldolesi di una vicina abazia, che introdussero in quell’area la coltivazione dell’agrume.

Ad oggi, nove secoli di agrumicoltura in quelle terre, senza consumare quasi un metro quadro di quegli eccellentissimi suoli; ad ovest di quella fascia alluvionale si determinò la crescita urbana, che mai si è spinta ad est per non intaccare quei fertilissimi suoli, sui quali la popolazione ha vissuto e continua oggi a ritrarne reddito.

Va considerato infatti, che si tratta di redditività importanti, legate alle favorevoli condizioni dei luoghi, alle quali l’imprenditore agricolo non intende rinunciare, avendo compreso lo stretto rapporto tra fertilità e reddito. Concetto peraltro ben compreso nel vigente Piano Urbanistico Comunale, peraltro in fase di aggiornamento, che prevede la inedificabilità quasi assoluta di quelle aree caratterizzate da alta fertilità/reddittività.

Il DdL Solinas/Sanna prevede ampliamenti volumetrici  anche nelle  aree destinate ad “usi agricoli”, zone urbanistiche “E” a vantaggio  degli “insediamenti turistici”, zone urbanistiche “F”. Inoltre, la relazione al DdL, nell’introdurre l’articolato per la parte relativa alle zone “E”, cita testualmente:

“Per quanto attiene gli interventi nel territorio agricolo si è disposto che questi raggiungano la superficie minima anche computando più corpi aziendali, che possono non essere contigui e possono essere ubicati in comuni limitrofi, sempre che le superfici non siano inferiori all’ettaro. L’edificazione di fabbricati per fini residenziali nell’agro è consentita anche ai non imprenditori agricoli o coltivatori diretti” (sic!).

Per quel che riguarda Milis, Comunità di cui sono Sindaco e di cui fin qui ho esemplificato la storia insediativa, si pone da subito il problema della forte discrasia tra il PUC in atto, che non prevede insediamenti turistici nelle zone “E” ed i dettati del DdL che ne prevede l’incremento.

Il problema si porrà in misura maggiore nel momento in cui l’adeguamento dell’attuale PUC introdurrà regole maggiormente restrittive  all’edificazione, particolarmente delle zone urbanistiche “E”. Va inoltre considerato che le dimensioni dei diversi appezzamenti nella fascia delle terre altamente fertili è normalmente inferiore all’ettaro, quando non si tratti di are e centiare.

Determinare perciò la realizzazione di insediamenti turistici in condizioni come quelle descritte, rappresentanti peraltro un continuum di appezzamenti agrumari, ognuno delimitato da muretti a secco e filari di alloro come frangivento, che costituiscono uno scenario unico ed irripetibile, avrebbe il significato di distruggere un paesaggio millenario, disattendendo in modo eclatante l’articolo 9 della Costituzione Repubblicana.

Quella descritta può essere considerata come una condizione di nicchia, rappresentando un po’ meno del 10% della superficie dei suoli a destinazione agricola dell’isola e oltre il 20% delle superfici irrigabili. Le restanti aree a destinazione agricola, caratterizzate da suoli a diversi livelli di fertilità – classi di Capacità d’uso delle Terre (Soil Conservation Service U.S.D.A., 1966) dalla seconda alla quinta – manifestano le medesime problematiche, pur nella diversa intensità del danno che si creerebbe con la sottrazione di superfici alla funzione primaria di produrre biomassa agricola.

Occorre, non solo disincentivare, in termini generali, il consumo dei suoli, ma è necessario concentrare maggiormente l’attenzione sulla capacità d’uso delle diverse realtà territoriali, con attenzione particolare nei riguardi dei suoli. Il consumo di questa risorsa, infatti, determina in primo luogo la diminuzione generale della capacità produttiva agricola e forestale, ma anche una diminuzione della pedo-diversità, ossia di quello straordinario patrimonio genetico espresso dalla componente biotica ed infine della capacità di difesa dagli eventi alluvionali.

Il DdL sembrerebbe spalancare le porte alla desertificazione della Sardegna, fenomeno conosciuto in tutti i suoi processi e dinamiche, peraltro fortemente accentuato dai mutamenti climatici in atto. Per fortuna tra il dire e il fare ci sono norme e leggi a partire dalla Costituzione che ha efficacia anche in Sardegna. Vorremo ancora di più.

*Sindaco di Milis;  già Professore di Scienza del Suolo, Università di Sassari

One Comment

  1. Rita Lai

    È scandaloso Sergio! Bisogna trovare il modo di bloccare questo scempio!

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