Perché Gentile sì e la Barracciu no? La doppia morale del Pd [di Gianni Del Vecchio]

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L’Huffington Post 03/03/2014 18:00. Rigidi e intransigenti con Alfano e i suoi uomini, ipergarantisti e autoassolutori con i propri dirigenti. La gestione dei due casi che imbarazzano il governo – ovvero la nomina a sottosegretario di Tonino Gentile e Francesca Barracciu – sta facendo emergere un inquietante livello d’ipocrisia all’interno del Partito democratico, almeno una parte, e dell’opinione pubblica progressista.

Un doppiopesismo che rischia di dar fiato alla sempreverde retorica della destra sul falso mito della superiorità morale della sinistra. La vicenda Barracciu-Gentile è potenzialmente tafazziana per il Pd anche per un altro motivo: alla fine della fiera, se si vuole essere davvero onesti, il ras calabrese di Ncd – che si è dimesso – non è indagato mentre la dirigente sarda dem – che non si è dimessa – sì.

Basta mettere in fila i fatti per capire l’incoerenza del comportamento di Renzi e di tutto il partito. Venerdì il consiglio dei ministri completa la squadra di governo con la nomina di vicepremier e sottosegretari. Subito balza agli occhi il caso del senatore Tonino Gentile in quota Ncd: referente di Alfano nel cosentino, solo pochi giorni prima viene accusato dal direttore de L’Ora della Calabria di aver fatto pressioni verso l’editore e lo stampatore per non far uscire il giornale con in prima pagina la notizia del figlio Andrea, indagato per abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione a delinquere. Il direttore Regolo ha anche la registrazione della telefonata in cui il tipografo si “preoccupa” per conto di Gentile. Sta di fatto che il giornale non esce per un guasto alle rotative. La notizia viene ripresa il giorno dopo da siti e giornali nazionali ma deve essere sfuggita a Matteo Renzi che noncurante dell’opportunità politica gli regala il posto a un ministero delicato come quello delle Infrastrutture.

Il resto è cronaca delle ultime ore. Pungolati dalla rivolta di direttori ed editorialisti, il Pd, o una parte di esso, si sveglia e ne chiede un passo indietro. Lo fa il segretario regionale dem – renziano – Magorno. A ruota si aggiungono gli esponenti della minoranza interna come Bindi e D’Attorre. Il portavoce della segreteria e braccio destro di Renzi, Guerini, invece se ne lava le mani in maniera molto pilatesca scaricando la responsabilità su Alfano: è una nomina sua e se ne occupi lui. Nel frattempo però Gentile toglie le castagne dal fuoco a Renzi e si dimette.

Ecco che si apre il problema doppiopesismo per il Pd: perché cacciare una persona che per quanto discutibile non è neanche indagata e tenere al governo una propria donna che invece indagata lo è?

Ricordiamo che Francesca Barracciu è sotto inchiesta per peculato, come ex consigliere regionale del Pd, nell’ambito dell’indagine della procura di Cagliari sulle spese dei fondi assegnati ai gruppi consiliari. Le vengono contestate spese attorno ai 33 mila euro. I pm sospettano che quei soldi siano stati usati per spese voluttuarie o personali. Lei ovviamente nega tutto ma l’indagine ha già portato il Pd ad accantonare la Barracciu, vincitrice delle primarie per la scelta del candidato presidente della Regione Sardegna, a favore di Francesco Pigliaru, rivelatosi poi una scelta vincente.

Insomma, perché Gentile sì e Barracciu no? Perché Renzi e la minoranza Pd non dicono nulla sull’opportunità di avere un’indagata nel suo governo? Il rischio per il neopremier è che anche lui alimenti quel senso di impunità della Casta che ha portato nell’ultimo anno tanti voti nelle tasche di Grillo e Casaleggio. E non lo aiuta neanche l’atteggiamento della Dem sarda. “Se avessi rappresentato una grana per il governo, Renzi non mi avrebbe nominato”, ha detto non celando un certo fastidio per le polemiche attorno al suo nome.

Come se l’onda anti-casta non fosse mai arrivata. Se Renzi davvero vuole riconquistare i voti grillini, non può permettere che nella sua squadra ci siano indagati. Altrimenti Beppe è pronto ad avventarsi alla sua giugulare.

*Vicedirettore, L’Huffington Post

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