Uomini che odiano le immagini [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 18 giugno 2020. La città in pillole. Quanto l’ossessione iconoclasta non sia solo della presente stagione, lo racconta, fin dalle radici dell’umanità, il suo contrario, l’iconodulia. In altri termini la distruzione delle immagini è interfaccia dell’esaltazione delle stesse per quel paradigma dell’indivisibilità che per André Leroi-Gourhan fu approccio alla storia dell’uomo nelle sue primordiali pratiche artistiche e tecniche.

Per sottrarsi all’eterno presente, si tratta di rileggere quel gigante degli studi preistorici che riferendosi al Paleolitico, tematizza, come esemplari, i codici figurativi della pittura parietale rupestre, tanto esplicita e realistica da sconfinare nel “fotografico”. Ma per lo studioso le raffigurazioni delle grotte francesi e spagnole, sono l’esito di astrazioni aniconiche e non il contrario.

I realistici e maggioritari, rispetto ai maschili, simboli femminili presenti nelle grotte, col tempo si sarebbero evoluti verso forme più astratte. L’astrazione del maschile e del femminile riguardando, prevalentemente, caratteri sessuali, è spia di un tabù iconoclasta sugli stessi. Di fatto l’iconoclastia registrerebbe un atteggiamento ideologico della società o di un gruppo sociale che, nel corso del tempo, persiste con giustificazioni differenti.

L’attuale doppio registro dell’accentuata iconizzazione e dell’iconoclastia, si tratti di lapidi, di pitture, di statue, di toponomastica, è dunque inscritto nelle profondità del nostro inconscio? Per Leroi-Gourhan, riguarda persino l’uomo di Neanderthal.

Si può stigmatizzare l’iconoclastia politica antirazzista di questi giorni o quella teologico- religiosa islamica degli ultimi decenni che paiono destabilizzanti. Ma che dire del radicalismo protestante o della Inquisizione spagnola, o della guerra delle immagini che insanguinò l’impero di Bisanzio e che coinvolse Cagliari?

Dopo l’ingiunzione di Leone IV (847-855) le fonti raccontano della distruzione di un altare consacrato da Arsenio, vescovo eretico, nel predio Lustrense in una chiesa titolata a San Michele. Forse nella stessa stagione furono abbattute le statue romane, risemantizzate dal Cristianesimo e sopravvissute per secoli, rinvenute nel 1978 in Viale Trieste.

Disiecta membra, per decenni, nei magazzeni del Museo di Cagliari, vicini dei cinquemila frammenti in cui furono ridotte le statue di Monti e’ Prama, vittime di una precedente iconoclastia. Queste sono state appena risarcite; le altre sono ancora vittime dell’indifferenza, compagna del peggiore terrorismo iconoclasta.

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