Renato Soru, The Great Pretender [di Vito Biolchini]

funtanazza

Silenzio. Silenzio assoluto. Eppure una notizia così, data ieri dai due quotidiani sardi, avrebbe meritato un immediato approfondimento, sia di natura tecnica che di natura politica. Invece nulla. Come “quale notizia?” Non l’avete letta?

La Nuova Sardegna: “No all’hotel sul mare a Funtanazza: contrasta con il Ppr”. E ancora: “L’Ufficio del Paesaggio blocca il progetto della società di Soru. Il piano paesaggistico approvato quando lui era governatore”.

“Soru contro Soru” scrive l’Unione Sarda. Perché il progetto immobiliare portato avanti dall’imprenditore non rispetta la legge a tutela delle coste voluta nel 2006 dal presidente della Regione. Quella che lo ha reso famoso, quella che lo ha fatto odiare a destra ed amare a sinistra. Quella che lo consegnerà (insieme a tanti altri aspetti straordinari della sua vita, politica ed imprenditoriale) ai libri di storia della Sardegna.

Ma allora, qual è il vero Soru? Quello che tutela le coste o quello che prova da oltre quindici anni a portare avanti un progetto contro le leggi che lui stesso ha voluto?

Il dibattito in Sardegna non si è mai aperto. Anche perché non converrebbe quasi a nessuno chiedersi seriamente per quale motivo l’esperienza iniziata nel 2004 sia finita brutalmente nel 2009. Troppe complicità, troppe omissioni, troppi doppi giochi e posizioni assunte per puro calcolo personale.

“Soru fu sconfitto da Berlusconi in persona”, ha spiegato qualche giorno fa su Facebook lo storico ed ex parlamentare Pd Guido Melis, intervenendo sul dibattito sulla crisi del Pd aperto dalla Nuova Sardegna. A me sembra una lettura semplicistica ed errata e che non fa i conti con la realtà: perché se Soru avesse preso gli stessi voti di appena quattro anni e mezzo prima (ovvero 487 mila), nel 2009 sarebbe stato rieletto. Invece si fermò a 415 mila. Di chi sono i 72 mila voti mancanti? Di chi non lo aveva votato nel 2004? Evidentemente no.

È stata dunque l’elettorato di centrosinistra (e la sua nomenclatura) ad abbandonare Soru, Berlusconi non c’entra nulla. Con una significativa variante, la pensa così la pensa anche La Nuova Sardegna che negli anni è stata costante e orgogliosa propugnatrice dell’idea di Soru “imprenditore illuminato”, una sorta di “Olivetti sardo” (…) che una volta sceso in campo è stato vittima dei “poteri forti”.

Cantore di questa teoria è lo scrittore Marcello Fois, che nel suo ciclo di interviste a sardi illustri (tra cui lo stesso Soru) ha più volte infilato questa tesi, provando a consegnare ai posteri una visione idealizzata del politico e della sua esperienza di governo, e soprattutto ignorando tutte le contraddizioni sorte negli anni (e non sono state poche) tra il Soru politico e il Soru imprenditore.

Il santino che di Soru fa da anni Marcello Fois contrasta clamorosamente con la realtà, posto che Soru è stato ed è ancora un uomo di potere che si è mosso (e in questo l’analisi di Guido Melis non fa una piega) in un contesto in cui “la sua candidatura a presidente della Regione era stata il frutto, oltre che di un indubbio carisma personale, degli accordi di vertice”. Ecco dunque, lo snodo cruciale.

Ciò che a noi nel 2004 sembrava nascere dal basso, era stato in realtà imposto dall’alto. E una volta arrivato al potere, invece che perseguire la strada nuova ed originale, Soru ha preferito “giocare alla politica”. Ma senza averne i mezzi e le capacità, ma soltanto l’ambizione. E così, ha fatto male a se stesso, al centrosinistra, alla Sardegna che aveva creduto in lui. Peccato, perché aveva un gigantesco sostegno popolare, un bacino di risorse, energie ed idealità che è stato colpevolmente disperso. Come è potuto avvenire?

Concordo con Marcello Fois quando afferma che l’autoaffondamento di Progetto Sardegna (il movimento che Soru aveva creato e con il quale si presentò nel 2004) e il suo passaggio in blocco al Pd ha bloccato ogni sviluppo virtuoso. Ma Fois non porta alle estreme conseguenze questo suo ragionamento. Perché se lo facesse, dovrebbe ammettere che allora Soru si comportò da scaltro imprenditore e non da politico lungimirante, vendendo di fatto ad una società più grande la sua startup di successo e pretendendo in cambio l’ingresso nella stanza dei bottoni, in questo caso del Pd.

Fa dunque un po’ sorridere il tentativo della Nuova Sardegna di raccontare la crisi del Pd sardo senza raccontare chi meglio di chiunque altro questa crisi di identità l’ha incarnata e rappresentata, cioè Renato Soru.

Doveva essere il cambiamento, e non lo è stato. E a dimostrarlo sono le sue contraddizioni, la sua pulsione familistica, le fallimentari imprese editoriali forse portate avanti solo per provare a rilanciare le sue ambizioni politiche ad un livello più alto, la scadente esperienza da europarlamentare, l’incapacità di formare e proporre nell’isola una nuova classe dirigente.

E ancora, il suo essere una cosa e il suo contrario: nemico alle correnti nel Pd ma a capo egli stesso di una corrente; esaltatore del merito e poi pronto a lottizzare come tutti gli altri capibastone e a mandare in parlamento e in consiglio regionale innanzitutto i fedelissimi; a parole difensore del libero pensiero, nei fatti insofferente nei confronti della stampa e di ogni critica; contraddittorio nel doppio ruolo di politico ed imprenditore (e anche per questo per me punito dagli elettori di centrosinistra nel 2009: proprio perché iniziava a ricordare un po’ troppo da vicino Berlusconi).

E come tanti imprenditori, ogni tanto, perfino un po’ bugiardo: come quando al manifesto in una recente intervista afferma che Funtanazza l’aveva comprata quando era ancora un privato cittadino: “Ero lontano dalla politica, la mia candidatura a governatore non esisteva, neppure come ipotesi”. Balla colossale, perché nel novembre del 2003 quando acquista l’ex colonia (ecco il pezzo della Nuova Sardegna di allora) Soru è già da qualche mese in piena campagna elettorale per le elezioni regionali. E della sua candidatura si parlava già da agosto, come questo pezzo di Repubblica conferma.

Il caso Funtanazza dimostra allora ciò che Soru è stato: banalmente, un equivoco. Abbiamo trasferito su di lui le nostre battaglie per una Sardegna diversa nella speranza che le facesse proprie. Una specie di transfert collettivo (che poi abbiamo visto anche in casi successivi di candidature sballate ma dal forte sapore messianico) che non ha portato a nulla.

Praticamente, Soru eravamo noi, non lui. Perché lui alla fine le nostre battaglie le ha combattute strumentalmente per provare a fare carriera in un partito italiano. Senza nessuna visione originale, appiattito alla lunga su uno schema autonomistico ormai sorpassato di cui ha accettato le regole. E infatti in un contesto del genere, è stato schiacciato e sconfitto. Non perché il Male vince sul Bene, ma perché troppe erano le contraddizioni nel suo agire, troppo evidente la sua inautenticità, troppo inadeguata la sua strategia politica (ma vi ricordate quando da presidente della regione si candidò alla segreteria del Pd? Errore fatale, specchio di un approccio padronale della politica).

A Marcello Fois che sulla Nuova lo ha intervistato significativamente  lo scorso 28 aprile, ha dichiarato: “La tutela del paesaggio agli inizi degli anni Duemila è stata la molla che mi ha fatto accettare di lasciare il mio lavoro e impegnarmi in prima persona in politica. Erano gli anni del dogma dell’edilizia, del consumo delle coste visto come unica possibilità di sviluppo dell’economia della nostra regione”.

E ancora: “Un insensato e precipitoso riempire le coste sarde di seconde case che già allora venivano utilizzate per pochissimi mesi all’anno. Un modello chiaramente sbagliato. Tutto ciò a discapito della grande bellezza della Sardegna, della percezione dei suoi spazi vuoti, del silenzio, del buio, del rapporto intenso con la natura. Ritenevo che ci fosse il pericolo di compromettere definitivamente questi valori, oggi più che mai importanti”.

Ma a parlare è lo stesso Soru che a Funtanazza ha provato per anni a fare passare un progetto che prevedeva la diminuzione delle cubature dell’ex colonia ed un loro riutilizzo attraverso la realizzazione di tante villette all’interno della fascia del 300 metri? È proprio la stessa persona?

Ecco perché dunque delle implicazioni politiche di ciò che sta succedendo a Funtanazza la stampa e la politica hanno paura di parlare. Perché bisognerebbe prendere in considerazione l’ipotesi che Renato Soru sia quello che a mio avviso è: The Great Pretender.

Con tutto quello che ne consegue.

 

One Comment

  1. Mario Pudhu

    Est malu a cumprèndhere chi sa Sardigna e nois Sardos… (pardon: la regione e i regionali) semus in busaca de s’Itàlia e de sos partidos suos.
    Faghimus finta de nudha, bene pro nois!… (salvu sa carrieredha de totu sos aprofitadores pro ses dinaris.)

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