L’importanza degli Archivi viventi [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 10 giugno 2021. La città in pillole. Assai spesso si sottolinea, in queste note, quanto conti la passione per la memoria e per le narrazioni che ne discendono e quanto grati bisogna essere a coloro che le praticano. Abitano i luoghi con consapevolezza, sono disponili al dialogo, all’accoglienza, all’inclusione. Possiedono la migliore delle competenze: quella della relazione che riconosce l’altro e i valori di cui è referente.

Caratteri che chiamiamo civiltà e cultura, specie se accade senza sforzo. Sono la materializzazione di un celebre adagio di Ezra Pound: “La cultura comincia quando si riesce a fare una cosa senza sforzo”. Va da sé che quando si arriva alla dimensione del “senza sforzo”, si sono percorsi tutti i gradini della competenza, dell’intenzionalità, della consapevolezza.

Ci può essere cultura senza consapevolezza? Difficile. Potremo, d’altra parte, mai immaginare, ad esempio, la città, per antonomasia luogo di stratificazione, di storia, di memoria, senza la progettualità e le pianificazioni di generazioni? Potremo pensare un Archivio o un Museo, summa di genealogie di noti e di ignoti, senza lo “sforzo” consapevole di persone competenti affinché chi li fruisce impari “senza sforzo”, a riconoscere la storia sua e dell’umanità, le sue geografie e mitologie? Improbabile.

Di questo, domenica, due articoli hanno tematizzato, nel concreto. Il primo “Musei riaperti sul nostro futuro” di Salvatore Settis ne Il sole 24 ore, dedicato al Museo Egizio di Torino e al ruolo civile e sociale dell’istituzione museo. Il secondo, in questo giornale, di Lorenzo Paolini sul generale Figliuolo che, con uno abito da lavoro non surrogabile come quelli di un metalmeccanico o di un medico, infischiandosene di piacionerie e di ammiccamenti, va in giro interpellando ognuno sulla necessità di impegnarsi, possibilmente “senza forzo”, per mettere in sicurezza gli archivi viventi. In Sardegna tanti. Sono i grandi vecchi, di cui, talvolta, i decisori si dimenticano.

Abitano negli interstizi delle grandi città che tutti dicono di voler ricucire, senza saper neanche imbastire un punto; molti nelle piccole comunità da cui difficilmente possono muoversi per un vaccino o una visita. Ha ragione l’uomo, perennemente in abiti di lavoro, nel dire che li dobbiamo cercare ad uno ad uno e ringraziare perché ci concedono di farsi trovare. Desiderano continuare la militanza della memoria e dell’affabulazione di mondi di senso. Noi tutti, per ripartire, vogliamo riprendere a visitare musei e loro grandi archivi dell’umanità.

 

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