A Stampace nel ricordo di Ottonello [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 2 settembre 2021. La città in pillole. La morte è la curva della strada/morire è solo non essere visto […]. Ogni volta che se ne va qualcuno che conosciamo o che apparteneva alla speciale quotidianità di vicinato che resiste in molte zone della città, interpelliamo frasi consolatorie. Le attingiamo ad un vocabolario appreso nei tempi in cui si studiavano a memoria interminabili prose e poesie.

Bisogna essere riconoscenti a maestri e professori che, con eirenica certezza, lo hanno imposto, perché pensare pensieri di poeti, filosofi, scrittori attutisce infelicità e dolori, altrimenti insopportabili. Non evitano la melancolia che, comunque, restituisce più di altri sentimenti il senso di quanto accade. Le parole di Fernando Pessoa colgono una delle certezze più autentiche del vivere e cioè che “mai nessuno s’è smarrito” nel percorso prestabilito, il cui punto di arrivo è fissato in partenza. Non ce n’è uno alternativo.

Anche per Antonello Ottonello, il percorso era segnato. Non avremo voluto così veloce e in questa stagione, perché chi se ne va è inghiottito in un indistinto vortice creato da un’entità invisibile che a volte non c’entra direttamente ma che espropria, in tutti i casi, la morte del rito collettivo della rielaborazione del lutto.

Ma ci sono luoghi, di elezione e di vita, dove farlo. Sono quelli che Antonello frequentava, quotidianamente, nel Corso Vittorio Emanuele e dintorni, su brugu per i veraci stampacini come lui. Stratificano memoria. Anzi, per dirla più precisamente con Maurice Halbwachs, sono quadri sociali della memoria. Punti di riferimento spaziali nel cuore più antico di ogni città.

Non è strano, perciò, che in una mattina sul finire di un infuocato agosto e nel pieno delle levantate di Sant’Agostino, capiti di sentirsi quasi precipitare in un brano di un romanzo della Trilogia di New York di Paul Auster. Nei bar o nel forno o nel tabacchino o nella galleria d’arte de su brugu, percorsi abitudinari di Antonello, accade infatti che simultaneamente si sta parlando di lui. I modi e le forme della fonè restituiscono differenze sociali e di vissuto.

Si coglie anche quanto l’essere un poco oreri appartenesse a questo grande ed ecclettico artista che mischiava l’alto e il basso; il tutto mediato da una risata sarcastica che è delle profonde viscere di Cagliari. Lo sapeva. Come sapeva che il suo viso irridente evocava la Maschera punica di San Sperate e il grande Lindsay Kemp, esibitosi a Cagliari in altri tempi. Fratelli gemelli, separati alla nascita. Spero, finalmente riuniti.

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