Preservare l’eredità del verde [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 20 ottobre 2021. La città in pillole. Qui i miei passi intessono il loro labirinto incalcolabile […], scrive Borges in “Buenos Aires”; variopinta e meticcia da sembrare mediterranea. Celebra la città che, memorizzata con tutto il corpo, sarà abitata dal suo passo e dalla sua scrittura quando gli occhi si oscurarono e divenne cieco.

 

Parola e piedi, continuarono a percepirla, nel luccichio abbagliante e nelle miserie. Come ogni luogo di molte genti, di mille tracce, e di svariate orme del tempo perduto, diventa mappa di ogni sorte umana”. Quella che mente e cuore vedono prima degli occhi. Come le tante Cagliari.

 

Le sue mutevoli facce rimandano a molti luoghi. Anche alla Buenos Aires di Borges, forse perché questa le è un poco figlia. Così racconta il mito fondativo della città sudamericana. Prova che la città è generativa di storie e di luoghi, ove le si consenta di svelarsi non solo in grandezza e bellezza.

 

Allora come la Buenos Aires di Borges, si farà mondo. Basta percorrerla con piedi e occhi curiosi. Dalle strade tortuose di Castello alle appendici, ai viali alberati che Cima importò da Parigi, alla città-giardino della borghesia che va oltre la città murata, alla periferia ignota di Is Mirrionis e del CEP. Bellissime sulla carta e nella realtà. Città di pietra e d’acqua ma anche del verde dei mille giardini.

 

Non ultimi quelli che, verticali, scalano le mura come non è riuscito a nessuno che l’ha assediata. Verde diffuso, stratificato, e verde concentrato dall’antica Botanica all’Orto Botanico. Una sorpresa, nel cuore della città che, per densità storica, ha pochi confronti. Quanta energia restituisce passeggiare nelle vie ricche di piante zingare e fuggitive, da un luogo all’altro, come osservò Gilles Clement, per popolare ogni angolo.

 

Che dire dei paesaggi insegretiti che narrano del tempo prima del tempo dell’eterno presente. Si tratta delle collezioni, naturalistica e mineralogica, del Dipartimento di Geologia, in Via Trentino. Luogo museale tra i più intriganti. Vi si trovano percorsi e labirinti di un tempo lontano milioni di anni. Paleogeografie, paesaggi, organismi della Sardegna prima che l’uomo la nominasse come il suo piede.

 

Storie della terra ma pure di uomini venuti da lontano: Leonardo de Prunner, Domenico Lovisato, Patrizio Gennari. Si fecero cagliaritani e studiarono la terra che li ospitava. Le restituirono la memoria perduta di milioni di anni; di un tempo senza occhi, mente, cuore, umani. L’impegno collettivo? Che il frutto di tanto genio sia fruizione consuetudinaria.

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