Tra Draghi e Caimani. Chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica? [di Michele Martelli]

https://www.micromega.net 12 Novembre 2021 Un tecnocrate imposto dall’alto e un plurinquisito sono i nomi più gettonati per il Quirinale. Il nostro sistema politico, democratico de iure, lo è ancora de facto?

Chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica? Non è ovviamente una domanda da poco, trattandosi della massima carica dello Stato. In virtù delle nostre norme costituzionali, il capo dello Stato è eletto dal Parlamento, che a sua volta è eletto dal popolo sovrano. Nella filosofia politica, «democrazia», in tutte le sue varie accezioni, è infatti sempre «potere dal basso», in contrapposto all’«autocrazia», che è «potere dall’alto» (Hans Kelsen), elitario e autoritario.

La domanda è: il nostro sistema politico che è democratico de iure, lo è ancora de facto? Ossia: la Costituzione materiale fino a che punto riflette ancora la Costituzione formale? Pochi, e noti, i fatti su cui riflettere.

1. A) Non sono oggi gli elettori a eleggere i loro rappresentanti in Parlamento, attraverso la mediazione dei partiti, ma i capi partito e le loro segreterie a nominarli, imponendoli dall’alto agli elettori, colpa anche di una legge elettorale assurda. Dunque, sovrano sempre meno sembra essere il popolo, il che spiegherebbe il crescente astensionismo, e sempre più i partiti, spesso veri e propri comitati elettorali autoreferenziali. Sull’esempio di Berlusconi, che ha fatto scuola, soprattutto nel centro-destra: FI, un partito-azienda di cui B. è e rimane padrone-proprietario assoluto; i vari coordinatori e successori, sue evanescenti controfigure.

Una volta, con tutti i limiti e le contraddizioni del caso, c’era il partito comunista, o democristiano, o socialista ecc., fatti di esperienze, idee, programmi, passione e partecipazione, sezioni territoriali, gruppi dirigenti. Il ventennio del Caimano ha creato il «partito di Salvini», «di Meloni», «di Renzi», «di Calenda», o «di Toti» zerovirgola; sul loro simbolo troneggia il nome del segretario. Si direbbe che il Caimano, invecchiato, si sia riprodotto in tanti seriali piccoli caimani.

2. B) Il Presidente del Consiglio, recita la Costituzione, è «nominato», non scelto dal Presidente della Repubblica; Mattarella, preso atto del «Conticidio» renziano, in quattro e quattr’otto, dopo consultazioni-lampo, ha incaricato Draghi, approvato in fretta e furia da un Parlamento dilaniato e in preda alla confusione, che certo lo ha votato, dopo un dibattito fittizio, pro-forma, ma non scelto autonomamente. Ma Draghi chi era? Un tecnico bancario, un tecnocrate illustre e di lunga esperienza, ma parlamentarmente uno sconosciuto.

Proposto da Mattarella ai partiti, e dai partiti imposto agli ignari e impotenti elettori. Un caso da manuale di «potere dall’alto». E per di più, un premier Salvatore osannato come il Migliore da quasi tutti, in dimenticanza o spregio di un’altra «regola della democrazia» parlamentare, la distinzione tra «maggioranza che governa e minoranza che è all’opposizione», come purtroppo già avvenuto sin dal 2011 col governo Monti.

3. C) Nel bussolotto di chi sostituirà il presidente Mattarella, i nomi che più girano sono due: Draghi e Berlusconi. L’ipotesi B., ventilata a intermittenza dal duo Salvini-Meloni, – il papeetista dei «pieni poteri», orban-bolsonar-trumpista, e la sorella dei FdI devota di Almirante e che «non conosce la matrice di FN», – sarebbe un film dell’orrore: un capo dello Stato che presiede le Forze armate e il Csm nella condizione di «delinquente comune» e plurinquisito. Ma vi pare possibile se non in una repubblica delle banane, senza offesa per le banane? Ragion per cui il primo è il più gettonato. «Draghi potrebbe guidare il convoglio [sic!] anche da fuori.

Sarebbe un semipresidenzialismo de facto in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole»: parola del leghista Giorgetti, il più draghino dei ministri draghini, a cui forse sfugge una quisquiglia: l’aver giurato fedeltà alla Costituzione. La sua ideona? Un golpe all’italiana, alla chetichella, che sarebbe l’ultima conseguenza del ventennio del Caimano, fin dall’inizio ispirato al disegno di un potere autocratico e oligarchico. Ciò che preoccupa di più è il totale silenzio di Draghi il Migliore. Ma non ha giurato anche lui sulla Costituzione?

 

 

One Comment

  1. Mario Pudhu

    «il Migliore […] ha giurato anche lui sulla Costituzione»?!
    Proite, sos peus no ant fatu su matessi?
    Ma “chi se ne frega della Costituzione”?!
    Su chi lis budhit est a VINCERE sa gherra, chentza istare faghindhe su contu de cantos mortos lis serbit, comente at fatu cudhu «per sedersi al tavolo» a si dividire la preda, o mancari solu disocupados, emigrados, disisperados, pedindhe, frundhidos faghindhe nudha o mancari fintzas machines.
    Nois Sardos, invetze, paret chi no ndh’ischimus nudha, addobbamus sa conca a su muru, noll’irmelonamus e però sighimus a pessare a fàghere carriera (de pedidores che a sos pedulianos).
    Sinono, chi sa Sardigna est un’isola nois fimus ancora a lu cumprèndhere fintzas sa initziativa famosa de custos úrtimos annos? Si l’ischint fintzas sos macos e ignorantes, e chie pagu pagu s’est interessadu at a ischire fintzas chi est cosa de eras geológicas, cosa de milliones de annos, e s’art. 13 de su «Statuto di Automia per la Sardegna» bi est dae su 26 de frearzu de su 1948 nendhe chi «Lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell’Isola», si cheret nàrrere carchi cosa e si sos trasportos b’intrant carchi cosa cun cuss’iscopu e netzessidade, sendhe intro de su matessi Istadu “nazionale”, e si deputados e senadores di ogni risma e di ogni conio lezent sa «Costituzione» ma no ischint nudha de su «Statuto di Automia per la Sardegna», e si no est sa cultura de «menefrego» e nde «chi se ne frega» chi los at animados e animat, isperendhe chi zutant s’ànima, e pessant invetze de pònnere rimédiu faghindhe annúnghere carchi artículu o “comma” a sa «Costituzione italiana» faghindhebi iscríere a istich’in sogru chi sa Sardigna est un’ísula.

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