Pasolini e la bellezza dei costumi [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 18 agosto 2022. La città in pillole.  “Un luogo che conserva questo ha le chiavi per entrare in mondi ad altri sconosciuti” questa la frase pronunciato da Pier Paolo Pasolini per le foto che gli furono sottoposte da Piero Tosi che con Umberto Tirelli cercava spunti per i costumi di Medea, interpretato da Maria Callas.

Le foto si riferivano ad abiti della Turchia, dei Paesi Baschi, del Marocco, del Messico, della Sardegna. Ma pure di altri luoghi ed epoche. Devo la frase ad Alessandro Lai, storico del costume e costumista, noto al grande pubblico per la serie I Medici e Leonardo che con Tosi ha collaborato e da cui ha ereditato sapienza e savoir faire.

Era il 1969 e, come il grande costumista ha scritto, non era facile collaborare con Pasolini. Pretendeva che i tessuti per i costumi venissero prodotti, possibilmente, con gli stessi mezzi di produzione antichi. Tosi e Tirelli riuscirono a restituire una sorprendente, anche per loro, aura di arcaicità e di autenticità, non solo riproducendo le tecniche da far sembrare originali i costumi ma, contaminando, anche nello stesso personaggio, abiti di loro produzione e tradizionali, in qualche caso, ancora nell’uso corrente. È il caso dell’abito indossato da Callas/Medea per i riti. È un costume sardo da cerimonia.

D’altra arte, il plissé delle gonne, dominante dei nostri abiti tradizionali, quanto più irregolare tanto più antico, veniva realizzato, fino a qualche anno fa, persino in una merceria nel centro storico, con arnesi poco dissimili da quelli usati nel mondo antico. Per cogliere il senso della frase di Pasolini e della dimensione che ha restituito con quel film, corre l’obbligo di plurime visite al Museo archeologico nazionale.

Incursioni a tema, soffermandosi, al piano terra, in quel campionario di vissuto e di sacro che sono i bronzetti nuragici. Non senza uno sguardo, qualche vetrina prima, agli idoli femminili volumetrici. Strepitosa sequenza, dal Neolitico all’Età del Bronzo, di abbigliamento con intrecci e plissé.

Li si può rintracciare nella statuaria nuragica e nella fenicia e punica, fino a quella romana. Un viaggio per recuperare di noi quanto a Pasolini della Sardegna era chiaro. Se poi si vogliono fare le cose per bene, un passaggio non distratto in quel prezioso scrigno di meraviglie tessili delle collezioni dell’ISRE, esposte in un angolo della Cittadella, spesso trascurato.

Un utile e urgente viaggio per tutti, specie per quanti pretendono di riprodurre i “veri” abiti del mondo antico e che, forse, ignorano la lezione di Pasolini.

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