Se camminare si trasforma in gesto politico [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione Sarda 11 maggio 2023 . La città in pillole. Nelle narrazioni dei luoghi, spesso, manca il riferimento alla loro dimensione spaziale. Specialmente, quella che si coglie attraversandoli a piedi.

Nei millenni, i piedi hanno stratificato specifiche competenze, da consentire interminabili spostamenti di corpi che sarebbe riduttivo definire migrazioni. Piuttosto sono stati proprio camminare e il continuo spostarsi a costruire le infinite declinazioni di paesaggi antropici, persino quelli naturali, e a inventare spazi dove i corpi in movimento, hanno trovato prima intermittenti e poi definitive stanzialità. Si chiamano città, candidate ad accogliere, tra qualche decennio, buona parte dell’umanità che sarà, definitivamente, urbana e sul mare.

Un destino tracciato nel Vicino Oriente, più o meno ottomila anni fa, e a Cagliari da tre millenni; dopo altrettanti di insediamenti, trogloditi o capannicoli, sulle rive delle acque interne e nei colli. Nel mondo, in tanti continuano a sperimentare l’intelligenza dei piedi che ha costruito le civiltà. Alcuni negli stessi modi; altri diversamente dal passato. Fino ad un certo punto.

Perché persino quei percorsi pellegrinali, desacralizzati e reificati, sono abitati da corpi in movimento che agiscono relazioni. Come se il corpo con la sua motricità e, soprattutto, con la sua sensibilità ritrovasse antichi codici genetici che credeva di aver dimenticato. In fondo siamo tutti Efisio, un podista, dietro a cui ciascuno vuole essere parte attiva. Lo si riscopre ogni anno quanto sia esemplare per intendere che a Cagliari è urgente recuperare la pedonalità come forma di socialità e di progettualità.

E’ insopportabile la trasformazione delle strade in piattaforme per tavoli, tavolini, tavolate. Prandialità, a tutte le ore, che non hanno nulla a che fare con quelle aggregative e socializzanti di molti paesi della Sardegna, in speciali occasioni, ma esemplari quanto antiche anche in Inghilterra, come si è visto per l’incoronazione del re. Pratiche di rispetto e di consapevolezza dei luoghi urbani e, soprattutto, dei corpi che li abitano.

Differente da quanto accade nel cuore di Cagliari, dove ai residenti è negata la pratica del camminare perché le vie, ormai senza marciapiedi, sono precluse alla pedonalità. Ma, in origine, questa non era la motivazione dell’interdizione ad autovetture e mezzi pubblici? Relegare una funzione fondamentale in qualche luogo dedicato, come voluttuaria, non significa forse negare la ragione che ha fondato la città? Che camminare sia un gesto politico?

 

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