Due funerali e la lotta al patriarcato [di Maria Antonietta Mongiu]

L’Unione sarda 7 dicembre 2023. La città in pillole. Due funerali hanno avuto più efficacia dei fiumi di parole spese per ogni femminicidio. È inquietante verificare quanto l’aver ridotto il delitto all’attualità dell’eterno presente abbia finito per stigmatizzare più il vissuto della vittima che del femminicida. Ha evitato di ascriverlo alla genealogia dei delitti della cultura schiavile di cui il patriarcato è, nei millenni, modus vivendi accettato e anche normato.

Ecco perché ci chiediamo se i due funerali modificheranno immaginari collettivi e se ineriranno nell’indistinto grumo dalle tante facce che è la mentalità. Materia sfuggente, di lunga durata, in cui convivono irriducibili elementi ancestrali e il presente che si crede non abbia relazione col passato. Tracceranno inaspettate traiettorie? Molti indizi dicono che agiscono potenti, anche, per le ritualità che sono state capaci di radunare. Si sono svolti in simboliche chiese e con officianti che hanno agito consolidate grammatiche del culto dei morti. O meglio, quelle, di antica fattura, del dies natalis di persone speciali perché testimoni. Ovvero martiri.

Due donne li hanno voluti in quegli spazi perché si recuperasse senso e sacralità. Funerali pubblici e quindi politici con le relative poetiche più che se fossero stati dichiarati dalle istituzioni. Il primo, a Ferragosto, Assunzione di Maria, e l’ultimo nell’incipiente Avvento, prossimo all’Immacolata. Giorni dedicati alla madre di Dio, a cui Michela Murgia – che il primo funerale programmò, almeno nella sinossi, per sé stessa – aveva dedicato il libro Ave Mary. Annunciava un cambio di sguardo sulla sua fede.

Il secondo funerale, per volontà di una sorella, Elena, a nome di un’infinità di sorelle d’ anima. Queste, grazie a Michela, sempre meno una faccenda etnocentrica della Sardegna per voler assumere valore di norma; a prova che le leggi nascono da consuetudini. È anche grazie a lei se una ventenne, ha deciso che il femminicidio della sorella facesse rumore, non occultando il lutto.

Michela aveva scritto Stai zitta, per denunciare una forma subdola di femminicidio contro le donne che hanno strumenti per denudare le tante facce della mentalità patriarcale. Elena ha parlato per sé, per Giulia, per tutte noi. Non ha taciuto il padre il cui compianto per la figlia Giulia bisognerà leggere nelle classi, chiese, comunità, famiglie. Ha detto che si tratta di rifondare la comunità educante in cui ciascuno/a si assuma la responsabilità di riconoscere prima e di ridurre il proprio tasso di patriarcale.

*foto. Notizie Ansa.it

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