Il pensiero nelle mani [di Silvano Tagliagambe]

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Pubblichiamo un’anticipazione della comunicazione che terrà il prof. Silvano Tagliagambe Venerdì 12 e Sabato 13 settembre all’Hotel La pineta nel Parco La Pineta Salvatore Pala nel corso dell’Edizione 2014 de S’Ischola de su Trabagliu, organizzata dall’Associazone culturale LAMAS dal titolo Come creare lavoro? Quale e come? (NdR).

Siamo in presenza di uno di quei momenti magici caratterizzati dalla convergenza tra i risultati delle ricerche sul funzionamento del nostro apparato cognitivo e gli sviluppi della tecnologia applicata alla produzione. Questi sviluppi sono caratterizzati dalla Digital manufacturing, cioè da sistemi integrati, basati su computer e sulle ICT, che comprendono strumenti di simulazione, visualizzazione tridimensionale (3D), analisi e collaborazione, con la finalità di creare simultaneamente le definizioni del prodotto e del processo produttivo. In seguito a essi la progettazione degli artefatti viene ormai realizzata non più per fasi e suddividendo in maniera analitica un pezzo complesso qualunque in componenti da realizzare separatamente e assemblare successivamente, bensì attraverso una strategia complessiva basata sullo scambio di informazioni relative al prodotto e la stretta collaborazione fra i gruppi di progettazione e di produzione.

Si hanno così sistemi che consentono agli ingegneri di sviluppare la definizione completa di un processo produttivo in un ambiente virtuale e di effettuare la simulazione dei processi produttivi allo scopo di riutilizzare le conoscenze disponibili e ottimizzare i processi prima che i prodotti vengano fabbricati.

Per fare un esempio concreto, la General Electric produce turbine d’aereo con le stampanti tridimensionali. Prima con queste stampanti si potevano stampare e produrre oggetti di polvere, adatti a fungere da modellini; poi oggetti di resina, che potevano essere adottati come prototipi. Oggi si è arrivati a stampare e a realizzare anche oggetti molto solidi, di metallo e di grandi dimensioni, come i motori dei jet.

Si tratta di un mutamento di grande portata, che ha posto al centro dell’interesse, come cuore ad esempio di una macchina da corsa, il sistema di telemetria, cioè un sistema di controllo che garantisce l’ottimizzazione delle prestazioni della vettura. Come è fatto e come è articolato e strutturato al suo interno questo sistema? Abbiamo:

1. Il sistema vero e proprio;
2. Sensori per capire cosa sta succedendo e rilevare immediatamente gli eventuali problemi e anomalie:
3. Attuatori per rispondere e per porre immediatamente riparo ai problemi rilevati.

Il tutto, ed è questa la cosa importante, in tempo reale e sincronizzando queste attività che prima erano separate nel tempo e disposte in modo sequenziale. C’è una evidente e sorprendente sintonia tra questi sviluppi tecnologici e quello che abbiamo imparato a conoscere dell’organizzazione interna e del funzionamento del cervello che hanno messo radicalmente in crisi il classico schema percezione cognizione/movimento.

Ormai sappiamo infatti che la percezione è immersa nella dinamica dell’azione, e il sistema motorio non è isolato dal resto delle attività cerebrali. La percezione non è più considerata come un processo che inizia con uno stimolo e si conclude come un’azione, ma è sempre funzionalmente dipendente da un’azione. Essa non è un processo di generalizzazione simbolica, o di riconoscimento, ma è un processo selettivo che dipende da schemi di azione: la mente sceglie elementi pertinenti al tipo di azione che vuole sviluppare. Il progetto di azione, dunque, è preliminare rispetto alla percezione. Si percepisce ciò che è funzionale rispetto al progetto di azione e l’osservazione di un oggetto determina l’attivazione del programma motorio che impiegheremmo se volessimo interagire con esso, per cui “vedere” significa “simulare un’azione potenziale”.

Vediamo un oggetto grande e si attiva un programma motorio come se dovessimo afferrarlo a mano aperta. Vediamo un oggetto piccolo e si attiva un altro programma motorio, come se dovessimo afferrarlo tra indice e pollice. La sola osservazione di un oggetto determina l’attivazione di un programma motorio, di uno schema neurale, come se stessimo effettivamente interagendo: la reazione motoria non è dunque il punto finale del processo percettivo (input/output), ma è già inscritta nella percezione di un oggetto, parte integrante del processo percettivo, inscindibile dallo stimolo sensoriale.

Anche nel caso del cervello, quindi, non siamo in presenza di una successione e di una sequenza temporale dove la percezione, cioè i nostri sistemi di rilevazione di ciò che accade interno a noi, non precede l’azione, cioè il progetto di ciò che intendiamo fare, ma le due fasi sono sincronizzate e praticamente indistinguibili. Non più prima sensing (percepire) e poi actuation, passare all’azione e attuare, bensì capire cosa sta succedendo, selezionare le informazioni pertinenti e intervenire e rispondere in tempo reale per modificare e correggere.

Questa collaborazione tra funzioni tradizionalmente considerate “alte”, come la percezione e la conoscenza e funzioni spesso ritenute meno nobili, come l’azione, significa anche l’importanza di una sempre più stretta simbiosi tra lavoro della mente e lavoro delle mani, tra creatività e manualità, tra pensare e fare.

A livello produttivo ciò prospetta la possibilità e anzi l’esigenza, di una convergenza e di una collaborazione sempre più stretta tra l’artigianato e la grande industria basata sulle tecnologie più innovative. Questa collaborazione è non solo agevolata ma in qualche modo stimolata dai sistemi di produzione basati sul già menzionato ricorso alla stampanti tridimensionali, che rendono obsoleto il ricorso ai tradizionali concetti di standardizzazione e di reiterazione. Come nel caso di una stampante tradizionale stampare 100 volte lo stesso foglio e 100 fogli diversi non comporta un aumento dei costi e neppure dell’impegno e della fatica, se si dispone di una stampante sufficientemente evoluta e automatizzata, così nel caso delle stampanti tradizionali è medesimo il costo della produzione di 100 pezzi uguali e di 100 pezzi tutti diversi tra loro. Ciò consente l’innesto nei sistemi di produzione industriale di una flessibilità e di una creatività fino a questo momento difficili da perseguire e assicurare a livello di produzione di massa.

Inoltre grazie alle ridotte dimensioni e alla molteplicità degli impieghi possibili di questi stampanti, con le quali si possono realizzare gli oggetti più disparati, la fabbrica non ha più le dimensioni massicce e ingombranti dell’epoca industriale di tipo fordista, ma può essere divisa e articolata in tanti pezzi diversi, ubicati in parti diverse della città o addirittura in città diverse, senza che ciò comporti alcuna conseguenza negativa sui costi di produzione. Si può quindi tornare alla dimensione delle città medioevali caratterizzate dal pullulare di piccole botteghe artigiane e realizzare un’inedita alleanza tra artigianato e industria. Questo processo è ulteriormente agevolato dal fatto che oggi, in seguito agli sviluppi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, si può pensare e realizzare, grazie a un’idea creativa anche di un singolo ingegno, un’applicazione che diventa vincente e che può essere la base per la costituzione di un’impresa che si affermi nel mercato e sia quotata in borsa con un valore estremamente significativo, come è accaduto spesso in questi ultimi anni negli Stati Uniti ma non solo.

Questi processi concomitanti e convergenti, se ne vengono colte le potenzialità e si ha la capacità di tradurli in un progetto politico, possono offrire opportunità del tutto inedite alla creazione di posti di lavoro. Essi, inoltre, richiedono un ripensamento della natura e delle modalità di erogazione dei processi formativi. Come ha sottolineato qualche tempo fa Richard Florida “occorre un ripensamento strutturale del modo in cui insegniamo ai nostri figli. Non possiamo più pensare di avere successo – e nemmeno di restare a galla – con un sistema scolastico concepito nell’era industriale, dal momento che non ci servono più operai.

Ci occorre invece un sistema che rifletta e rafforzi valori, priorità e necessità dell’era creativa. Prima di tutto la riforma dovrà trasformare le scuole in luoghi dove la creatività umana sia coltivata e libera di esprimersi” . In questa nuova scuola ogni singola persona dovrà essere “incoraggiata ad apprendere le doti relazionali insieme alla tavola pitagorica, a sviluppare il proprio potenziale creativo e imprenditoriale insieme alle abilità di lettura. Un sistema scolastico di questo tipo non solo consentirà a ciascuno di coloro che ne fanno parte di realizzarsi al meglio, ma sarà anche in grado di coinvolgere una fascia sempre più ampia della popolazione” .

Questo ripensamento strutturale presuppone, ovviamente, una nuova cultura del lavoro e della formazione e la capacità progettuale di farle interagire e convergere senza nulla togliere alla specificità di ciascuna delle due. Questa è la sfida che una politica all’altezza dei tempi non può omettere di affrontare, misurandosi con gli impegni che comporta.

 

 

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