A ritmo di tweet [di Raffaele Deidda]

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Matteo Renzi ha iniziato l’anno “cinguettando” su Twitter. Ha rivendicato i risultati del suo governo in 10 mesi: Jobs Act e Riforma Costituzionale. Ha distribuito pillole di ottimismo per il 2015: “Costituzione, legge elettorale, fisco, giustizia civile, PA, cultura-scuola-Rai, GreenAct, lavoro. Facciamo sul serio, sarà un #Buon2015“. Nella conferenza stampa di fine anno, ha detto: “La parola del 2015 è ritmo, l’Italia deve tornare a correre”.

L’ottimismo di Renzi sta nel pensare che gli italiani possano credere che il 2015 sia quello della svolta per un’Italia fotografata a tinte fosche dal Censis a dicembre scorso. Più cupa quella presentata, sempre a dicembre, dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro che nel Global Wage Report, annuale dossier sui livelli salariali del mondo, evidenzia la profonda crisi dell’Italia. Tra 2007 e 2013, il guadagno mensile medio di un italiano è sceso da un valore pari a circa 100 a  94. Un dato inquietante se si pensa che in Portogallo la media si attesta a 103, in Irlanda a 98, in Spagna a 96. Germania e Francia, reduci dalla peggiore crisi economica, hanno riposizionato i salari ai livelli precedenti la crisi.

La CNA conferma che sono 17,3 milioni gli italiani in condizione di disagio, a rischio di esclusione sociale. Cifra maggiore di Germania, Regno Unito, Spagna, Francia. Nell’UE, peggio dell’Italia sta la Grecia, dove i poveri o quasi poveri sono il 35%. Confindustria rileva che nei primi 9 mesi del 2014, nel Sud hanno chiuso 88mila imprese al ritmo di 326 al giorno. A rendere ancora più cupa la fotografia ci pensa l’Istat che rileva come l’indice del clima di fiducia dei consumatori sia sceso a 99,7 dal 100,2 tra novembre e dicembre.

Per l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, i consumi delle famiglie sono scesi del -10,7%, con una contrazione di 78 miliardi. Diminuiscono i consumi alimentari e le spese sanitarie dal 2008 ad oggi di -11,6% e -23,1%. La contrazione aumenta a  fine anno con Imu, Tasi, Tari, riscaldamento. Una spesa media di 894 Euro con un potere di acquisto diminuito del -13,4% dal 2008.

Per le Associazioni dei Consumatori è improcrastinabile la ripartenza dell’occupazione, non solo per dare reddito e prospettive a milioni di disoccupati ma per alleggerire il carico sulle famiglie, costrette a mantenere con le pensioni di genitori e nonni i giovani senza lavoro. Invitano il governo a reperire risorse con la lotta a sprechi e privilegi e con la vendita del 20% delle riserve auree.

Il #Buon2015 sarà propedeutico alla strategia renziana, condivisa da una maggioranza atipica, di far cambiare “pelle” all’Italia entro il marzo 2017, nel rispetto del timing dei 1000 giorni, quando la recessione sarà un ricordo e la ripresa realtà? Si rischia di passare per gufi e rosiconi se si coltivano dubbi su ciò che i tweets del premier fanno calare come risultati probabili se non certi? E’ legittimo pensare che non siano sufficienti gli slogan per determinare un’ inversione di tendenza e che gli ottimismi di comodo convincono sempre meno? E’ finito il 2014, ennesimo “annus orribilis”, e gli italiani vedono nel 2015 un peggioramento delle loro condizioni.

Avremo a breve, un nuovo presidente della Repubblica. Non si sa se avremo anche un nuovo governo e un nuovo parlamento. L’attuale non rappresenta gli elettori ed il corrente esecutivo è il terzo nato fuori del voto. I partiti sono cambiati, i loro programmi modificati, l’opposizione formale, le nuove alleanze possibili attendono la legge elettorale, forse frutto di scambi poco nobili.

E allora come e quando si uscirà dalla crisi con un parlamento debole, un governo che spesso smentisce se stesso e che cala su un paese disperato un decreto fiscale dopo l’altro? Lo diranno, ex post, Censis, Oil, Istat, Cna, Onf se le ricette renziane avranno funzionato o meno. C’è da sperare che per L’Italia non sia troppo tardi.

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