Futuro e lavoro grazie alla bellezza [di Maria Antonietta Mongiu]

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L’Unione Sarda 21/01/2015. La città in pillole. Dai Beni Culturali Cagliari potrebbe trarre grandi vantaggi. Ernesto De Martino, grande antropologo che ebbe cattedra e allievi a Cagliari tra cui Placido Cherchi suo esegeta, in “La fine del mondo”, pubblicato postumo nel 1975, ritiene intrinseca alla cultura europea la capacità di “portare ad un livello di autocoscienza così esplicito il senso della storicità dell’umano ed il principio operativo di una origine e di una destinazione integralmente umana dei beni culturali”.

I beni culturali sono infatti res gestae – azioni materiali ed immateriali – e insieme il senso che le comunità danno loro. Il concetto alla base della “Convenzione europea del paesaggio”, sottoscritta nel 2000 a Firenze dai paesi dell’Unione Europea, e prima dell’art. 9 della Costituzione, è il fondamento del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (DL 22/01/2004, n. 42) che tutela i territori.

In altri termini l’Europa è stata capace di trasformare il passato in coscienza dell’esistere e in progetto e di assumerlo ad autocoscienza. Ab antiquo, esperienze e senso delle stesse sono diventati un processo e un territorio culturale e fisico.

La Sardegna e Cagliari sono in tale orizzonte? Quale il loro tasso di consapevolezza e di autoriconoscimento? Quale il rapporto con il passato o prevalgono perdita di senso e tentazioni etno/mitocentriche, incerte tra conferme e visioni del mondo distruttive? Come si misurano le diverse categorie?

Le politiche territoriali ed urbanistiche sono un misuratore per i decisori. L’indifferenza alla bruttezza lo è per le comunità. Vale se si progetta un quartiere, un parcheggio, un marciapiede. Ogni cittadino deve essere in grado di verificare la quantità di bellezza e quindi di futuro che gli viene sottratto. Perché Cagliari e la Sardegna possono vivere di Bellezza. Basta saperlo e saperla riconoscere.

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