L’espansionismo dei Sardi nuragici nel Mediterraneo occidentale (3) [di Massimo Pittau]

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La Gallia Narbonese e l’Aquitania. Oltre a tutto ciò è molto probabile che la presenza dei Sardi Nuragici fosse attestata pure nella zona della Gallia Narbonese e di quella pirenaica o Aquitania, confinante con la Cerdanya, cioè nell’odierno Midi francese. Lo fanno intravedere queste significative e perfino stupefacenti corrispondenze linguistiche:

Protosardo                                            Gallico

ajucca «ononide» (arbusto)              ayaugo «ononide» guascone
Bortigale/i (villaggio; TSSO)            Burdigala (odierna Bordeaux)
Gábaru (rivo Sassari)                        Gabarus (odierno idr. Gave)
Goronna (topon. Paulilatino)           Garunna (odierno idr. Garonne)
Látara (Alghero)                               Latara (Gallia Narbonese)
narbone «debbio, terra debbiata»  Narbo,-onis (odierna Narbonne)
orga «sorgente»                                Orgas (fons Galliae Narbon.)
Óschiri (villaggio)                              Oscara (idronimo Gallia)
Sardena (cognome, pure còrso)      Sardenus (ant. Aquitania)
Sardónioi (= Sardiani)                      Sardones (Aquitania; StSN 233)
Tolosa (Tìana)                                   Tolosa (odierna Toulouse)
tanda «papavero»                             ander «papavero» (Midi franc.)

Circa la verosimile presenza dei Sardi Nuragici nell’antica Gallia Narbonese, sia sufficiente ricordare che connessioni culturali fra questa area geografica e la Sardegna sono state già trovate e indicate sia per l’epoca prenuragica sia per quella propriamente nuragica, ad esempio fra le allées couvertes francesi e le tombe di gigante sarde; e questa presenza sarà da attribuirsi anche al grande interesse che i Sardi Nuragici avranno avuto per la seconda rotta dello stagno e dell’ambra, quella che dai paesi del Mare del Nord e del Baltico arrivava nel Mediterraneo passando attraverso i fiumi Senna e Rodano. D’altra parte è opportuno precisare, sul piano geografico, che la Sardegna risulta più vicina a Marsiglia che non a Genova.

A questo punto si impone una domanda e un’obiezione: perché non risulta segnalata la presenza di nuraghi nell’Iberia e nel Midi francese? Noi riteniamo che è molto probabile che i nuraghi esistessero anche in quelle terra, ma siano andati distrutti per la continua e massiccia presenza di insediamenti umani in un’area che è fra le più popolate dell’Europa. Sarà dunque avvenuto quello che è successo nella parte meridionale della Sardegna, quella più abitata, e in particolare nella pianura del Campidano, dove i nuraghi non esistono più, dato che purtroppo i privati hanno molto spesso trattato i nuraghi come “cave di pietra”, adoperata per la costruzione delle case personali.

La Numidia nell’Africa settentrionale. È verosimile che i Sardi Nuragici abbiano effettuato sbarchi in forze e stanziamenti permanenti anche nella costa dell’Africa settentrionale, cioè l’antica Lybia, e precisamente nella Numidia, la quale corrisponde alla odierna Algeria ed era abitata dai Berberi. Sempre sul piano geografico si deve considerare che la Sardegna risulta più vicina all’Africa settentrionale che a qualsiasi altra terra continentale circostante, la Penisola Italiana compresa. Dalla cima della torre di san Pancrazio del Castello di Cagliari si intravedono le cime della catena montuosa dell’Atlante, che va dalla Tunisia al Marocco.

Ebbene, proprio in questa prospettiva c’è da ricordare che in Algeria sono state segnalate costruzioni fatte con soli massi di pietra, senza alcun cemento, chiamate «bazina» oppure «coucha», le quali sono del tutto simili ai nuraghi sardi e le quali raggiungono la considerevole somma di un migliaio (E. Pais, Prer. pagg. 299-300; Tav.7 num. 1, 2, 3).
Inoltre lo scrittore greco Diodoro Siculo (III, 49, 3) riferisce che «i capi (dei Numidi) posseggono non città, ma “torri” (pýrgoi) poste nelle vicinanze delle sorgenti, nelle quali depongono il sovrappiù del bottino di guerra». Ed è evidente che essi procedevano in questo modo perché le “torri” erano considerate e adoperate come “templi”, alle cui divinità appunto venivano fatte quelle offerte.

Il geografo greco-alessandrino Claudio Tolomeo (IV 3, 3) poi segnala nell’Africa provincia romana, questi toponimi Noúrholi, Noúrhon, i quali sono chiaramente corradicali col vocabolo protosardo nuraghe e coi toponimi sardi Nurò (Orune), Nurule (Galtellì), Nurvoli (Nùoro) (TSSO); poi segnala il toponimo Narhággarha, che sembra corradicale col protosardo muragadda, mugoradda «pietraia, mucchio di pietrame accatastato per spietrare il terreno», «muriccia, muro di contenimento» (Orgosolo), «rudere di muratura» (gallur. e centr.) (NVLS).

Qualche corrispondenza linguistica è stata riscontrata pure tra la Sardegna e la Numidia antiche, cioè tra lessemi protosardi e lessemi berberi. Eccone, anche qui, l’elenco probabilmente non completo:

aurri, áurri «càrpino bianco e nero», «carpinella» (Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia Scop.); toponimi Aurracci (Ussassai), Aurreddus (Gergei, diminutivo plur.): relitto protosardo da confrontare col berbero auri “pianta la cui scorza viene usata per fare corde, cinture, ecc.”. Vedi Iberia (basco, navarrese) (LS, 255). buda, (b)uda, guda, vuda «biodo, sala palustre, tifa» (Typha angustifolia e T. latifolia L., usate per fare stuoie) deriva dal lat. buda, che per M. L. Wagner (LS 263) sarebbe di origine africana, corrispondendo al berbero (t)abuda, tibudda. Questo fitonimo berbero è molto importante e significativo, per il fatto che risulta preceduto dal prefisso-articolo ta-, te-, ti-, tu-; tha-, the-, thi-, thu-; tza-, tze-, tzi-, tzu-, il quale tanti riscontri ha fra i lessemi protosardi (NVLS).

gangorra «strolaga minore» corrisponde a ganga piccolo gallinaceo dell’Africa (vedi anche Iberia). narvu, navru (Irgoli), narvone, nalvone, narbone/i «debbio o bruciatura degli sterpi o delle stoppie», «novale o terreno bruciato e pulito da pietre e sterpi pronto per l’aratura»; (suffisso -on-); narvonare/ai «debbiare», «dissodare il terreno»: relitto protosardo da confrontare coi topononimi Monte Narbone, Narboni, Narboneddu (Sicilia), Narbonne (ant. Narbo,-onis; Gallia), Narbo (Africa settentrionale) (OPSE 155, 156; LISPR 161; NVLS).

sèssiri, sèssini, sèssene «cìpero» (specie di giunco usato per fare legacci, stuoie e oggetti artigianali) ed «erba rossa» (Cyperus longus, C. rotundus): probabilmente relitto protosardo, da confrontare con quelli berberi thiizzi «alfa secca», sezzerth «stelo d’alfa» (DES II 412; LS 263).

síntziri, sintzurru «equiseto palustre» e «correggiola» (Equisetum palustre L. e Polygonum aviculare L.) (camp.): da confrontare – non derivare – col lat. zenzur, sensur, zunzur, sunsur «Polygonum aviculare L.», il quale probabilmente è di origine berbera (NPRA 279).
tramatzu, tramatza «tamerice» (Tamarix Gallica L., Tamarix Africana Poir.); toponimi Tramatza, Gonnostramatza (Comuni, OR), Tramatzunele (Fonni), Tramasuri (Samugheo), Tamarithái (Oliena): probabilmente relitti protosardi (suffissi e suffissoide) da confrontare – non derivare – col lat. tamarice/a/um/scus «tamerice, tamarisco» e inoltre col berbero tabarkat (NPRA 254).

Per motivi fonetici è meno probabile che il fitonimo protosardo e soprattutto i toponimi citati derivino da quello latino; invece le varianti tamariche, tamariscu possono senz’altro derivarne come doppioni. È probabile dunque che il fitonimo esistesse già in Sardegna, nella lingua protosarda, prima che ve lo importassero i Romani (NVLS).

tzonni, tzònnia, sònnia, t(h)innía, thinniga, tinniga, tzinni(g)a, sinniga «alfa, sparto, giunco marino», «carice» [Lygeum spartum, Iuncus acutus, I. articulatus, I. bufonius, I. maritimus; Carex distachia, C. diversicolor, C. divisa; Holoschoenus romanus (L.) Fritsch] (tutte piante usate per fare stuoie, materassi, ceste, corde); toponimi Tinnura (Comune di T., noto per la confezioni di cestini, fatti pure con la tinnía, la quale è abbondante in una località chiamata appunto Tinnía); Tinnurái (Arzana), Tinnuras (Bonorva), Tunnuri (Lanusei), Zinnuri (Barumini, Bauladu, Tramatza), Zinnuredda (Barumini, Bauladu) (accento e suffissoidi): probabilmente relitti protosardi da confrontare col berbero tsennît «sparto, alfa».

Pure il muflone «specie di pecora selvatica», esistente fin dall’antichità in Sardegna e in Corsica, risulta ampiamente attestato anche nella odierna Algeria.
Sul piano etnologico è molto curiosa e significativa la seguente congruenza fra la Sardegna e i Berberi notata e segnalata da M. L. Wagner: «La via lattea porta in tutta la Sardegna [….] il nome di (b)ia dessa bádza (dessa bàlla), dunque “via della paglia”. In tutta la Romània non esiste una denominazione simile [….]

In Sardegna vi sono leggende di un Orunese che, avendo rubato della paglia al compare di Nuoro, la vide, per la strada, uscire a poco a poco dai sacchi e andare a formare la via lattea» [….] Ora è notevole che la stessa denominazione è la più usuale fra i Berberi veri e propri e i Berberi arabizzati dell’Africa settentrionale (StSN § 39).

Precisiamo che nella cartina che mostra le linee dell’espansionismo dei Sardi Nuragici nel Mediterraneo occidentale non è per nulla indicata la direzione meridionale dell’Africa settentrionale, e ciò è avvenuto per la ragione che questa prospettiva storica, culturale e linguistica, è una nostra acquisizione molto recente.

Giunti a questo punto c’è da fare una importante considerazione generale a proposito di questo nostro studio. In effetti noi abbiamo visto numerose congruenze linguistiche, archeologiche, etnografiche e storiche fra la Sardegna e quasi tutte le terre che le stanno attorno: Corsica, Baleari, Iberia, Aquitania, Gallia Narbonese, Africa settentrionale. Queste congruenze linguistiche e culturali in effetti si sviluppano a forma di raggiera, la quale ha come suo centro principale la Sardegna. Orbene, dal punto di vista strettamente metodologico è immensamente più verosimile che quelle congruenze linguistiche e culturali siano partite dal “centro” verso le “periferie” che non il contrario: da una periferia al centro o addirittura da una “periferia” all’altra opposta.

È immensamente più verosimile che il lessema narbo,-one «debbio» sia partito dall’antica Sardegna verso il nord e verso il sud dando luogo rispettivamente a Narbo,-onis nella Gallia, e Narbo nell’Africa settentrionale, che non il processo inverso: dalla Gallia all’Africa o da questa a quella.

Oltre a ciò, anche a proposito dell’Africa settentrionale siamo di fronte a momenti ed episodi di espansione dei Sardi Nuragici pure nella Numidia. In generale, a proposito dei rapporti che sono intercorsi fra la Sardegna da un lato e l’Africa settentrionale dall’altro, è molto importante fare la considerazione e precisazione, del tutto analoga a quella che abbiamo fatto a proposito dei rapporti intercorsi fra la Sardegna Nuragica da un lato e la Penisola Iberica dall’altro: tutti gli studiosi, storici e linguisti, con in testa Raffaele Pettazzoni, Ettore Pais, il grande Max Leopold Wagner, fino ad ora si sono inconsciamente fatti condizionare dai rapporti che sono intercorsi fra le due terre in epoca piuttosto recente, quando abbiamo visto l’Africa settentrionale prevalere ed espandersi nella Sardegna, prima coi Cartaginesi e più tardi coi Vandali.

Senonché questa situazione si determinò realmente solo in epoca storica, quando Cartagine appunto si impadronì di quasi tutta la Sardegna e pure i Vandali per un sessantennio, mentre in epoca preistorica i rapporti sono stati del tutto opposti: è stata la Sardegna ad espandersi nell’Africa settentrionale e non il contrario. E ciò è accaduto in virtù del fatto che gli antichi Sardi Nuragici erano più forti nelle armi e nei mezzi e più avanzati nel progresso tecnico e pure civile rispetto alle varie e piccole popolazioni che abitavano l’Africa settentrionale. Abbiamo già detto ed insistiamo nel dire che in fatto di incontri di culture e di civiltà vale la norma che “il più spiega il meno e non viceversa”.

È un fatto assolutamente strano, però succede realmente: tutti gli studiosi riconoscono e dicono che “la civiltà nuragica è stata la prima e la più importante civiltà dell’antico Mediterraneo occidentale”, precedente perfino alla brillante civiltà etrusca di circa tre secoli. Ma se questo riconoscono pacificamente tutti e d’accordo, perché non riconoscono ai Sardi Nuragici anche le capacità di animo, di intelligenza, di forze e di organizzazione necessarie e sufficienti per perseguire una politica di espansione verso tutte le terre che stavano attorno, spinti e grandemente favoriti anche dal comune modo di muoversi degli uomini in quei secoli, la navigazione sul mare?

Circa lo sviluppo civile e culturale raggiunto dai Sardi Nuragici basta citare un solo esempio: col meraviglioso edificio architettonico che è il pozzo di Santa Cristina di Paulilatino, essi erano riusciti a costruirsi un orologio solare e un calendario lunare!

Bibliogafia e Sigle

DECLC Corominas J., Diccionari Etimòlogic i Complementari de la LLengua Catalana, Barcelona, V ediz., 1988.
DES Wagner M. L., Dizionario Etimologico Sardo, I-III, Heidelberg 1960-1964.
LISPR Pittau M., La Lingua Sardiana o dei Protosardi, Cagliari 2001 (Libreria Koinè Sassari).
LS Wagner M. L., La Lingua Sarda – storia spirito e forma, Berna 1951, II ediz. Nùoro 1997.
NPRA André J., Les nomes de plantes dans la Rome antique, Paris 1985.
NVLS Pittau M., Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico, Domus de Janas edit. Selargius 2014.
OPSE Pittau, M., Origine e parentela dei Sardi e degli Etruschi – saggio storico-linguistico, Sassari 1996.
Prer. Pais E., Sardegna prima del dominio romano, in «Atti della R. Accademia dei Lincei», VII, 1880-1881.
StSN Pittau M., Storia dei Sardi Nuragici, Selargius (CA) 2007, Domus de Janas edit.
TSSO Pittau M., I toponimi della Sardegna – Significato e origine, 2 Sardegna centrale, Sassari, 2011, EDES (Editrice Democratica Sarda).

 

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