La primavera nel giardino delle Esperidi. I tesori di Milis e dell’entroterra sardo [di Elena Macellari]
Wall Street International- Viaggi. 24 marzo 2015. L’arrivo della primavera. Quando un territorio è ricco di tradizione, cultura, patrimonio storico e paesaggistico, sembrerebbe inequivocabilmente garantita la sua notorietà, il benessere economico, la fruizione da parte di chi lo abita, del visitatore e del turista. Ebbene tutto questo non è sempre così, ed è difficile, quasi inverosimile, capirne le ragioni. Mi trovo a Milis, piccola cittadina nell’entroterra della Sardegna a pochi chilometri dal mare, nel Campidano di Oristano, nella terra degli aranceti coltivati da secoli nella Vega, termine spagnolo per indicare terreno fertile e ricco di acqua; quel territorio del Rio Mannu di Milis che in origine nasce con il nome di Rio Sos Molinos dalla parte meridionale della catena del Montiferru, dove i monaci Camaldolesi di Bonarcado già nel XII secolo coltivarono agrumi ed edificarono in stile romanico-lombardo la chiesa di San Paolo. Agrumeti, vigneti e cereali sono coltivazioni storiche di questa valle, dove Antoine-Claude Pasquin detto Valéry (1789-1847), scrittore e bibliotecario di Versailles, durante un tour nell’isola battezzò Giardino delle Esperidi “S’Ortu de is Paras”, evidenziando più volte del popolo sardo la “commovente patriarcale ospitalità”. Catapultata anche io in questo giardino nascosto, la prima immagine che cattura il mio sguardo dopo aver percorso la solitaria provinciale da Cagliari a Oristano, è l’imponente muro di recinzione che racconta una storia di antichissima origine, quella di nobili famiglie possidenti, custodi attenti di un territorio vasto e fiorente. E scorgo il primo cancello austero da cui si intravedono alberi carichi di arance mature e poi in lontananza lungo l’asse prospettico visuale: Villa Pernis. Qui il suo proprietario Benvenuto Pernis nel ‘900 crea una dimora padronale, con una scuderia d’eccezione per l’allevamento di cavalli anglo-arabo-sardi, “Su Stabilimentu”. Valéry ne fa un quadro estetizzante: “O cara Orangerie di Versailles, monumento del grande secolo, quanto le vostre fontane di marmo, le vostre mirabili volte, capolavori degni della grandezza romana, quanto tutta la vostra regale magnificenza era lontana dagli incanti che la natura ha prodigato alla solitaria valle di Milis!”. La pietra è quella trachite scura alternata a conci di arenaria che ravvivano l’aspetto del borgo mantenendo ancora monumentali portali di accesso. Appare una sorta di giardino dell’Eden – proprio per quella radice di lingua semitica “dn”, cioè luogo ove scorre acqua – Paradiso – pairi daeza (dal persiano “recinto intorno”), che poi sarà hortus conclusus, luogo di delizia e svago, non solo di produzione. Scorgo anche, tra antichi alberi carichi di arance e monumentali cipressi, lacerti di flora di un tipico giardino esotico di fine Ottocento con palme e araucarie. In Italia si lamenta spesso l’inesorabile abbandono di luoghi significativi, “con una dignità storica, artistica e culturale” – mi fa osservare un erede della famiglia Vacca, antichi proprietari degli edifici più significativi come palazzo Boyl, di Milis, oggi cittadina di appena 1500 abitanti – che ancora potrebbero costituire centro propulsore per un’economia locale, non solo vocata al turismo ma fulcro per le generazioni future, che potrebbero trovare alternative concrete al consueto esilio nel continente. Un’eccezione potrebbe essere proprio il caso di questo comprensorio che di elementi per far ripartire un’economia sana, fondata sul prodotto locale, la tradizione agricola e la cultura sarda, ne ha da vendere. Ebbene il merito di questo impulso di rinascita va a Italo Vacca, proprio lui che in Sardegna pensava che non sarebbe tornato quando partì per gli Stati Uniti, lasciando la proprietà di famiglia e l’agrumeto che il padre aveva piantato per lui. Invece la sua esperienza di paesaggista e coltivatore esperto di Hemerocallis, fiori molto noti oltreoceano e meno in Italia, lo riporta a Milis dove anni fa, insieme al socio Leo Minniti, architetto del paesaggio di Chicago, fondano nel 1996 l’azienda i Campi, un vivaio all’interno di un giardino mediterraneo, il più rinomato ormai a livello nazionale per le collezioni di Hemerocallis moderni e rifiorenti, specie botaniche e varietà antiche nonché piante da clima arido, con cui realizzano giardini oltre a progettarli secondo i principi della sostenibilità e del risparmio idrico. Quindici anni fa la loro intuizione fu vincente: lanciare la prima edizione di una manifestazione floreale che raccogliesse nel giardino di Villa Pernis i migliori rappresentanti del vivaismo italiano specializzato e da collezione. La chiamarono Primavera in Giardino e fu così che oggi, alla sua quindicesima edizione, è la manifestazione floreale più importante e frequentata nell’isola coinvolgendo diverse realtà locali, associazioni, il Comune di Milis, il Fondo Italiano per l’Ambiente di Cagliari, il Centro Conservazione Biodiversità, L’Ente Foreste della Sardegna e l’Orto Botanico di Cagliari, che il prossimo anno celebrerà il centocinquantenario della sua fondazione. Oltre ad essere il magnete per tutti gli appassionati di botanica e di paesaggio, la mostra attrae una cinquantina di vivaisti importanti che da anni in Italia, e non solo, rappresentano il meglio della produzione vivaistica specializzata, dalle rose alle ortensie, le specie mediterranee, le bulbose, le piante grasse, le erbacee perenni della collezione di un vivaista della Costa Azzurra di fama internazionale, le aromatiche, i pelargoni del Sudafrica, le Tillansie, specie che vivono fuori terra, quei garofanini dell’aria che non hanno bisogno di radici, le salvie, con i più importanti collezionisti in Italia e i frutti antichi provenienti dalla Toscana. L’iniziativa è oggi un evento – in questo caso di può dire – per tutta l’isola, ma soprattutto per il paese che partecipa, oltre ai curatori, Italo Vacca e Leo Minniti, con un folto gruppo di rappresentanti molto fattivi e generosi. Proprio perché la manifestazione assumesse un ruolo di traino per l’economia e la cultura locale hanno fondato un associazione culturale no profit. Anche il nome racchiude un po’ tutto il significato di cui si è detto: Landplant Sardinia Onlus, voluta fermamente dalla famiglia Vacca che in questa storia è impegnata non solo in primavera. Infatti comprende cittadini, specialisti del verde, coltivatori, professionisti e docenti universitari, come Sergio Vacca già professore associato di pedologia all’Università di Sassari, anima culturale e scientifica della cittadina. Il loro obiettivo: quello di mettere in atto una serie di iniziative e azioni per valorizzare la potenzialità del territorio, con i suoi giardini, con la sinergia tra la tradizione agro-pastorale, la tutela del paesaggio e l’ambiente. Solo attraverso l’organizzazione di mostre, eventi e workshop, nonché corsi formativi per giovani e non, la piccola cittadina di Milis potrà trasformarsi in un centro culturale vivace per la valorizzazione e la fruizione dei suoi giardini e dei suoi aranceti storici. L’intento di questa edizione è stato particolarmente rivolto – grazie anche al supporto competente della giornalista Mimma Pallavicini – a mettere a disposizione del pubblico, in una serie di incontri e conversazioni, una ampio scenario di competenze. Specialisti della materia quali naturalisti, biologi, botanici e agronomi ma anche vivaisti esperti hanno riportato ricerche, pubblicazioni ed esperienze in campo sul tema del giardinaggio, della storia botanica, della produzione locale (patate, fagioli, piante selvatiche, ecc.), della coltivazione innovativa quale la permacoltura in ambienti mediterranei, l’uso di varietà antiche di ortaggi, la mostra di progetti di architettura del paesaggio e di disegni botanici con acquarelli e stampe di un autrice sarda, Marina Virdis. E molto spazio hanno voluto dare alle donne detentrici ancora dei saperi botanici e della conoscenza delle erbe e dei frutti della Sardegna, quelle erbarie di antica memoria che ancora oggi nell’isola hanno un ruolo, mantenere e tramandare la tradizione di secoli. Stimolante la partecipazione di associazioni all’avanguardia per la conservazione e la gestione attiva del territorio come Terre Colte, che ha nei suoi scopi sociali oltre allo stimolo al riuso delle terre abbandonate e incolte, proporre idee per la creazione di redditi alternativi e occupazione, l’auto produzione alimentare e il consumo sostenibile. Oggi con Terre Colte trovano spazio quasi 200 orti, occupati oggi da circa 50 famiglie, alveari per la produzione di miele, vigneti e oliveti. Nonostante il vento freddo che inaspettato ha accompagnato questa timida primavera di Milis, chi ha avuto la fortuna di vedere la mostra e le sue meraviglie segrete, tra canti sardi e assaggi di vernaccia accompagnati da zuppe fumanti di ceci e finocchietto selvatico, ha sperimentato quella solida e portentosa accoglienza sarda che contraddistingue i depositari di una storia importante e di un territorio degno di maggiore attenzione e preservazione. Lunga vita a Milis e al suo giardino |