Rifiuti sulle strade? Come i danesi hanno sconfitto l’inciviltà [di Adriano Bomboi]

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Nel quadro del complesso sistema di raccolta differenziata, i Paesi nordici rappresentano un mirabile esempio di civiltà, sia nel campo del decoro ambientale che del risparmio e della valorizzazione economica del trattamento dei rifiuti. Come ci sono riusciti? Grazie al vituperato capitalismo.

Diverse aziende di raccolta dei rifiuti, ad esempio in Danimarca, si sono concretamente aperte al mercato. Ciò ha prodotto una serie di vantaggi. Molto semplicemente, le imprese acquistano la materia prima prodotta dagli utenti. Plastica, vetro, alluminio ed altri materiali rientrano nel (ri)ciclo della trasformazione che servirà per produrre altri prodotti. In questo modo gli utenti non sono spinti e gettare per strada rifiuti per i quali invece vengono remunerati.

Non stupitevi dunque se presso alcune città nordiche incontrerete anche bande di giovani e meno giovani muniti di sacchi a caccia della più improbabile lattina vuota finita dietro un cespuglio, non si tratta unicamente di educazione civica ma di calcolo economico, ciò che diversi economisti austriaci ponevano al vertice del progresso individuale. Il sistema non è ancora esteso ovunque ma presenta in modo nitido la differenza che sussiste tra i nostri nocivi sistemi di raccolta dei rifiuti e l’esempio menzionato.

Infatti, al contrario, in Italia e in Sardegna (salvo casi più unici che rari), i rifiuti non si pagano per unità di peso ma anche e soprattutto a metro quadro (fatta salva l’ultima variazione dovuta alla TARI locale nei vari Comuni). Il conferimento di tali rifiuti grava per ben 7 volte in più sul contribuente sardo nei seguenti termini:

1) il contribuente regala la materia prima alla ditta appaltante incaricata di recuperare i rifiuti piuttosto che riceverne un corrispettivo in denaro.
2) il contribuente paga il servizio di raccolta che si occuperà di ricevere gratis la materia prima offerta dal cittadino.
3) il contribuente paga in eccesso tale servizio di raccolta a causa di una maggiorazione occulta dei costi dovuta al sovradimensionamento di personale della ditta appaltante, dovuto a locali fenomeni politico-clientelari (in Sardegna esistono centri urbani di medie dimensioni con oneri da metropoli).
4) la quotidiana raccolta differenziata dei rifiuti produce un incremento delle emissioni di CO2 dovuto al costante e perpetuo passaggio dei mezzi di raccolta, utili a giustificare il sovradimensionamento di personale, e con una usura dei mezzi impiegati paragonabile ai livelli di una municipalizzata dei trasporti.
5) la verticalizzazione dei costi sopra menzionati orienta diversi cittadini ad evadere il regolare conferimento previsto dai propri Comuni, spingendoli ad abbandonare la spazzatura indifferenziata presso periferie, strade extraurbane e zone rurali.
6) nei periodi a forte densità turistica si ha una maggiorazione del fenomeno sopra indicato, dovuto all’assenza di isole ecologiche ed all’evasione dal regolare conferimento da parte dei titolari di seconde case date in locazione.
7) nel computo della tassazione complessiva, il contribuente finisce per pagare una ulteriore maggiorazione dei costi dovuti ad una bonifica di strade e campagne che le istituzioni si occupano periodicamente di ripulire.

La Sardegna vuole rivoluzionare la sua vocazione ambientale potenziando il decoro del suo territorio oppure intende continuare a dibattere per decenni su inutili pubblicità-progresso e sulla balzana idea di piazzare telecamere, in chiave preventiva, ad ogni angolo dell’isola? Ricordiamoci che la corruzione politica, vera causale di questi problemi, ha diverse forme, non meno insidiose del fenomeno mafioso. Infatti, il costume clientelare persegue la stessa logica del crimine organizzato di derivazione meridionale, e non vede i benefici al di là del proprio naso.

E’ una forma di capitale sociale in negativo, al pari di quella che impedisce la costruzione di servizi e strutture ricettive presso località di pregio storico/ambientale, salvo organizzare dei racket abusivi su parcheggi e distribuzione di bevande senza licenza, guadagnandoci addirittura meno di quanto potrebbe fare in condizioni di libertà, concorrenza e legalità. Perché certa mafia, come la nostra politica, non ha cervello.

16 Comments

  1. Pino Marroccu

    Da questo articolo sembrerebbe che in Danimarca la gestione dei rifiuti sia affidata ai privati, cosa che è assolutamente falsa, visto che la quasi totalità di gestione dei rifiuti danese è sotto strettissimo controllo pubblico, per cui non è vero che la Danimarca, nell’ambito dei rifiuti, si è aperta al capitalismo privatizzando il servizio.

    Infatti, in Danimarca esiste addirittura una tassa sui rifiuti statale, quindi imposta dallo Stato centrale, e non comunale come in Sardegna (e in Italia) o in altri paesi europei. La tassa sui rifiuti è diversificata e seconda del tipo di rifiuto prodotto. Per esempio, sono esenti da imposta i rifiuti riciclabili, mentre, sempre per esempio, le batterie varie gli imballaggi, i piatti, i bicchieri e i sacchetti di plastica sono tassati con quella che viene chiamata “tassa verde”.

    La ragione per cui lo Stato danese gestisce strettamente il sistema dei rifiuti è dovuta al fatto che tutto ciò che non è compostabile, rigenerabile o riciclabile (e cioè più della metà di tutti i rifiuti trattati nel paese) non viene conferito in discarica (le discariche in Danimarca sono vietate per legge, salvo che per alcuni rifiuti speciali) ma è destinato a essere bruciato nei termovalorizzatori al fine di produrre energia che serve a riscaldare le città di un paese con inverni rigidi come è la Danimarca. La Danimarca è infatti al primo posto in Europa per quantità di rifiuti inceneriti. In Sardegna (e in Italia), la parola “termovalorizzatore” è considerata alla stregua di una bestemmia.

    È vero che alcuni privati (soprattutto i supermercati attraverso macchine poste agli ingressi, ma non aziende private di smaltimento rifiuti) “acquistano” i rifiuti riciclabili, ma solo perché in Danimarca esiste quello che loro chiamano “pant” e che non è nient’altro che il “vuoto a rendere” che è previsto, per esempio, su tutti i contenitori di vetro, alluminio e su alcuni di plastica. Il conferimento del vuoto comporta la restituzione della “tassa” su di esso. I supermercati, in questo caso, fanno da intermediari tra i cittadini e lo Stato, guadagnando un piccola percentuale sull’importo previsto per la resa del vuoto. Ovviamente questo sistema di “intermediazione” è una goccia nell’oceano del sistema dei rifiuti, ma ha il pregio di premiare e incentivare il senso civico costituendo una forma originale di “pubblicità-progresso”.

    Naturalmente, il sistema statale di gestione dei rifiuti in Danimarca funziona alla perfezione. C’è da dubitare seriamente sul fatto che se lo stesso sistema fosse applicato “pari pari” in Sardegna (o in Italia) funzionerebbe ugualmente bene. Perché? Perché la verità è che qualsiasi buon sistema funziona solo se chi lo mette in pratica è onesto. Quindi il problema è ovviamente di natura socio-culturale e cioè del sistema complessivo.

    Infatti, dal titolo di questo articolo, sembrerebbe che la Danimarca, prima di introdurre questo sistema (che non è affatto il sistema privatizzato a cui lascia intendere l’articolista), fosse famosa nel mondo per avere le strade sommerse dai rifiuti, cosa che ovviamente è falsa. Anzi, se ci dovessimo attenere ai luoghi comuni, la cosa per cui i danesi risulterebbero famosi nel mondo sarebbe l’esatto contrario, ovvero il “senso civico”. Che è ciò che fa davvero la differenza tra la Danimarca e la Sardegna (e l’Italia). Banalizzando il discorso, il problema non è di gestione pubblica o privata, il problema è di gestori civili o incivili. Se vogliamo eliminare i rifiuti dal bordo delle nostre strade è su questo che bisogna lavorare, a partire dalla scuola e dall’istruzione. La nostra è una società da rifondare da zero.

  2. Carla

    Il signor Bomboi è noto nell’internet per le sue (più che legittime, per carità!) posizioni liberiste. Però mi sembra profondamente scorretto piegare la realtà fino a falsificarla solo per sostenere le proprie posizioni e magari i suoi sogni, visto che il sistema di gestione dei rifiuti danese e noto per essere il sistema PUBBLICO più efficiente d’Europa.

  3. Mi aspettavo le obiezioni, che infatti puntualmente sono arrivate da chi non ha letto bene. L’articolo non dice che tutta la Danimarca segue un sistema privato, infatti ho precisato in un passaggio del pezzo che “Il sistema non è ancora esteso ovunque”. Ma dove è stato applicato funziona.

    Inoltre in vari Paesi dell’Europa settentrionale il sistema presenta caratteristiche leggermente differenziate, quasi sempre abbinate alla cauzione del reso (se guardiamo in piccolo la nostra realtà anche in un noto centro commerciale di Sassari esiste una macchinetta che raccoglie bottiglie di plastica in cambio di pochi centesimi, senza abbinamente al reso, come in alcune soluzioni tedesche e scandinave).
    La filiera non è approfondita e contribuirebbe a creare una sana industria di trasformazione, cosa che ai tanti lucratori del business della clientela politica non conviene (e non solo in Italia)….

  4. A dire il vero è proprio il sistema”liberistico”a produrre enormi quantità di rifiuti e se, ovviamente ,è conveniente raccogliere bottiglie e latine pagandole,meglio sarebbe(mille volte meglio)produrne di meno!

  5. Meno consumi significa meno produzione, meno produzione significa meno occupazione. E soprattutto meno concorrenza significa meno innovazione dei prodotti. Per cortesia, lasciamo perdere dibattiti attorno a sedicenti “decrescite felici”, su cui vari economisti hanno già argomentato i limiti.

    Se abbiamo auto più sicure e meno inquinanti del passato lo dobbiamo all’innovazione scientifica determinata dal mercato (o pensiamo alla farmaceutica). Bisogna infatti pur ricordare che quando il mondo aveva tassi di produzione ben diversi dal presente, c’era aria pura in abbondanza ma vita media attorno ai 30 anni….
    Non bisogna banalizzare le conquiste umane auspicando riduzioni del benessere collettivo. La vera sfida piuttosto è estendere anche a chi ne è escluso tale benessere.

  6. Mi scusi ma che c’entra il progresso e l’innovazione scientifica con gli eccessi di un modo di produrre come quello del”libero mercato”?Pensa che sia una conquista per l’umanità, produrre miliardi di sacchetti di plastica che andranno inevitabilmente a finire (se va bene)nelle discariche?Il mercato non è un’entità divina ed intoccabile(o forse lo è per le multinazionali che si arricchiscono con questo alibi).La decrescita(felice o no)sarà inevitabile se si continuerà a fare gli interessi di pochi contro quelli di molti.

  7. Pino Marroccu

    Gentile signor Bomboi,

    scrivere un articolo dalle intenzioni inequivocabili (a partire dal titolo) e poi cercare di cavarsela a buon mercato accusando di non averlo letto bene chi Le pone delle obiezioni che ne minano irrimediabilmente l’impianto, non La aiuta di certo a rimediare di aver clamorosamente scelto l’esempio sbagliato per perorare la causa dell’intervento dei privati nel processo di gestione dei rifiuti. Direi che quello inglese sarebbe stato più azzeccato.

    Infatti, probabilmente le sfugge il fatto che l’incidenza privata nel sistema di gestione dei rifiuti sardo (e italiano) – dalla raccolta, al conferimento, allo stoccaggio, all’incenerimento e così via – è incommensurabilmente più impattante che nel sistema danese.

    Lo è a tal punto da apparire turbocapitalista, se paragonato alla goccia nell’oceano rappresentata dall’introduzione danese delle “macchinette” private (perché nella sostanza consiste in questo il privato in Danimarca) che, le assicuro, non è così recente ed è esteso ovunque.

    Tra l’altro, la causa da lei perorata è puramente ideologica perché in occidente esistono gestioni pubbliche che funzionano e private che non funzionano e viceversa. Mi pare evidente – mi ripeto e me ne scuso -, che il problema non è di gestioni ma di gestori; non è economico ma culturale.

    E a proposito di cultura, sostenere che la Danimarca aveva un problema di rifiuti abbandonati paragonabile a quello sardo (e italiano) è, quanto meno, audace. Come è audace sostenere che lo ha risolto con l’introduzione delle “macchinette” private. E proporre l’introduzione delle “macchinette” in Sardegna per risolvere il problema dell’immondizia ai bordi delle strade è, come minimo, velleitario. L’etica dell’utilitarismo non sempre funziona.

  8. Michele Perra

    Sostanzialmente l’autore di questo articolo sostiene che i danesi, per sconfiggere l’atavica inciviltà che da sempre li caratterizza in Europa in fatto di immondezza, in alcune zone della Danimarca hanno introdotto il “capitalismo” (sic) nella gestione dei rifiuti. Nelle poche zone dove è stato applicato, il sistema funziona ed è stata sconfitta l’inciviltà. Da ciò ne consegue che nel resto della Danimarca, dove vige ancora il sistema pubblico (che non funziona), il problema dei rifiuti non è stato risolto e il paese è alla mercé degli incivili che buttano rifiuti ovunque. Quindi si sostiene di introdurre il privato in Sardegna (ma perché? De Vizia è pubblica?) per risolvere il problema dell’abbandono dei rifiuti sulle strade. Trovo davvero tutto molto divertente.

  9. Carla

    Mi scusi Bomboi, ma cosa intende quando dice che “dove è stato applicato, il sistema ha funzionato”? Ha funzionato rispetto a che cosa? E in che misura? Ha funzionato rispetto al sistema pubblico? Ha funzionato nella misura in cui sono sparite le buste di immondizia dalle strade? Ci sta dicendo che il sistema pubblico danese di gestione dei rifiuti non funziona e, dove è ancora vigente, le strade sono piene di immondizia? Quindi non è vero che l’inciviltà dei danesi è stata sconfitta con l’ingresso dei privati come ha in precedenza affermato nel suo articolo? Ma lei è davvero convinto che il problema dei rifiuti lungo le strade sarde lo si risolva con l’intervento dei privati? Privati che comunque ci sono già? E poi mi scusi: su quali dati si basano le sue affermazioni? Nella sezione “Per collaborare” di questo sito leggo che è requisito indispensabile che “ogni affermazione dovrà essere adeguatamente provata”, lei invece sta cercando di spacciare per vere quelle che sono solo sue fantasie pur di dimostrare la validità delle sue (legittime) idee liberiste. Se poi spunta fuori qualcuno come il signor Marroccu o la sottoscritta che la colgono in castagna, cerca di arrampicarsi sugli specchi incolpandoli di non aver letto bene. Per salvaguardare la sua credibilità (e quella di questo sito) le suggerisco di informarsi adeguatamente la prossima volta che decide di parlare di un argomento che non conosce.

  10. E’ molto bello vedere che c’è chi accusa gli altri di scrivere senza sapere, salvo scoprire…ahinoi che forse è chi critica ad avere idee confuse sulla gestione dei rifiuti in Danimarca. Tanto è vero che per promuovere il buon sistema privato ogni tanto vengono anche realizzati articoli come il seguente che illustrano pure il modus operandi da osservare nel settore pubblico. Infatti, come si può notare anche dalle immagini, la Danimarca non è l’Eden della socialdemocrazia visto che parte del pattume continua a finire per strada. E chissà che anche a loro non giovi estendere sul serio una filiera privata: http://universitypost.dk/article/guide-danish-recycling-system

    Le fantasie sono di chi vuole spacciare come ad altissimo tasso civico il servizio di conferimento pubblico (che tra l’altro in Danimarca è viziato anch’esso dal business politico degli inceneritori in un’epoca in cui per riscaldare inverni rigidi esistono sistemi ormai più efficienti e meno impattanti).

    Ho citato i danesi nel titolo dell’articolo perché sono fra i primi popoli ad aver testato con buoni risultati il sistema della remunerazione del rifiuto. Traduzione: la spazzatura come bene economico, e non come “peso” da smaltire piuttosto che trasformare. Capisco però che, se questi discorsi stentano ancora a diffondersi del tutto in Danimarca, UK, Germania, etc. non mi aspetto che quì si comprendano prima 🙂

    Ci vuole coraggio poi ad affermare che in Sardegna esista già un diffuso sistema privato…magari ricorda vagamente la “privatizzazione” Tirrenia…quella che costa ancora oltre 70 milioni di euro di soldi pubblici di convenzione…

    Se avete altre idee rivoluzionarie per evitare i problemi derivanti dai 7 punti esposti nel mio articolo avrete la mia attenzione.

    • Michele Perra

      Ricapitoliamo: per ripulire le strade sarde lei propone di introdurre in Sardegna le macchine che ti danno dei soldi in cambio dei vuoti perché con questo sistema, dice lei, in Danimarca hanno “sconfitto l’inciviltà”.
      Dopo di che, ora ci indica un articolo danese che ci dice che, nonostante Copenaghen sia invasa da queste macchine, il problema dell’inciviltà non è stato risolto perché la gente non le usa e c’è bisogno di fare campagna di promozione per l’utilizzo. Sempre più divertente.

  11. Federica Mulas

    Non capisco tutte queste critiche a Bomboi! sono stata a Copenaghen e vi posso garantire che la spazzatura si trova pure lì e non mi pare di averne vista vicina ai centri privati di raccolta della plastica!

    Facile criticare senza fare proposte!

  12. Carla

    Quindi, caro Bomboi, le sue fonti sono una foto della periferia di Copenaghen illustrativa di una guida al riciclaggio per studenti fuori sede e una sua amica che è stata in Danimarca? Ma per favore…

  13. Da: http://www.sanatzione.eu/2015/08/rifiuti-sulle-strade-come-i-danesi-hanno-sconfitto-lincivilta-parte-2/

    Alcuni commentatori hanno espresso delle critiche sull’articolo che ha suggerito una possibile soluzione al problema dei rifiuti gettati per strada. L’articolo in questione parlava del cosiddetto sistema del reverse vending, alternativo ma non antagonista alla gestione pubblica dell’immondizia, in cui si viene pagati per conferire alluminio, vetro e plastica tramite distributori automatici diffusi a vari livelli presso vari Paesi UE. In primis Norvegia, Germania, Danimarca, Regno Unito, Svezia, Finlandia, Estonia ed altri. Nel mondo, ma non diffusamente, esiste anche in USA, Cina, Giappone, Emirati Arabi Uniti ed altri, con qualche isolata eccezione pure in Sardegna. Ma ecco le critiche principali:

    1) “Non è vero che il settore privato ha sconfitto l’inciviltà, in Danimarca il conferimento dei rifiuti ha una prevalente gestione pubblica”.
    2) “Chi ha detto che i privati hanno fatto meglio del pubblico? Sono solo forzature ideologiche per giustificare una linea liberista”.
    3) “In Sardegna esistono, in proporzione, più privati che in Danimarca. Ci sono privati che lavorano bene e viceversa altri che lavorano male. E’ un problema di gestori, non di modello economico”.

    Iniziamo a smontare un mito: anche in Danimarca e in vari Paesi nordici la spazzatura finisce per terra, certamente in quantità minori rispetto ai Paesi dell’Europa meridionale, per probabili dislivelli di educazione civica, ma il settore pubblico non è ovviamente riuscito a risolvere completamente il problema. Il privato invece si. Chi lo dice? Il settore pubblico! In vari Stati nordici la pratica del reverse vending è legge, anche dove il servizio di raccolta ha una preponderante caratura pubblica. In tutte le località in cui vige il reverse vending non esistono problemi di inciviltà, al punto che spesso è addirittura raro, se non impossibile, trovare lattine o bottiglie di plastica presso i cestini pubblici della spazzatura, men che meno per terra. Il motivo è ovvio: non si getta via ciò che viene pagato. Ecco perché sostenere, a torto, che il sistema privato non sia valido pur in presenza maggiore del pubblico equivale ad un ragionamento sempliciotto, privo di fondamento. Inoltre, visti i vantaggi ed i risparmi anche per i produttori, niente vieta di pensare che tale mercato potrebbe svilupparsi pure in assenza di una legislazione al riguardo.
    La pratica citata è maggiormente presente nei centri commerciali distribuiti sul territorio e si articola, da Stato a Stato, in tre variabili principali:

    A) Pagamento diretto: la macchina automatica riceve i vuoti a perdere, di vetro, plastica o alluminio, ed eroga il denaro all’utente.
    B) Pagamento diretto con reso di cauzione: la macchina riceve vuoti a rendere non obbligatori ed eroga il denaro all’utente. La soluzione è più remunerativa della prima opzione in quanto l’utente recupera il valore in denaro di quanto aveva preventivamente pagato quando acquistò la birra, l’acqua, l’aranciata e qualsiasi altra bevanda il cui contenitore è reso riconoscibile nel circuito automatico del riciclo. L’utente non è obbligato a restituire il contenitore vuoto, ma se non lo facesse non guadagnerebbe soldi.
    C) Pagamento indiretto tramite buoni spesa con reso di cauzione: la prassi è identica alle opzioni A e B, con la differenza che al posto del denaro si ricevono dei buoni da spendere nel supermercato, il risparmio però è elevato come nell’opzione B rispetto alla A.
    Esistono poi casi misti di selezione delle opzioni.

    Ma veniamo al cuore del vantaggio di questo sistema che ha spazzato via i 7 punti critici visti invece nell’articolo precedente con riferimento al contesto sardo. Il vantaggio, nella letteratura economica, si chiama “calcolo economico”. In cosa consiste? Nel legare il comportamento dell’utente alla motivazione dell’interesse. L’azione del conferire regolarmente la spazzatura piuttosto che gettarla per strada è determinata dal fatto che si viene pagati.
    Questo rapporto diretto fra produttori, commercianti e acquirenti, di tipo circolare, annienta l’intermediazione politica presente invece nel contesto sardo e italiano. Il privato che opera in Sardegna infatti non paga direttamente l’utente per la spazzatura gratuita ottenuta ma riceve denaro pubblico dalle istituzioni per raccogliere dai cittadini i loro rifiuti. I privati che operano in Sardegna non agiscono in base ad un libero mercato ma con costi stabiliti da variabili riconducibili alla politica, la quale concede onerosi appalti in cambio di assunzioni mirate di personale, spesso in numero maggiore rispetto all’effettiva utilità del servizio. E soprattutto, senza il pagamento diretto dei rifiuti agli utenti, si determinano a cascata una serie di limiti:

    – la spazzatura, non essendo inserita in una logica di mercato, si trasforma in un costo piuttosto che in un bene (il mercato, ridotto, riguarda solo i gestori della raccolta);
    – più il costo tende a salire, più aumenta la percentuale di evasori e di pattume abbandonato nell’ambiente;
    – l’assenza di riciclo comporta un aggravio dei costi energetici, delle emissioni inquinanti e delle materie prime utilizzate per la creazione dei contenitori distrutti;
    – l’assenza diffusa del riciclo determina l’automatica assenza di una filiera industriale di trasformazione. Si perdono così posti di lavoro non assistenziali che avrebbero potuto operare nel settore, a vantaggio invece dei sovradimensionati posti di lavoro nell’ambito della raccolta, generando un indotto parassitario che non produce ricchezza ma la consuma, per mere ragioni politico-clientelari;
    – si stabilizza la cultura dell’incenerimento anche in una località come quella sarda, ben lontana dai rigidi inverni danesi, dove si ricicla potenzialmente meno rispetto a ciò che si brucia. Anche in questo caso il fenomeno si determina per ragioni politico-clientelari sviluppate grazie al rapporto di intermediazione che interrompe la circolarità del calcolo economico prima descritto fra produttori e utenti.

    Ecco quindi che sostenere che i problemi derivino unicamente dai gestori, o dal loro numero, e non dal modello economico con cui è strutturata socialmente la gestione dei rifiuti, è una grossolana teoria priva di fondamento. E con ogni probabilità, le voci critiche hanno l’unico obiettivo di tenere lo status quo.

    – Online esistono numerosi articoli e video sul sistema del reverse vending, ad esempio: https://www.youtube.com/watch?v=eUoBajxNuOs

  14. Pino Marroccu

    Gentile signor Bomboi,

    per quello che mi riguarda, la mia proposta per risolvere il problema dei rifiuti sulle strade della Sardegna era implicita e deducibile dal ragionamento: intervenire sul sistema scolastico e educativo e in tutte le agenzie di socializzazione primarie e secondarie. I risultati si vedranno nel lungo periodo ma saranno certi, permanenti e ad ampio spettro in tutti gli ambiti della società, non solo in quello dei rifiuti. Magari allora si potrà ragionare meglio su quale sistema di gestione di rifiuti scegliere, se pubblico o privato.

    Su questo punto Lei ne fa una questione ideologica tra Socialdemocrazia e Liberalismo per me invece è una questione di sistemi che funzionano. Quello inglese e (checché ne dica Lei) quello danese funzionano: il primo è privato e il secondo è pubblico. I due paesi hanno scelto dei modelli che potevano essere più adatti al loro tessuto sociale, questo significa che non è garanzia di successo la loro applicazione in un contesto diverso da quello per il quale sono stati pensati.

    Qualsiasi modello, pubblico o privato che sia, non funzionerà mai se chi lo applica e chi ne usufruisce è “corrotto”. Per questo la Sardegna deve lavorare sul suo tessuto sociale prima di trovare un modello originale adatto al suo contesto. In Sardegna, l’importazione di modelli stranieri avulsi dalla sua realtà ha creato solo disastri.

    In ogni caso, allo stato attuale, le uniche alternative credibili per riscaldare una città dagli inverni rigidi con la popolazione di Copenaghen o Oslo (che compra i rifiuti da altri paesi proprio a questo scopo) restano il petrolio e il gas. Che comunque inquinano, con la differenza che hanno un costo.

    L’immondizia invece è praticamente gratis. L’alternativa alla termovalorizzazione dei rifiuti indifferenziati è la discarica che è comunque altamente impattante da un punto di vista ambientale (e su questo frangente la Sardegna ne sa qualcosa). Con l’importante differenza che la discarica non produce energia mentre il termovalorizzatore sì.

    A conti fatti, da un punto di vista ambientale, la termovalorizzazzione è meno impattante della discarica, soprattutto oggi con gli impianti di ultimissima generazione. Un esempio virtuoso in quest’ambito è la Svizzera. Qualcuno si è preso la briga di fare un calcolo che ha dimostrato che, complessivamente, tutti gli impianti del cantone di Zurigo emettono la stessa quantità di gas di scarico di una nave. Probabilmente è una stima ampiamente ottimistica, però è certo che gli Svizzeri non sono gli ultimi dei cretini in fatto di ecologia, di senso civico e di efficienza complessiva del sistema.

    Non è un caso che, i paesi dell’Unione Europea dove si ricorre meno alla discarica hanno alte percentuali di termovalorizzazione (Germania, Paesi Bassi, Austria, Belgio, Svezia e Danimarca: tutti paesi con inverni rigidi). Al contrario, la Grecia conferisce in discarica più dell’80% dei suoi rifiuti e non ha un solo termovalorizzatore. In compenso ha livelli di corruzione e clientelismo da paese sudamericano degli anni ’70.

    Se invece vogliamo parlare di riciclaggio, allora attualmente la Danimarca non è certo un modello da seguire per la Sardegna. Semmai è il contrario, visto che la Sardegna è tra le sette regioni italiane che riciclano almeno il 50% dei propri rifiuti, mentre la Danimarca ne ricicla poco più del 25%.

    Infine, che in Sardegna esista una diffusa privatizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti è un fatto del quale sembra non essersene accorto soltanto Lei. La risposta però se la dà da solo: alla privatizzazione senza creare le condizioni per la concorrenza, come si è fatto con la Tirrenia, è preferibile centomila volte il monopolio pubblico. Questo è un caso emblematico di danni causati da un approccio ideologico alla risoluzione dei problemi.

  15. Sophie Kaufmann

    Scusatemi ma io sono danese e vi posso garantire che la Danimarca è uno dei paesi piu puliti al mondo

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